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Claudia Rocchini

La fotografia naturalistica di Claudia Rocchini

Il richiamo della foresta spinge Claudia Rocchini ad immortalare la natura in tutta la sua maestosità. Ecco l'intervista della fotografa “di natura e in natura".

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8 minuti di lettura

Nella fotografia, così come nella vita, è auspicabile saper cambiare spesso visione: visione grandangolo, visione zoom, visione 35mm standard. Con due raccomandazioni. La prima è ricordarsi di togliere il tappo dall’obiettivo. La seconda è una massima di Talete: “Gli dei hanno dato agli uomini due orecchie e una bocca, per poter ascoltare il doppio e parlare la metà”.
Claudia Rocchini

Claudia e Pablo

La fotografia, la scrittura e i viaggi non sono solo le sue passioni ma costituiscono anche il suo lavoro.

Originaria della città di Pavia, dove vive tuttora, Claudia Rocchini ha iniziato la sua carriera nel giornalismo da giovanissima nelle redazioni di quotidiani e periodici nazionali, come inviata di politica ed esteri. Successivamente ha lavorato per uffici stampa in differenti settori, aziendali e istituzionali, per diverse case editrici nazionali e agenzie di Pr.

Nel 2000, prendendosi una pausa dall’attività giornalistica, Claudia Rocchini si è dedicata al marketing strategico e alla comunicazione integrati, occupando incarichi di manager in Associazioni di Confindustria e Confcommercio, specializzandosi nel tempo in Community management e Social network communication.

Dal 2008 collabora con la rivista Fotografia Reflex per cui cura la rubrica mensile “Io fotografa“.

Si occupa di reportage e ritrattistica, ma il genere che predilige è la fotografia naturalistica, anzi «fotografia di Natura e in Natura», come preferisce definirla, e tiene corsi in Parchi faunistici, come quello della Torbiera e Oasi naturalistiche, come quella di Sant’Alessio.

“Un airone cenerino scaccia un airone bianco maggiore dal proprio territorio. Nonostante la stazza sia identica, il cenerino, padrone di casa, ha sempre la meglio”. Claudia Rocchini. Lago dei Pellicani – Oasi di Sant’Alessio

Claudia Rocchini si è resa disponibile per un’intervista.

Grazie Claudia Rocchini per il tempo che vorrai dedicarci. La prima domanda che mi viene da farti è se, per te, è cominciato prima l’amore per la natura o la passione per la fotografia.

Da che ho memoria ho sempre vissuto con animali, l’esigenza di rendere loro omaggio, con la fotografia e la scrittura, è venuta di conseguenza.

Qual è il tuo approccio verso i soggetti che vuoi fotografare? Fai delle ricerche sulle abitudini degli animali e sull’ambiente in cui vivono prima di arrivare sul “campo”?

È un approccio il più possibile empatico: quando fotografo cerco sempre di tirar fuori il lato umano dell’animale o il lato animale di me, per riuscire a tradurre fotograficamente un momento ad alta intensità emotiva. Per ottenere questo risultato, al di là della perfetta conoscenza e padronanza delle caratteristiche del corredo fotografico, è necessario conoscere i comportamenti degli animali per essere in grado di anticiparli fotograficamente. Quindi sì, mi informo prima, ma la miglior arma rimane l’osservazione, che dobbiamo sfruttare il più possibile. Per esempio, sapere quando è inutile fotografare ci permette di non accanirci sullo scatto a tutti i costi, ma di abbassare la reflex per goderci la scena. E osservare, aumentando così il nostro patrimonio di conoscenza sul soggetto che abbiamo di fronte a noi.

"Uno scatto in controsole gestito per ottenere la sagoma dell'airone. L'esemplare era sul ramo da un po', ho atteso il momento dello stacco, speravo di ottenere una silhouette dai contorni nitidi nonostante la sovrapposizione dei rami dello sfondo. Lago dei Pellicani - Oasi di Sant'Alessio" Claudia Rocchini
“Uno scatto in controsole gestito per ottenere la sagoma dell’airone. L’esemplare era sul ramo da un po’, ho atteso il momento dello stacco, speravo di ottenere una silhouette dai contorni nitidi nonostante la sovrapposizione dei rami dello sfondo”. Claudia Rocchini. Lago dei Pellicani – Oasi di Sant’Alessio

Tenendo i workshop quasi tutto l’anno, immagino tu abbia la possibilità di vedere, nello stesso contesto, scenari e comportamenti della fauna diversi a seconda della stagione in cui i corsi vengono organizzati. Qual è il periodo che preferisci e perché?

