Un vuoto da colmare
Nei giorni della manovra finanziaria emerge con forza una contraddizione su cui si gioca il consenso del movimento nazional-populista in Europa e nel mondo. Se da una parte la crisi del maschio bianco eterosessuale porta acqua al mulino delle politiche identitarie e reazionarie, dall’altra il fallimento della globalizzazione e di una deregulation fin troppo utopica ha fatto passare questi movimenti per paladini della classe operaia.
Mentre i partiti di centro-sinistra si spostavano verso posizioni più moderate, sposando la cosiddetta third-way portata avanti da Blair, veniva a mancare un’opzione sociale, che portasse avanti i diritti delle classi meno abbienti. Non solo: con l’entrata in scena dei diritti sociali, la Sinistra si è fatta paladina di questioni scottanti come l’uguaglianza di genere, i diritti gay e quelli dei migranti.
In questo vuoto si sono inserite le proposte politiche di Movimento 5 Stelle e Lega Nord. Con una mossa astuta hanno cavalcato l’astio contro Matteo Renzi e contro una deriva centrista del PD, presentandosi come alternativa da una parte identitaria dall’altra sociale, attenta ai lavoratori traditi dal Jobs Act di Renzi e dai continui flirt con le banche.
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Manovra finanziaria: interventi inutili e fallimentari
Tuttavia, queste posizioni una volta arrivati al potere si sono trasformate. Lo dimostrava già il Decreto Dignità: lontano dall’essere una seria misura di contrasto allo sfruttamento, riproponeva stilemi vetusti e inutili per combattere precariato e sfruttamento.
Ora con la manovra finanziaria, condita da condoni e da misure assistenzialiste, il populismo getta deliberatamente la spugna e dimostra la sua ignoranza economica: provvedimenti fatti più per saziare i rispettivi elettorati, non studiati a fondo e anzi bocciati dai mercati finanziari.
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Se qualcuno vuole discutere sull’ontologia di spread, borse e agenzie di rating può farlo, ma è come dibattere contro la legge di caduta dei gravi gettandosi dal quinto piano (non che la finanza sia come la fisica, anzi, ma si tratta di una realtà fattuale, anche se contingente).
Il problema non è solamente italiano: si pensi ad esempio a Donald Trump che fino a ora ha messo in atto politiche economiche e sociali che non fanno altro che acuire i problemi sociali presenti in tutto il mondo occidentale.
Divario economico e sociale
Resta tuttavia il problema principale: il problema delle disuguaglianze. Un idealismo sospinto, che credeva in un mercato idilliaco, sta sbattendo il muso contro la dura realtà. Ma queste disuguaglianze non rappresentano un problema puramente filosofico: le disuguaglianze causano problemi sia a livello economico, diminuendo il potere d’acquisto della classe media, anzi declassandola, sia dal punto di vista di tenuta del sistema.
Una serie di studi mostrano come l’egualitarismo democratico rappresenti un’arma di difesa dalle crisi globali. In questo, però, la sinistra ha continuato a offrire ricette da «Secolo Breve», spesso rifacendosi a un approccio keynesiano rudimentale.
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Nuova sfida per la Sinistra
I problemi che affliggono la società e l’economia italiana sono innumerevoli: scarsa considerazione dell’istruzione come ascensore sociale, un sistema economico imbrigliato da piccoli privilegi, uno stato sempre meno efficiente, un’ossessione per l’avidità del sistema privato.
Se la sinistra vuole presentarsi come alternativa al populismo imperante deve ricominciare a cercare metodi per combattere le disuguaglianze pur tenendo in considerazione il metodo e le differenze individuali e soprattutto non sacrificare sull’altare i diritti civili. Perché quella si chiama, ancora una volta, destra sociale.
di Mattia Marasti
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