Un’arte immediata come la fotografia, soprattutto nella sua simultaneità al contemporaneo, è fedele al suo compito: in virtù della sua riproducibilità tecnica, rimane uno dei più straordinari e complessi strumenti nel rapporto con la realtà. Tra le sue infinite possibilità c’è la facoltà di confronto, quasi di scontro, con le realtà altre che possiedono quelle alterità in grado di renderci diversi nei confronti di ciò che abbiamo davanti, di sentire una sorta di limite invalicabile tra noi e l’altro. Diviene uno sforzo a cui i fotografi contemporanei sono sottoposti e ispirati, un contatto cercato e ricercato più volte. In ogni fotografo così si instaura una missione personale, che di solito si traduce in uno o più progetti, a breve o a lungo termine.
La fotografia di Kate Molenkamp come strumento di indagine socioantropologica
Ciò che ha attratto Kate Molenkamp, fotografa documentarista emergente con sede a Melbourne, Australia, è da subito lo studio delle persone, della società e della cultura, proprio con l’uso del mezzo fotografico.
La sua passione per l’antropologia e gli studi in fotografia presso la Royal Melbourne Institute of Technology (RMIT https://www.rmit.edu.au) sono sfociati nella sua prima pubblicazione avvenuta nel febbraio 2015, Outlander. Lo stesso anno, nel mese di giugno, ha esposto la serie a Melbourne.
Il suo sguardo è quello di uno straniero in Asia: la direzione del suo guardare non sembra un processo di condensazione di una cultura in una serie di immagini, piuttosto è la capacità di illustrare la falsità intrinseca che caratterizza il nostro incontro con ciò che è veramente estraneo. Come se questo fosse uno sforzo troppo grande.
In un paese come la Corea del Sud si condensa l’inconoscibilità essenziale dell’alterità, che viene rappresentata attraverso un operazione di confronting in un mondo dove i cambiamenti nei costumi, l’ordine e le funzioni della società sono percepiti uno per uno lentamente; e non soltanto fanno sentire estraneo, ma caratterizzano il vero mutamento in atto e il paesaggio stesso.
Perdersi nei particolari
Proprio sulla distanza inevitabile che si crea tra popolazioni diverse e su come questo diventi un modo di cambiamento che può scorrere da entrambe le parti indaga la Molenkamp. All’interno del paesaggio urbano c’è la sensazione che spesso lo sguardo dell’osservatore possa confondersi, perdersi nei particolari più estranianti, fino a fondersi con essi.
La serie Outlanders è un curioso accostamento di paesaggi urbani e elementi umani che dialogano e creano insieme un interessante punto di vista, diverso da quello del turista, diverso da quello di qualsiasi altra persona che non sia Kate Molenkamp. Di questo siamo almeno siamo certi: il nostro sforzo, curioso e intrigante, di indagare il mondo si dispiega di fronte ai nostri occhi sempre cambiato e pronto a offrirci ciò che meno ci aspettiamo. Così la semplicità di una passeggiata in una strada di Seul può diventare un metodo di analisi sociale e una sorta di crescita, anche in senso artistico e culturale, un arricchimento biunivoco, diverso ogni giorno.
Si guardi ad esempio come in questo scatto la presenza umana si faccia sottile e indiscreta, e questo spiegherebbe la scelta del titolo Outlander, inteso proprio come straniero, appartenete a un paese al di fuori di quello in cui chi guarda si trova in quel momento. Con la distanza, questo limite fatto da differenti lingue, diverse usanze e sembianze, la pubblicazione ha un approccio integro e si propone in doppia lingua, inglese e coreano, perché questa corrispondenza sia davvero reciproca.
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