Più che periodo parlerei di situazioni di ripresa: amo fotografare avifauna dal piumaggio bianco nella neve e in controsole. Sono circostanze che mettono a dura prova sia il fisico sia le capacità e le competenze fotografiche, ma i risultati, quando arrivano, lasciano senza fiato.

Ci puoi far vedere e raccontare gli scatti a cui sei più legata?

Sono due, si tratta di un airone bianco maggiore ripreso in controsole con un gambero d’acqua dolce nel becco prima dell’ammaraggio nel lago, e un leopardo dell’Amur, esemplare di fatto estinto in natura (l’ultimo censimento di qualche anno fa ne ha rilevati poco meno di 40 esemplari ancora esistenti), ripreso nel Parco Faunistico La Torbiera, che aderisce a un programma internazionale di allevamento in cattività di questa specie per favorirne il reinserimento nel territorio d’origine.

Lago dei Pellicani - Oasi di Sant'Alessio
Lago dei Pellicani – Oasi di Sant’Alessio
Il Leopardo dell'Amur è praticamente estintol'ultimo censimento, non recente, ne ha contati ancora presenti in natura non più di 30 esemplari. E' il felino più raro del mondo e vive esclusivamente sulle coste orientali russe: la sua presenza in quei luoghi - su forti pressioni delle associazioni ambientaliste mondiali - ha fatto deviare il tratto finale dell'oleodotto lungo oltre 4.000 km (voluto da Putin nel 2004) che dai giacimenti siberiani dovrebbe portare petrolio fin sulla costa dell'Oceano Pacifico. L'esemplare ritratto nella fotografia si chiama Calvin, ed è un maschio adulto cresciuto nel parco faunistico La Torbiera, in provincia di Novara. Fa parte dell'EEP, European Endangered species Program, programma internazionale di riproduzione in cattività per il reinserimento in natura.
Il Leopardo dell’Amur è praticamente estinto. L’ultimo censimento, non recente, ne ha contati ancora presenti in natura non più di 30 esemplari. E’ il felino più raro del mondo e vive esclusivamente sulle coste orientali russe: la sua presenza in quei luoghi – su forti pressioni delle associazioni ambientaliste mondiali – ha fatto deviare il tratto finale dell’oleodotto lungo oltre 4.000 km (voluto da Putin nel 2004) che dai giacimenti siberiani dovrebbe portare petrolio fin sulla costa dell’Oceano Pacifico. L’esemplare ritratto nella fotografia si chiama Calvin, ed è un maschio adulto cresciuto nel parco faunistico La Torbiera, in provincia di Novara. Fa parte dell’EEP, European Endangered species Program, programma internazionale di riproduzione in cattività per il reinserimento in natura.

La prima è stata un colpo di fortuna: al di là della gestione tecnica dello scatto, il riflesso del sole è perfettamente perpendicolare alla testa dell’airone, donando riflessi molto suggestivi; la seconda è stata particolarmente impegnativa: risale a parecchi anni fa, non avevo un’attrezzatura professionale, e utilizzavo un obiettivo con messa a fuoco manuale. Il felino si rotolava nel bosco come un gatto domestico, il problema è stata la gestione della luce, c’era molta ombra, fatta eccezione per alcuni suggestivi spot naturali di luce creati dai raggi del sole tra gli alberi. Ho atteso che il leopardo avesse almeno la testa illuminata e ho scattato. Quella fotografia ha avuto una nota di plauso anche dall’editor del sito del National Geographic americano.

Chi ti segue sui social network, o chi frequenta i tuoi corsi, ha senz’altro voglia di conoscere più le questioni tecniche, la miglior impostazione della macchina tra ottiche, diaframma, tempi, iso e quant’altro. Ma per un fotografo che voglia cimentarsi nella “foto di Natura e in Natura” non è importante anche imparare il rispetto per l’ambiente, la flora e la fauna che intende immortalare?

