di Davide Cassese
“Oggi dobbiamo dire no a un’economia dell’esclusione e della iniquità. Questa economia uccide. Non è possibile che non faccia notizia il fatto che muoia assiderato un anziano ridotto a vivere per strada, mentre lo sia il ribasso di due punti in Borsa.”
Questo monito chiarisce in maniera inequivocabile l’idea di economia che ha Papa Francesco. Un’idea che si discosta da posizioni austere e metafisiche e che si avvicina al mondo reale, al mondo delle crescenti diseguaglianze tra gli uomini e alle difficoltà di ogni giorno. Senz’altro un atteggiamento e un modus operandi che divergono significativamente dal suo predecessore e dall’idea di Chiesa come sinonimo di sfarzo e opulenza. Un atteggiamento sempre oculato e sorridente, a volte pittoresco, ma al tempo stesso pervasivo.
Certo, una bell’icona per il Vaticano – che si spera non sfrutti la sua figura come semplice strumento di marketing – che ha modo di accertare una maggiore vicinanza dei fedeli, dei giovani e dei più scettici al mondo religioso, dopo il suo arrivo. Sin dal primo momento è emerso nitidamente il suo spirito umile, semplice e insofferente alla pomposità. Dapprima nella scelta del nome, Francesco, che allude al Santo di Assisi – simbolo del disprezzo dei beni terreni e di ricerca della autenticità nella fede e nella povertà – e poi nella scelta della sua sobria dimora. “Al centro dell’economia – dice Bergoglio – deve esserci l’uomo, la donna e nostra madre Terra. Quando al centro del sistema non c’è più l’uomo ma il denaro, quando il denaro diventa un idolo, gli uomini e le donne sono ridotti a semplici strumenti di un sistema sociale ed economico dominato da profondi squilibri.“ Un colpo durissimo inferto al nostro modello economico, basato, in gran parte, sulla spasmodica ricerca del profitto e sull’adulazione del dio denaro che sta causando gravi disparità e emergenze sociali ed ambientali in tutto il mondo. Non mancano riferimenti alla speculazione finanziaria ed ai mercati che “non possono godere di un’autonomia assoluta” e alla crescente e deleteria disoccupazione che spiazza e umilia migliaia e migliaia di persone. Davanti ad una folla gremita, a Scampia, tuona:” Tra i giovani da 25 anni in giù più del 40 per cento non ha lavoro! Ma questo è grave. Cosa fa un giovane senza lavoro?! Che futuro ha? Che strada di vita sceglie? E questa è una responsabilità non solo della città, non solo del Paese, ma del Mondo, perché c’è un sistema economico che scarta la gente, e adesso tocca ai giovani essere scartati, essere senza lavoro, e questo è grave”. E ancora: ”Disoccupazione e sfruttamento rubano la dignità. Il problema più grave è non avere la possibilità di portare il pane a casa, di guadagnarlo. Undici ore di lavoro per seicento euro e senza contributi per la pensione è schiavitù, non è cristiano, non dobbiamo restare in silenzio”. Sembra di ascoltare le parole di un sindacalista, di un ex dirigente del Pci, del migliore Berlinguer.
Fedeli di tutto il mondo, unitevi!
Un Papa che intravede nella sola ricerca di guadagni la fonte della disuguaglianza e della decadenza della società, che bacchetta la finanza deregolamentata e che parla di dignità delle persone è un Papa con una grande vocazione civile. “Non sarà mica marxista, Papa Francesco?” si chiedono. No, non lo è. E’ solo un uomo che contravviene alle logiche consuete, e ormai consunte, seguite pedissequamente da alcuni suoi predecessori e dai nostri governanti. Questa strano cliché di definire marxisti-leninisti-comunisti coloro i quali sono attenti a tematiche sociali e che lottano per l’equità è davvero insopportabile, oltre che ingiustificato. Come risulta ingiustificata l’idea di chi ritiene che il Pontefice, in virtù del suo nome, debba occuparsi solo di questioni spirituali. Non solo perché alcuni dei suoi predecessori sono stati indifferenti alla cosa pubblica anche lui deve esserlo, del resto siamo nel Paese in cui Schettino tiene Lectio Magistralis nelle università sulla gestione del panico e dove la normalità è diventata eccezione – tutto è possibile. Sulla scia degli scandali politico-giudiziari delle ultime settimane, Papa Francesco si è lasciato andare anche sul più grande male italiano: la corruzione. La corruzione “spuzza”, ha detto. No, non un errore di pronuncia. Spuzza. Con la “s”. Questo termine deriverebbe dal dialetto lunfardo, parlato dai tanti italiani che migrarono in Argentina nei primi del ‘900. L’attacco è al sistema della corruzione che deve essere combattuto con ogni mezzo. La politica economica di Bergoglio – Bergonomics – si fonda sulla dignità della persona umana e del bene comune e stigmatizza, con una lucidità ineccepibile, la spericolata ricerca del profitto a danno della società e della terra “che è madre per tutti, che chiede rispetto e non violenza o peggio ancora arroganza da padroni. Dobbiamo custodirla.“ Un invito, quello del Pontefice, a non credere irreversibile questo stato di cose e a lottare per costruire una società ed un’economia dove l’Uomo e il suo bene, e non il denaro, siano al centro.
Papa Bergoglio al Ministero dell’Economia!
#MatteoePiercarloStateSereni
Davide Cassese