La strada delle unioni civili è sempre più in salita. Nonostante sul parlamento italiano penda una sentenza della Corte di Strasburgo dello scorso luglio ed il disegno di legge Cirinnà sia davvero il minimo sindacale (per approfondirne i contenuti si rimanda a questo articolo), neppure questa sembra essere la volta buona per allineare l’Italia al resto d’Europa in tema di diritti civili.
I FATTI – Dopo quasi due anni di discussioni in Commissione, lo scorso martedì 16 febbraio doveva essere il “giorno X” per le unioni civili, come si era espressa in un post su Facebook la senatrice Monica Cirinnà: all’ordine del giorno del Senato era infatti calendarizzato il cosiddetto “supercanguro“, il maxi-emendamento (tecnicamente parlando, un “emendamento premissivo di principio”) presentato dal senatore del Partito Democratico Andrea Marcucci per evitare la discussione parlamentare su tutti quegli emendamenti in contraddizione con l’impianto normativo del ddl Cirinnà o presentati per pura finalità ostruzionistica (ne abbiamo parlato in questo articolo). La Lega Nord, in particolare, aveva presentato oltre 5000 emendamenti, la maggior parte dei quali tesa a modificare la semplice formulazione linguistica dei commi della legge o a rimarcare ulteriormente le differenze tra famiglia e unione civile.
A inizio seduta la Lega Nord annuncia, per bocca del suo capogruppo Roberto Calderoli, l’intenzione di ritirare gran parte degli emendamenti presentati, mantenendone 580, in cambio del ritiro del “supercanguro” da parte del Partito Democratico. Il PD decide tuttavia di tirare dritto («Il canguro resta, ha un obiettivo sano» dice il capogruppo del PD Luigi Zanda), forte della convinzione che il Movimento 5 Stelle (decisivo, perché al PD non bastano i voti di SEL e del Gruppo Misto) lo avrebbe votato in blocco, dopo il parere positivo espresso in Commissione. Strategicamente parlando, è una prova di forza parlamentare: mantenere l’emendamento Marcucci, resistendo alle proteste dell’opposizione e dei centristi, è segno della precisa volontà politica di portare a casa le unioni civili in tempi rapidi e attraversare indenni il campo minato del voto segreto.
Poi, il colpo di scena: il senatore del M5S Alberto Airola, prendendo la parola, comunica all’aula che il Movimento 5 Stelle non avrebbe votato il “supercanguro”, adducendo motivazioni “di principio”: «Il super canguro è un piccolo trucco incostituzionale e non me la sento di chiedere al mio gruppo di votarlo». Il clima dell’aula, già rovente e condito di insulti fin dai primi interventi, esplode, mentre davanti al Senato si radunano le associazioni LGBT per inveire contro i senatori del Movimento 5 Stelle. Monica Cirinnà parla di «tradimento grave» dei 5 Stelle e annuncia il suo ritiro dalla scena politica qualora il testo della legge sia modificato in modo rilevante; Luigi Zanda afferma che «il voltafaccia del M5S mette a rischio il ddl». Il vicesegretario del partito, Debora Serracchiani, incalza: «Il M5S tradisce il suo popolo e tutta l’Italia solo per il miserabile calcolo di fare lo sgambetto al Pd». La seduta è aggiornata a dopo pranzo, e nel pomeriggio Sinistra Ecologia e Libertà chiede ed ottiene il rinvio al giorno seguente.
La discussione riprende nella mattina di Mercoledì, ma dura soltanto poche ore: di fronte al pericolo di una bocciatura del “supercanguro”, che avrebbe condotto il Ddl Cirinnà in un campo minato di 777 emendamenti con possibilità di voto segreto, il capogruppo PD Zanda chiede al Presidente Pietro Grasso il rinvio della discussione, rinvio poi sancito dalla Conferenza dei capigruppo. Tutto rimandato al 24 febbraio.
