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Wisława Szymborska: la gioia di scrivere con semplicità

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4 minuti di lettura

Non necessariamente la poesia della quotidianità è banale; certo non lo è per l’opera di Wisława Szymborska (Kórnik, 2 luglio 1923 – Cracovia, 1º febbraio 2012), una delle più grandi poetesse polacche degli ultimi anni. La sua grande capacità rappresentativa della realtà e della vita di ogni giorno, infatti, le è valsa – tra gli altri riconoscimenti – il Premio Nobel per la Letteratura nel 1996.

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Wisława Szymborska nasce nel 1923 a Kórnik ma si trasferisce presto a Cracovia dove riesce a conseguire il diploma, nonostante l’occupazione tedesca, seguendo corsi clandestini. La pubblicazione della sua prima raccolta viene bloccata dalla censura di Stalin perché non in linea con il realismo socialista; il che comunque non le impedisce di iscriversi al partito e seguirne, poi, le linee guida. Sono di quegli anni le poesie Il nostro operaio parla degli imperialisti e A chi entra nel partito. Anni, confesserà tempo dopo, che sono stati i peggiori della sua vita: l’appartenere a una generazione che credeva davvero nell’illusione comunista l’aveva spinta a collaborare col sistema e sottostare al suo imperativo ideologico di rappresentazione realistica della realtà per fini propagandistici. Nel 1960 lascia definitivamente il partito e in seguito ripudierà questo periodo tanto da parlare di «peccato di gioventù». In merito alla sua vita privata, il matrimonio con il primo marito, il poeta Adam Włodek naufraga presto (1948-54) e sposa, poi, in seconde nozze lo scrittore Kornel Filipowicz; sarà un matrimonio duraturo (1967-1990) scioltosi soltanto per la morte di quest’ultimo.

Szymborska

Alla sua prima raccolta in versi del 1945 Cerco la parola ne seguiranno tantissime altre: quella di Wisława Szymborska è una penna instancabile, sempre all’opera e sempre attenta a una realtà che talvolta sembra affacciarsi su un mondo onirico. Vastissima è quindi la sua produzione, ispirata proprio da quella che lei definisce la «gioia di scrivere», ovvero la rivendicazione di un essere destinato a perire a fronte dell’immortalità di un foglio bianco, che è un universo con leggi proprie e estraneo alla realtà in cui i non-scrittori vivono:

[…] La gioia di scrivere
Il potere di perpetuare.
La vendetta d’una mano mortale.

Lo strumento prediletto che la poetessa sguaina per affrontare la realtà è una pacata e precisa ironia che sbeffeggia i sentimenti e le paure più comuni – come quella della morte –, alleggerita da uno stile piano e semplice che non permette comunque di sfuggire alle graffianti verità con cui il lettore deve entrare in contatto, come in Lode della cattiva considerazione di sé:

La poiana non ha nulla da rimproverarsi.
Gli scrupoli sono estranei alla pantera nera.
I piranha non dubitano della bontà delle proprie azioni.
Il serpente a sonagli si accetta senza riserve.
Uno sciacallo autocritico non esiste.
La locusta, l’alligatore, la trichina e il tafano
vivono come vivono e ne sono contenti.

Il cuore dell’orca pesa cento chili,
ma sotto un altro aspetto è leggero.

Non c’è nulla di più animale
della coscienza pulita,
sul terzo pianeta del sistema solare.

Wisława Szymborska con la sua incredibile semplicità è in grado di mettere a suo agio il lettore, con un fluire di parole comuni e non certo ricercate riesce a imprimere sulla carta un intero universo, senza, però, poter rispondere ai quesiti dell’uomo: la sua poesia, ammette, è «del non so». Ed è proprio in questo modo che riesce a rappresentare al meglio l’aspirazione verso l’infinito, l’incessante ricerca di risposte ai drammi più profondi dell’animo umano senza scioglierne, però, i dubbi. È da qui che nasce l’ispirazione: «nelle mie poesie provo a declinare in mille modi il non so», confessa. La straordinaria chiarezza e trasparenza dei suoi versi liberi non fanno che nascondere i dubbi più profondi dell’animo umano e, così, i suoi timori. Spicca, dunque, il tema della morte, come in Il gatto in un appartamento vuoto:

Morire – questo a un gatto non si fa.
Perché cosa può fare un gatto
in un appartamento vuoto?
Arrampicarsi sulle pareti.
Strofinarsi tra i mobili.
Qui niente sembra cambiato,
eppure tutto è mutato.
Niente sembra spostato,
eppure tutto è fuori posto.
E la sera la lampada non brilla più.

[…]

Qui c’era qualcuno, c’era
poi d’un tratto è scomparso
e si ostina a non esserci.

[…]

Che lui provi solo a tornare,
che si faccia vedere.
Imparerà allora
che con un gatto così non si fa.
Gli si andrà incontro
come se proprio non se ne avesse voglia,
pian pianino,
su zampe molto offese.
E all’inizio niente salti né squittii.

Sono parole cristalline, di un’arguzia elegante, veicolanti una calma che decisamente stride con la tragicità del tema della morte.

Certo non manca di affrontare neanche il tema dell’amore. Per Wisława Szymborska le poesie d’amore sono le più difficili da scrivere: le più comuni e quindi – si rischia – le più banali. Nonostante questo suo timore, comunque, è proprio suo uno dei versi d’amore più belli di tutto il Novecento – di una potenza inestimabile – in grado di lasciare ammutoliti: «Ascolta come mi batte forte il tuo cuore» (da Ogni caso).

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Anche la critica alla società moderna è affrontata con i toni leggeri che caratterizzano la sua produzione poetica; affronta le ipocrisie della società di massa e della modernità che hanno reso l’umanità pigra e l’hanno allontanata dalla letteratura, a favore della fruizione passiva dei programmi televisivi, come è evidente in Del non leggere:

In libreria con l’opera di Proust
non ti danno un telecomando,
non puoi cambiare
sulla partita di calcio
o sul telequiz con in premio una Volvo.

Viviamo più a lungo,
ma con minor esattezza
e con frasi più brevi.

Viaggiamo più veloci, più spesso, più lontano
e torniamo con foto invece di ricordi […].

Immagine di copertina: libriantichionline.com

Camilla Volpe

Classe 1995. Prima a Milano, ora sotto il Vesuvio - almeno per un po'. PhD candidate in Scienze Sociali e Statistiche. Mamma e papà non hanno ancora capito cosa faccio nella vita.

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