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La marcia di Berlino: il popolo europeo
si muove contro i suoi tecnocrati

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Fonte Twitter
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Più di tre milioni di firme sono state portate pochi giorni fa di fronte agli uffici della Commissione Europea per convincere le istituzioni a desistere e rinunciare a firmare il trattato di libero scambio con gli USA, meglio noto col nome di TTIP. Il motivo per cui le si sia portate di fronte alla Commissione sta nel potere esecutivo della medesima all’interno delle istituzioni europee e quindi al suo ruolo guida nei negoziati.

Ci siamo già occupati delle problematiche collegate all’eventuale firma di un simile accordo in un precedente articolo, ma, per elencare brevemente i due maggiori problemi ad esso collegati, abbiamo: in primis, i rischi correlati all’abbattimento delle barriere non tariffarie, leggasi qualità dei prodotti alimentari e non solo; in secondo luogo, l’ISDS (Investor to State Dispute Settlement) il meccanismo giuridico per la risoluzione dei contenziosi Stato-imprese, che andrà a vantaggio delle lobby degli studi giuridici oltre che naturalmente delle grandi imprese. Da quel 18 aprile, quando già i danni probabili di questo eventuale trattato erano oltremodo evidenti, a livello europeo si è proseguito nella stessa direzione. Infatti l’8 luglio, mentre all’ordine del giorno del Parlamento Europeo spiccava su di tutti la discussione sulla situazione greca, veniva approvato il rapporto Lange che riguardava l’ISDS. La sua approvazione era stata giustamente condannata dagli attivisti delle campagne internazionali contro il TTIP essendo potenzialmente lesiva dei diritti umani, dell’ambiente e del lavoro. Sul fronte delle opposizioni la battaglia ugualmente si è perpetrata fino allo scorso 6 ottobre con la suddetta deposizione di un’elevatissima quantità di firme contro il TTIP e il suo omologo canadese CETA, a dimostrazione che esiste un rifiuto vasto e trasversale agli accordi di libero scambio. Il culmine di questa mobilitazione si avrà oggi a Berlino con una manifestazione europea di protesta contro il trattato, che durerà per una intera settimana e si chiuderà a Bruxelles.

tppQuesta mobilitazione assume ad oggi un significato straordinariamente importante. Anzitutto essa avviene a pochi giorni dalla firma del TPP (Trans Pacific Partnership), il trattato di libero scambio tra USA e altri undici paesi di America, Asia e Oceania, che insieme valgono il 40% del PIL globale e che, eliminando dazi e regole che fanno problema al commercio, si lanciano compatti all’assalto del mercato globale, portando tutti i liberisti anche di casa nostra a chiedere che anche il TTIP venga approvato al più presto perché l’Europa non resti fuori da questo nuovo vortice di derrate e container. Non solo, tra il 19 e il 23 ottobre si riuniranno nuovamente a Miami i rappresentanti europei, guidati dalla commissaria al commercio Cecilia Malmstrom, incontreranno gli omologhi americani dopo il nulla di fatto dell’incontro di Washington del 22 settembre. Nell’ultimo meeting l’Europa aveva chiesto una rivisitazione seppur parziale dell’ISDS e soprattutto respingeva la liberalizzazione di tutti i livelli di appalti pubblici di beni e servizi statunitensi (federali, statali e cittadini). Ora con la firma del TPP e la paura di essere esclusi dalle logiche del commercio globale, i leader europei potrebbero trovarsi in una situazione di inferiorità nel potere contrattuale, quindi cedere ai loro partner americani.

Di qui l’importanza straordinaria della mobilitazione dei cittadini europei, che già avevano tolto il velo di ignoranza posto sui negoziati: da sempre tenuti segreti e poi portati allo scoperto, mentre ora si può direttamente pretendere dai propri rappresentanti, con le proprie firme e le proprie mobilitazioni, che essi agiscano di conseguenza. Si tratta di una questione di democrazia partecipativa, elemento che da sempre viene rimproverato come mancante all’UE, che ha per la prima volta la possibilità di andare oltre il suo ormai celebre deficit e dare atto alla volontà della sua società civile. La campagna contro il TTIP era cominciata infatti nel 2014 e ad oggi conta più di 300 ONG che nei 24 paesi membri prima hanno agito per sensibilizzare la cittadinanza, tenuta fino a quel momento all’oscuro di un trattato più volte definito poco trasparente e poi hanno proceduto alla raccolta delle firme. Il numero di firme necessarie era un milione ma i comitati ne hanno raccolte ben 3 milioni e 118.556 (di cui 500.000 solo in Germania). Ora la commissione ha tre mesi per prendere in considerazione la petizione popolare. Anche se le premesse non sono certo delle migliori visto che nel settembre 2014 quando era cominciata la raccolta firme, la Commissione aveva dichiarato che un’iniziativa popolare poteva essere solo propositiva e non abrogativa, comunque alcuni spiragli si stanno aprendo e, stando alle ultime dichiarazioni e all’ingrossamento costante dell’ala dei socialisti che si sono schierati contro il trattato, la speranza forse è ancora accesa.

 

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Francesco Corti

Dottorando presso il Dipartimento di Scienze Politiche dell'Università degli Studi di Milano e collaboratore dell'eurodeputato Luigi Morgano. Mi interesso di teorie della democrazia, Unione Europea e politiche sociali nazionali e dell'Unione. Attivo politicamente nel PD dalla fondazione. Ho studiato e lavorato in Germania e in Belgio.

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