STRADA IN SALITA – Da mesi bersaglio di polemiche pretestuose ed infondate, come quelle sull’incentivo alla maternità surrogata (che non c’è, trattandosi già di reato in base alla legge 40/2004) e sul collasso del sistema pensionistico a causa delle reversibilità delle pensioni nelle unioni civili (balla colossale di cui si è fatto portavoce addirittura il Ministro degli Interni Angelino Alfano), il Ddl Cirinnà appare ormai destinato ad essere modificato in alcuni punti chiave (stepchild adoption e/o reversibilità pensioni) oppure a rischiare addirittura di saltare del tutto, a causa della possibilità di ricorrere al voto segreto (è sufficiente la richiesta di 20 senatori) su uno qualsiasi degli emendamenti che vanno a intaccarne l’impianto di base.
Non a caso già mercoledì mattina, prima della seduta che avrebbe deciso per il rinvio della discussione, il capogruppo PD Zanda aveva dichiarato che «Ieri abbiamo registrato un fatto politico nuovo: un gruppo che sembrava favorevole a un iter del provvedimento ci ha ripensato. Quindi serve un lavoro di riflessione per riannodare dei fili politici per fare una buona legge». Tradotto dal politichese: del Movimento 5 Stelle non ci possiamo più fidare, occorre salvare il salvabile ed andare alla ricerca dei voti dei centristi e dei forzisti, a costo di rivedere uno o più punti del disegno di legge.
Una delle ipotesi per uscire dallo stallo è ovviamente lo stralcio della stepchild adoption, che riporterebbe l’unità interna al Partito Democratico e farebbe convergere i voti di una parte dei centristi. Una possibilità seccamente smentita dalla minoranza, tramite Roberto Speranza: «Penso che in Italia si sia in pausa di riflessione da troppo tempo sulle unioni civili. Ora è tempo di andare avanti, il Pd non si fermi e vinca la sfida. Il testo va mantenuto così come è, è già un compromesso, non è immaginabile togliere la stepchild adoption». Se è indubbio che l’attuale formulazione del ddl Cirinnà è già il frutto di un compromesso al ribasso, la strada della perseveranza sul ddl Cirinnà tale e quale è oggi appare davvero poco realistica: sarebbero necessari, infatti, mesi di discussioni e votazioni emendamento per emendamento, con l’insidia costante del voto segreto. Motivo per cui è più realistico pensare che, entro il 24 febbraio, il Partito Democratico troverà l’intesa con gli alleati di Governo, oppure porterà il ddl in aula e, se la stepchild adoption verrà stralciata, sarà stato per iniziativa dell’aula e non per decisione intenzionale del gruppo PD.
MACHIAVELLISMO 5 STELLE – Il “tradimento” del Movimento 5 Stelle, che per mesi ha appoggiato il ddl Cirinnà in Commissione ed ha assicurato il Partito Democratico sul voto favorevole al Senato, è stato una mossa politica machiavellica degna della peggior Prima Repubblica. Se è infatti vero che, sulle questioni di metodo e di principio, il M5S tutti i torti non li ha ed anzi ha mantenuto la “solita” coerenza («noi il supercanguro non lo votiamo, così come abbiamo sempre fatto, ma andiamo ad esaminare uno per uno gli emendamenti e vedrete che i nostri senatori faranno il loro dovere, confermando l’impianto normativo che è uscito dalla Commissione»), c’è anche da dire che è impossibile ignorare le ragioni politiche dell’emendamento Marcucci: blindare l’impianto del disegno di legge, mettendolo al riparo dalle insidie del voto segreto, e passare così all’esame degli emendamenti “costruttivi”.