Tocchi un tasto dolente: chi, come me, fotografa spesso in ambienti semi controllati è spesso oggetto di duri attacchi da parte di integralisti, fotografi e “animalari”. Non uso il termine animalisti perché a mio parere viene ingiustamente utilizzato in senso spregiativo, associato a quei fanatici che si rendono protagonisti di gesti scellerati che spesso fanno più danni che altro. Veniamo attaccati da questi personaggi per la scelta di riprendere anche soggetti in cattività.

Claudia Rocchini
“La ripresa in controsole di esemplari dal piumaggio bianco è tecnicamente una delle riprese più complicate, per ovvi motivi. Ogni tanto però la fortuna dà una mano, come in questo caso, con la silhouette della testa che si intravede tra le ali”. Claudia Rocchini

Intanto c’è da premettere che c’è un’enorme differenza tra zoo, intesi in senso tradizionale, cioè luoghi con finalità commerciali con “collezioni” di animali tenuti unicamente per motivi di lucro, e Parchi faunistici dediti alla salvaguardia e al recupero di specie a rischio. Nel primo caso, per esempio, le strutture non sono concepite per il benessere dell’animale – vedi gabbie con sbarre e abbondante utilizzo di cemento – ma per permettere al pubblico di vedere sempre e comunque l’esemplare; nel secondo caso, invece, abbiamo ampi recinti densi di vegetazione in cui l’animale può rifugiarsi se non ha voglia di farsi vedere. Non a caso, leggiamo spesso critiche di chi si lamenta di non aver visto l’animale indicato come presente. Infine, ritengo che uno dei migliori modi per insegnare il rispetto per l’ambiente sia proprio quello di recarsi nei Parchi faunistici e parlare con i responsabili o le guide naturalistiche che spiegano il corretto approccio. Nei miei corsi è sempre presente un naturalista che mi supporta nell’illustrare le caratteristiche degli esemplari e mai viene recato disturbo a un animale, anche a costo di perdere lo scatto. Cosa che non si può dire di molti tra coloro che fotografano in natura libera e si avvicinano ai nidi, causandone l’abbandono dei genitori.

Infine, segnalo che in un periodo di forte crisi dell’editoria, Rizzoli ha pubblicato un libro dedicato proprio a uno dei Parchi faunistici più importanti nel panorama europeo, l’Oasi di Sant’Alessio; Ermanno Olmi, che ne ha scritto l’introduzione, ha girato in Oasi parte del cortometraggio testimonial dell’Expo, Il pianeta che ci ospita. Il libro I segreti dell’Oasi – La natura meravigliosa di Sant’Alessio di cui sono coautore e di cui ho curato il coordinamento fotografico, spiega la storia di ogni specie presente in Oasi e quanto si è fatto per la tutela.

Claudia Rocchini
“Una scatto non particolarmente impegnativo, se non per la gestione a mano libera del 400 mm nel seguire l’esemplare in volo. Il gheppio americano, tra i più piccoli rapaci al mondo, ha uno stile di volo molto imprevedibile e rapido. La particolarità di questa fotografia è lo sguardo del volatile, che sembra fissare in camera”. Claudia Rocchini. Dimostrazione di volo presso Oasi di Sant’Alessio

Molto spesso giungono notizie di gravi “incidenti”, se così possiamo chiamarli: persone che per fare scatti trascurano le più elementari norme di buon senso e sicurezza personale, rimettendoci anche la vita. È colpa dell’entusiasmo del momento se si diventa così incoscienti o abbiamo ormai una percezione sbagliata della natura selvaggia?

