Le dimissioni di Alexis Tsipras, dovute ai malumori dell’ala sinistra del suo partito, Syriza, hanno di fatto ucciso le speranze di unità della sinistra italiana. Tsipras e il suo partito erano stati infatti eretti a modello di una sinistra unita che mette da parte le divisioni per formare una coalizione che, non solo conti nel panorama politico, ma addirittura arrivi a essere un progetto di governo.
Cosa ci dimostra questa spaccatura? Ci dimostra innanzitutto che, in Grecia così come nel resto d’Europa, la sinistra, o almeno i vari elettroni spaiati che la compongono, è unita solo al negativo. Ovvero le sinistre sono unite contro il sistema, ma quando si passa all’azione, alle proposte, ad avere un ruolo attivo, ecco che cominciano i malumori e le divisioni. C’è chi vuole guardare più a John Maynard Keynes, chi a Karl Marx, c’è chi crede che vadano ribaditi i diritti civili, chi crede che invece siano solo un scendere a patti con il Capitale. Tanto frammentata, questa sinistra, da finire a braccetto anche con la peggior destra, quella razzista, xenofoba e tradizionalista.
Come si fa allora a restare uniti, a consolidare un progetto e allo stesso tempo ad avere un certo seguito elettorale? La risposta potrebbe essere l’etica, nel senso etimologico del termine, da ethos, cioè comportamento, costume. Come già diceva Chuck Palahniuk, riferendosi all’esperienza dell’Occupy, in un articolo di Vice, per una forza anti-sistema occorre sempre avere un elemento extrapolitico. Qualcosa che la caratterizzi, che la renda attraente e che allo stesso tempo unisca le varie anime interne al progetto. Lo hanno capito bene sia il Movimento Cinque Stelle sia la Lega Nord, tanto per stare in Italia: si pensi a Matteo Salvini che si beve il suo aperitivo in diretta televisiva, o a “Dibba” (al secolo Alessandro Di Battista) con uno strato disumano di sudore che serve una pizza. Non è solo propaganda gentista (come abbiamo detto in un precedente articolo) ma dimostrazione che c’è un fattore umano dietro. Queste persone, gli elettori di questi partiti, ormai condividono uno stesso linguaggio, uno stesso modo di pensare, di agire, hanno formato una cultura. Il dramma sociale, ciò che precede il divenire rivoluzionario, non può avvenire se non con una cultura. E lo avevano capito bene anche i neo-marxisti che vedevano l’egemonia culturale non come un prodotto della rivoluzione, ma come una sua causa. Occorre un cultura che scacci quella pre-esistente. Dunque, tutto è costume.
Che la sinistra abbia bisogno di una cultura lo dimostrano i risultati di Bernie Sanders e Jeremy Corbyn. Certo, la loro è un’esperienza solitaria, questo non lo si può negare. Ma entrambi si portano dietro un qualcosa di extra politico, uno stile di vita che li contraddistingue e li rende accattivanti. Il candidato favorito del Labour Party si è infatti subito fatto riconoscere, oltre che per le sue proposte anti-austerity, per la sobrietà del suo stile di vita, per il suo vestire semplice e senza molti fronzoli. Influisce questo sull’immagine di un partito e di un progetto? Lo testimonia anche Matteo Renzi che nel 2012 tentò di strappare il partito alla vecchia guardia a suon di Rottamazione, portando sul palco della sua Leopolda i simboli di una nuove generazione che scalpitava per essere rappresentata a livello politico. Allo stesso modo Bernie Sanders: e d’altronde come non potrebbe destare curiosità un candidato che fin da subito, anzi, fin dagli anni della paura comunista, si dichiara socialist (per capirci: in America socialist è un insulto, e a sinistra si preferisce usare liberal)? Il suo background e quel nuovo costume che vuole portare avanti sembra funzionare tanto da aver raggiunto Hillary Clinton in certi sondaggi. Il suo non solo è un linguaggio nuovo, ma è anche un linguaggio, una cultura che non mette più gli Stati Uniti al centro, da prendere come modello, ma li vede come un paese che ha voglia di cambiare e che vuole essere influenzato, soprattutto da paesi socialdemocratici, come quelli dell’Europa del Nord (Bernie Sanders li ha sempre citati come esempio).
Se la sinistra italiana, ed europea, non creerà questo elemento extrapolitico allora è destinata a essere solamente uno spettro della destra, sempre più forte in questi tempi.
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