Qualsiasi considerazione deve necessariamente partire da questo punto fermo: se si è d’accordo con l’impianto del ddl Cirinnà uscito dalla Commissione (così come lo è il 90% dei senatori 5 Stelle, stando a quanto dice il senatore Maurizio Buccarella), e si ha come scopo prioritario l’estensione dei diritti civili alla comunità LGBT, riguardo al “supercanguro” non ci sono ragioni di principio o di metodo che tengano e le 72 riunioni di Commissione (insieme ai mesi di dibattito parlamentare) sono già state ampiamente sufficienti per entrare nel merito dei contenuti del disegno di legge. La mossa dei 5 Stelle è pertanto un doppio tentativo (riuscito) di non spostare l’asse politico a sinistra in vista delle prossime amministrative e di far deflagrare le contraddizioni esistenti in seno al Partito Democratico e alla maggioranza che sostiene il Governo. Una mossa politica, perfettamente riuscita, ma che lascia sullo sfondo le centinaia di migliaia di cittadini italiani che aspettano il riconoscimento dei diritti civili.
Come scrive sul suo blog Francesco Costa, «Alla prima occasione in cui non si è potuto sottrarre alla responsabilità di una decisione complicata – di nuovo: una qualsiasi! – il M5S è imploso. L’alibi delle consultazioni della base, che avrebbe dovuto risolvere ogni problema, non ha impedito la creazione di un pastrocchio politicista degno, quello sì, di essere associato alla “nuova DC”; e si è risolto con il ricorso al più superficiale e vuoto dei riflessi condizionati – nel dubbio, freghiamo il PD».
LE CONTRADDIZIONI NELLA MAGGIORANZA – D’altra parte, la chiave di lettura per cui “tutta la colpa è dei grillini” appare fin troppo semplicistica. Così come è vero che il M5S ha optato per la politica piuttosto che per la via facilitata verso i diritti, è altrettanto vero che non si può scaricare su una forza di opposizione la mancanza dei voti ad un disegno di legge proveniente dal principale partito di maggioranza. Le divisioni, in seno alla maggioranza di governo, sono non soltanto tra Partito Democratico e Nuovo Centro Destra, ma anche (e soprattutto) in seno al PD stesso: sono circa 30 i “Cattolici Dem” che hanno messo in discussione la stepchild adoption e hanno presentato degli emendamenti che vanno ad inasprire le pene (si passa da un massimo di 2 anni ad un massimo di 12 anni) per coloro che ricorrono alla pratica dell’utero in affitto fuori dai confini italiani e a introdurre l’obbligo per i genitori di documentare che il proprio figlio è stato concepito in modo “naturale” (in che modo, non è dato saperlo).
Scaricare tutta la colpa sul Movimento 5 Stelle è dunque una mossa accettabile soltanto sul piano della propaganda. Non si può infatti chiudere gli occhi di fronte alla mala gestione complessiva del percorso delle unioni civili, dall’ingenuità del PD e della senatrice Cirinnà nel fidarsi dei grillini (d’altra parte non si può fargliene una colpa, data l’importanza della battaglia che ha portato avanti: lunga vita a Monica Cirinnà) all’assenza del Presidente del Consiglio Matteo Renzi, il quale – a differenza di altri passaggi parlamentari, dal Jobs Act alla riforma costituzionale all’Italicum – non ci ha messo la faccia con la dovuta forza e non ha sufficientemente sollecitato alla disciplina di partito i senatori dissenzienti, lasciando al contrario libertà di voto sulla stepchild adoption.
Sorge il sospetto – ma in questo caso si spera davvero di essere maliziosi malpensanti – che le unioni civili siano una patata bollente di cui il Presidente Renzi avrebbe fatto volentieri a meno, soprattutto in vista delle prossime amministrative. Nel Partito Democratico, a rimetterci nel consenso, sarebbero soprattutto le aree più “a sinistra”: che non a caso stanno costruendo la battaglia delle battaglie sul ddl Cirinnà, uno dei pochi provvedimenti all’orizzonte in grado di spostare l’asse politico del PD verso sinistra.
La Direzione nazionale del Partito Democratico è prevista per questa domenica: c’è la sensazione che se ne vedranno delle belle, sperando che alla fine l’Italia riesca ad avere il sussulto morale che le serve per raggiungere gli altri Paesi occidentali nel riconoscimento dei diritti gay.
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