Credo entrambi gli elementi. Mi viene in mente il recente episodio di quella donna in Sudafrica che ha fotografato una leonessa con i finestrini della jeep abbassati, ed è stata aggredita e uccisa dal felino.
Si viene presi dall’entusiasmo del momento e siamo influenzati anche da un’errata percezione, che definisco come una stortura disneyana, della natura selvaggia. C’è un eccesso di umanizzazione dell’animale che ha portato a pesanti distorsioni del concetto di rapporto tra uomo e natura, o uomo e animale. Un conto è il nostro rapporto personale verso l’unico soggetto che si ha di fronte, sia questo un gatto, una papera o una farfalla; altro conto è capire, conoscere, informarsi in merito al ruolo che la specie a cui appartiene quel soggetto assume nel contesto del rapporto fra uomo e natura. Nel primo caso l’approccio al singolo esemplare è quello che chiamo “approccio zoom”, nel secondo si passa alla “modalità grandangolo” per capire che esistono leggi ambientali che vanno rispettate e che l’umanizzazione che spesso ci induce a provare dei sentimenti verso il singolo esemplare, può rivelarsi inopportuna.

Claudia Rocchini
Esemplare adulto di lupo europeo, parte di un branco di otto presenti nel Parco faunistico La Torbiera

C’è un modo di fotografare relativamente in sicurezza: cosa ne pensi dell’uso dei droni e delle beetlecam? Non si rischia di diventare comunque “invadenti” con questo genere di strumentazioni?

Come in ogni cosa andrebbe usato un minimo di criterio: non sono contraria, per nulla, alle innovazioni tecnologiche che ci permettono di conoscere di più e meglio le meraviglie naturali, ma andrebbe creato un patentino ad hoc per chi le utilizza. Ma di buon senso, però, non di capacità tecniche di gestione dello strumento…

Claudia Rocchini
“Il ghiaccio crea momenti fotografici spesso molto buffi. Un pellicano europeo sembra danzare sul lago ghiacciato. Sullo sfondo, un ibis eremita di passaggio, pare osservarlo un po’ perplesso”. Claudia Rocchini. Oasi di Sant’Alessio

Ora ti farò una domanda che, come sei solita dire su facebook, «ti farà venire il mal di testa»… Nell’epoca del «c’ho più megapixel di te», «meglio canon», «meglio nikon», «ma in fondo anche con lo smartphone qualcosa si combina», è così fondamentale il mezzo se la foto arriva comunque a destinazione?

Mettiamola così: se c’è un momento ad alta densità emotiva e lo si coglie anche con uno smartphone, nessuno o quasi ti chiederà con cosa hai scattato; ma se quel momento non lo si coglie per inadeguatezza dello strumento, e non per limiti o incapacità personali, beh… un po’ girano. Il messaggio in sintesi è che bisogna sempre essere consapevoli di dove finiscono i limiti dell’attrezzatura e cominciano quelli di chi fotografa… il resto è aria fritta.

Claudia Rocchini
Un ritratto di un panda minore presso il parco faunistico La Torbiera. E’ una delle 100 specie di mammiferi a maggior rischio di estinzione. Lo scorso anno è nata una cucciolata di 4 esemplari.

Se avessi una valigia piena di consigli fotografici e avessi la possibilità di poterne regalare soltanto uno ai nuovi aspiranti fotografi, quale sceglieresti?

Di essere consapevoli, sempre e comunque, di quanto si sta facendo e di cosa si vuole ottenere. Di lasciar perdere, all’inizio, la resa tecnica e le discussioni sul punto di bianco bruciato o sul micromosso, per concentrarsi prioritariamente solo sulle basi della fotografia: composizione, gestione luce, postura, punto di ripresa. Se in una fotografia, seppur tecnicamente perfetta, mancano questi elementi, lo scatto sarà comunque da cestinare.

Claudia Rocchini
L’ocelot ospitato all’Oasi di Sant’Alessio in un’ampia voliera di circa 150 mq, con albero e stagno inclusi, cuccia invernale riscaldata e cuccia estiva ricavata in un tronco d’albero, è un esemplare adulto recuperato da un allevamento in cui veniva tenuto in una gabbia di cemento di pochi metri quadri. Scatto pubblicato su Vanity Fair.

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Lorena Nasi

Grafica pubblicitaria da 20 anni per un incidente di percorso, illustratrice autodidatta, malata di fotografia, infima microstocker, maniaca compulsiva della scrittura. Sta cercando ancora di capire quale cosa le riesca peggio. Ama la cultura e l'arte in tutte le sue forme e tenta continuamente di contagiare il prossimo con questa follia.

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