Nudità, corpi vigorosi senza veli che mostrano tutta la potenza della loro fisicità: sono atmosfere sospese tra il sogno e la realtà quelle che sbocciano nella pittura del giovanissimo Roberto Ferri, classe 1978, che fa emergere con tratto quasi caravaggesco figure soprattutto femminili in tutta la loro carica erotica.
Tramite un realismo finissimo, Ferri porta sulla tela corpi che non sempre sono del tutto umani e che portano con loro anche il mistero del diverso, che tanto repelle quanto attrae. Sono le Naiadi dalle pinne spinose, che adagiate con finta casualità, mostrano e il fondoschiena e la coda di pesce; è Gea, la dea della Terra, dai molteplici seni gonfi, che suscita nello spettatore l’arcano desiderio topico della letteratura e della psicoanalisi di unione incestuosa con la figura materna.
Ferri, la cui formazione è per buona parte autodidatta, propone, come i suoi antecedenti di qualche secolo fa, anche temi religiosi, che meno si prestano alla rappresentazione erotica: la sua Santa Rosalia ricorda la Santa Cecilia di Gian Lorenzo Bernini in Trastevere a Roma, città d’adozione del pittore, tra l’altro.
La pittura di Ferri è in grado di portare la carnalità, dalla più primordiale a quella “proibita” delle sue sante in estasi, facendola emergere da sfondi cupi, da cui queste figure emergono prepotenti in tutta la loro forza, affidando alla pennellata precisa e ad una composizione studiata razionalmente l’effetto di suscitare nello spettatore una mania erotica delle più istintive e arcane.
Un ritorno, dunque, non solo alla pittura dei grandi maestri, ma anche agli istinti primari insiti nella natura umana, portati in superficie attraverso un sapiente gioco erotico.