In una conferenza congiunta tra il National Science Foundation di Washington e l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare di Cascina (provincia di Pisa) è stata annunciata una delle scoperte scientifiche più importanti del nostro secolo: il LIGO (Laser Interferometer Gravitational-Wave Observatory) di Livingston è riuscito a captare le distorsioni spazio-temporali causate dalla collisione di due buchi neri, avvenuta un miliardo di anni fa. È la prima evidenza empirica delle onde gravitazionali, teorizzate cento anni fa da Albert Einstein come conseguenza logica dell’equazione della teoria generale della relatività e mai osservate finora in un esperimento di laboratorio.
Il LIGO, costato 365 milioni di dollari, ospita un interferometro di Michelson che consiste in un gigantesco tunnel vuoto a forma di L, lungo 4 chilometri per lato, alle cui estremità si trovano degli specchi sospesi: nei due tunnel viene sparato un raggio laser, che rimbalza varie volte alle estremità e torna al punto di partenza. Se la lunghezza dei due bracci varia a causa del passaggio di un’onda gravitazionale, avviene uno “sfasamento” dei due raggi laser, che viene captato dagli strumenti. In questo modo l’equipe di scienziati che vi lavora è stata in grado di osservare le “increspature” della trama spazio-temporale causate dalla collisione di due buchi neri di massa pari a circa 29 e 36 masse solari (la misura standard per quantificare la massa degli oggetti astronomici). Il buco nero scaturito dalla collisione dei due preesistenti ha massa pari a 62 masse solari: le restanti 3 sono state liberate sotto forma di energia gravitazionale, come onde che solcano la trama dello spazio tempo. Più o meno come avviene quando si getta un sasso in una pozza, e si osservano le increspature dell’acqua che si allontanano dall’epicentro: con la differenza che, nel caso del sasso, è l’oscillazione della materia (a livello molecolare) che forma le onde, mentre nel caso delle onde gravitazionali è lo spazio-tempo stesso a subire delle increspature.
Secondo la teoria generale della relatività, il cosmo è formato da una trama di spazio e tempo la cui curvatura è influenzata dalla presenza della materia, esattamente come avviene quando si appoggia una palla da bowling su un lenzuolo: l’accelerazione altro non è che la curvatura dello spazio-tempo. Sta proprio qui la grande rivoluzione teorica introdotta da Einstein: la gravità non è una forza, ma la geometria dello spazio-tempo. Lo spazio ed il tempo non sono lo sfondo immobile ed assoluto in cui si verificano gli eventi, come postulava la fisica newtoniana: sono qualcosa di plastico, come un tela che si deforma quando passano oggetti cosmici massicci, come stelle, pianeti e buchi neri.
I buchi neri sono oggetti cosmici “estremi”, residui dell’esplosione di stelle dotate di sufficiente massa, dotati di densità così grande che l’attrazione gravitazionale che ne consegue non lascia sfuggire neppure la luce: motivo per cui non possiamo osservarli direttamente, ma soltanto indirettamente attraverso l’influenza gravitazione che esercitano sulla materia circostante.
Le onde gravitazionali erano l’ultimo tassello della relatività generale ancora da dimostrare sperimentalmente. Fino ad oggi sono riuscite ad eludere gli scienziati e le loro strumentazioni: la forza di gravità è la forza più debole in natura, e affinché sulla Terra giunga un’onda sufficientemente intensa da essere osservata occorre che nell’universo si produca un evento di enorme potenza, come la fusione di due buchi neri o di due stelle di neutroni, oppure l’esplosione di supernove.
La scoperta rivoluziona la studio dell’astronomia, ma soprattutto conferma la teoria della relatività generale di Einstein. A 100 anni dalla pubblicazione della teoria, Albert Einstein continua a stupire il mondo intero.
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