Cinque persone, mano nella mano, danzano in un girotondo surreale. È La danza di Henri Matisse, uno dei capolavori dell’artista francese. Esistono due versioni dell’opera: la più nota è un olio su tela del 1910 esposto a l’Ermitage di San Pietroburgo, mentre la versione precedente, realizzata l’anno prima, è ora custodita al MoMa di New York.
Non c’è opera migliore in grado di far comprendere lo stile del pittore: i tratti sono estremamente semplici, i corpi bidimensionali e i colori – solo tre, ma molto vivaci – sono privi di qualsiasi sfumatura. Un quadro quindi che punta sul simbolismo più che sul realismo, sviluppando una tecnica semplice, infantile ma estremamente efficace. Sembrano infatti i tratti di un abile bambino quelli di Matisse: il verde ai piedi dei danzatori rappresenta la Terra, di cui segue anche la curvatura; il blu intenso è invece un cielo lontano, ben più misterioso di quello che siamo abituati a vedere nelle limpide giornate d’estate; il rosso della pelle e dei capelli dei personaggi risulta poi irreale e in forte contrasto con la parte superiore e inferiore.
Matisse ne La danza gioca con i colori proprio come erano soliti fare i colleghi André Derain, Maurice de Vlaminck e Raoul Dufy, ovvero il gruppo dei fauvisti, le “belve” che accostavano colori forti in modo innovativo e impressionante. E proprio con i colori il pittore sintetizza le due versioni del suo dipinto. Del primo, parlandone durante un’intervista per Nouvelles nel 1909, dice: «Tre colori per un vasto pannello di danza: l’azzurro del cielo, il rosa dei corpi, il verde della collina».
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Riguardo al secondo, Matisse lo descrive con queste parole: «Il primo elemento della costruzione fu il ritmo, il secondo una vasta superficie blu scuro (allusione al cielo mediterraneo nel mese di agosto); il terzo un verde scuro (il verde dei pini mediterranei). Partendo da questi elementi, i personaggi non potevano che essere rossi, per ottenere un accordo luminoso». Eppure, l’opera all’epoca desta qualche perplessità: esposta al Salon d’Automne nel 1910, i critici la definiscono una «cacofonia demoniaca».
Nella sua semplicità, La danza di Matisse riesce a evocare sensazioni forti. I corpi sono dinamici e armonici ma, in basso a sinistra, il cerchio sta per spezzarsi tra due personaggi tesi uno verso l’altro, creando così una sensazione di equilibrio e gioia – quella data dalla danza – ma di paura al tempo stesso – provocata dall’imminente rottura dell’armonia. Il dipinto è altamente simbolico e si presta a molteplici interpretazioni. La più comune vede l’opera come una metafora della vita umana, una danza gioiosa in bilico sul mondo pronta a spezzarsi. Il quadro però potrebbe anche essere simbolo dell’infanzia, in un girotondo disordinato ma armonico di corpi messi a nudo in capo a un mondo irreale.
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