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L’Africa di Fabi, Gazzè e Silvestri è Sweet!

2 minuti di lettura

Prospettiva: punto di vista dal quale si inquadrano e si giudicano i fatti.

Un giudizio a cuor leggero, dettato dalla naturalità della vita di ognuno, in cui tutto ciò che vediamo appare così normale e ovvio. Molte persone vivono la propria esistenza sempre nello stesso ambiente, quasi rifiutando il fatto che ci possano essere più metri di misura, in quanto non sono presi in considerazione perché nemmeno mai immaginati. Ma è davvero così ovvio vivere come viviamo? Quanti giudizi si possono dare sulla stessa foglia che cade o sullo stesso uomo che vive? Niccolò Fabi, Max Gazzé e Daniele Silvestri, un trio che è da anni unito anche se non spesso sul palcoscenico, se lo sono chiesti e sono volati via. Una terra dal pensiero primitivo, sporcata da una civiltà forzata in cui è “la paura che ci arresta che ci tempesta, non insetti che volano ma proiettili sopra la testa”: il Sud Sudan.

Quindi cosa vuol dire cambiare prospettiva in tempi in cui le vite sono a reti unificate, flussi macroscopici in cui, però, ci sembra di aver perso le radici?

 

 

Qualche auto da fuoristrada, niente asfalto, niente comodità né carri attrezzi a distanza di telefonata, ma solo sorrisi e umanità che muove le mani quando il fango blocca le ruote e affossa la possibilità di proseguire. E’ il ritorno nel posto in cui siamo venuti ed eravamo, dimenticata sotto il cemento delle nostre case e strade che ci hanno permesso di muoverci e vivere nel benessere; il ritorno dell’uomo nell’ambiente dell’animale e delle cose semplici, dove non è la natura ad adattarsi alle esigenze umane ma, come è naturale che sia, viceversa. Persino un fiume, che nei paesi civilizzati è ovviamente valicato da un ponte per permettere a chiunque di attraversarlo in qualsiasi condizione, potrebbe essere un grosso ostacolo perché la natura non costruisce ponti ma crea solo i fiumi.

 

Un ponte lascia passare le persone

un ponte collega i modi di pensare

un ponte chiedo solamente

un ponte per andare andare andare

 

Ogni uomo è ciò che è grazie alle mille variabili del caso, a partire dalla nascita fino al suo ultimo respiro. Ma se i paesi cosiddetti civilizzati sono la punta dell’iceberg dell’evoluzione odierna, sicuramente ci sono parti di mondo che sono parte dell’iceberg ma che non sono la cima. Ci si dovrebbe ricordare, però, che ogni cima ha bisogno della sua montagna di ghiaccio o terra che sia, sotto, per sorreggersi. Quindi, è giusto usare spregiudicatamente ciò che eravamo ieri per aumentare l’altezza di ciò che siamo oggi? Paradossalmente, case di fango e mitragliatori di metallo lavorato. 

La cima, per salire, ha bisogno di portare avanti tutta la montagna, non, egoisticamente, solo se stessa. Altrimenti, poi, i pezzi si staccano e l’intera struttura crolla.

 

La paura che ci arresta che ci tempesta

non insetti che volano ma proiettili sopra la testa

È una puntura ma direi che è un po’ diversa

La cura c’è ma l’aria non è più la stessa

E continuare non è soltanto una scelta

ma è la sola rivolta possibile.

Senza dimenticare che dopo pochi chilometri

ci dovremo di nuovo fermare

 

E nonostante tutto, la precarietà del fango, la morte che sibila e ronza nell’aria, la malattia del brontolare della pancia, i denti bianchi si fanno ancora vedere e gli angoli della bocca sono rivolti verso l’alto. L’uomo rimane se stesso anche nella miseria più nera dell’Africa nera, sporcata anche da proiettili non voluti e che non arrivano dagli alberi e dal sole che tanto amano e amiamo. Così, Niccolò, Max e Daniele ci vogliono lasciare un messaggio diverso del loro viaggio, un “nonostante tutto” che è l’anima di tutto; una canzone a sei mani che porta il nome di “Life is Sweet”.

 

Da qui passeranno tutti o non passerà nessuno

con le scarpe nelle mani, in fila ad uno ad uno

Da qui passeranno tutti fino a quando c’è qualcuno

perché l’ultimo che passa vale come il primo

Life is sweet!

 

Andrea Brunelli

Studente di ingegneria a Trento con la passione per la musica, quella vera. Cercatore di verità oltre il muro grigio.

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