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“Kamchatka” di Marcelo Figueras:
l’amore di una famiglia
contro l’orrore della dittatura

4 minuti di lettura

Scritto nel 2003 dall’argentino Marcelo Figueras e tradotto nel 2014 da Gina Maneri per la casa editrice “L’Asino d’oro edizioni”, Kamchatka è un romanzo ambientato in Argentina nel 1976. A fare da sfondo c’è una della pagine più buie del ‘900: il colpo di stato e la successiva dittatura instaurata nel paese da Jorge Rafael Videla. Il regime militare di Videla, filostatunitense e anticomunista, non ha avuto scrupoli a reprimere le opposizioni nel sangue. Chiamato “processo di riorganizzazione nazionale” da alcuni e “guerra sucia”, la guerra sporca, da altri, la brutale repressione dei ribelli, a opera di forze come la “Triple A” (Alianza Anticomunista Argentina), è stata una vera e propria guerra civile, che ha causato migliaia di morti e di desaparecidos.

Sulla dittatura argentina si è scritto e si scriverà e molto spesso le opere che ne parlano ricostruiscono con abbondanza di particolari la cinica e folle opera di rimozione del cancro ribelle per mano del governo. Ma anche la rabbia e la voglia di vendetta degli oppositori, spesso artefici di sanguinari attentati. Pagine che espongono il lettore al terrore della guerriglia, come quelle di La casa de los conejos di Laura Alcoba, o racconti spezza nervi scritti direttamente da chi la repressione l’ha vissuta sulla propria pelle, a calci nello stomaco, come Pasos Bajo el Agua di Alicia Kozameh. E poi c’è Kamchatka, che non è niente di tutto ciò. La sua forza straordinaria sta infatti nel coraggio di parlare di questo black-out dell’umanità senza parlarne esplicitamente.

kamchatka

Non ci sono sangue, torture o proiettili in Kamchatka. Bensì c’è una narrazione di vita familiare, filtrata attraverso lo sguardo di un bambino di dieci anni, appassionato di fumetti e supereroi. C’è un fratello più piccolo, di cinque anni, da lui soprannominato il Nano, che ha un’unica missione: la distruzione di tutto ciò che incontra. Una mamma che insegna Fisica all’università ed è dotata di superpoteri come il sorriso disintegratore, lo sguardo di ghiaccio, l’urlo paralizzante, il pizzico fatale e… nessun punto debole. Un papà avvocato, che ha uno studio a Buenos Aires, e che come sua moglie è attivamente impegnato in politica, militante della sinistra argentina. C’è il bisogno di scappare da casa, dalla scuola e dal lavoro per sfuggire ai raid della Triple A che stanno decimando gli oppositori.

Ma soprattutto c’è la voglia di due genitori di resistere e dare ai propri figli una quotidianità che sia la più normale possibile, rifugiandosi in una sorta di bolla che li difenda e li nasconda dal mondo esterno. E per rendere il tutto meno spaventoso e più confortevole possibile per i due piccoli, mamma e papà trasformano la clandestinità in un gioco da giocare 24 ore al giorno, 7 giorni alla settimana: ogni membro della famiglia dovrà crearsi un’ identità segreta. Per il nostro protagonista la scelta del suo nome ricade su “Harry”, per un motivo molto affascinante: nella casa in cui si sono trasferiti ha trovato un libro sulla vita di Harry Houdini, dal quale è rimasto talmente stregato da aver deciso di diventare un escapologo.

Come gli appassionati dei carrarmatini colorati avranno già intuito, la Kamchatka è proprio quella del Risiko (o in questo caso del TEG, la versione argentina del gioco), la piccola regione dal nome esotico e un po’ buffo, defilata, lontana dagli stati più importanti e contesi e quindi dal centro dell’azione. Harry è un appassionato del gioco, nonché eterno sconfitto nelle partite contro suo papà. La Kamchatka qui assume un ruolo fondamentale: come Harry imparerà dal suo papà, la piccola regione è un simbolo dell’estraniazione, della resistenza, di quell’esilio (mentale e fisico) in cui rifugiarsi, lontano dalle bombe, dalle torture, dai vuelos de la muerte, dalle incursioni dei guerriglieri. Da un mondo che non è assolutamente a misura di bambino e dal quale Harry e suo fratello devono rimanere fuori, isolarsi, anche a costo di separarsi dalla loro famiglia. Come Figueras stesso ha commentato, nello scenario orribile della guerra sucia, Harry e suo fratello sono totalmente innocenti, non hanno nessuna colpa, non possono averne. Sebbene abbiano vissuto sempre a contatto con i militanti (la loro vecchia casa ne era un ritrovo) non comprendono cosa facciano davvero quelle persone, così come non comprendono fino in fondo le ragioni del loro trasloco o delle difficoltà lavorative dei genitori.

Kamchatka è stato paragonato da molti a La vita è bella, il film vincitore di tre premi oscar diretto e interpretato da Roberto Benigni, parzialmente ambientato in un campo di concentramento. Come in La Vita è Bella, la realtà dei fatti è troppo assurda e terribile per essere spiegata a un bambino. Non è traducibile. E allora forse è meglio dire il meno possibile, proteggere i propri figli e dargli modo di essere bambini, farli giocare, farli sognare ancora di poter diventare astronauti, pompieri o perché no, escapologi. Non esporli all’orrore e alla follia, ma fingersi attori consumati e ingannarli a fin di bene. Almeno fin che ci si riesce. Lasciare che i bambini rimpiazzino una ricostruzione dei fatti precisa e dettagliata con una loro versione, più adatta a loro. Nel caso de La vita è bella  la detenzione diventa un gioco a premi nel quale chi vince si porta a casa un carrarmato. Nel caso di Harry, ciò che succede viene da lui interpretato attraverso gli schemi che gli sono più familiari: quelli dei suoi film e telefilm preferiti, dei fumetti, della storia di Houdini.

Tra le pagine di Kamchatka si legge anche tutto l’amore di Marcelo Figueras per la sua vera mamma. Scritto, come lo stesso autore ha rivelato, per rimediare a quell’addio mai dato alla madre morta di cancro da giovane, anche Kamchatka ha il suo supereroe. E il suo superpotere più grande è l’istinto materno. La mamma di Harry è un disastro in cucina e come donna di casa lascia un po’ a desiderare. Ma è eccezionale nel trovare la forza e la lucidità (aiutata da un marito brillante e altrettanto eroico) di far finta che vada tutto bene, anzi, di far andare tutto bene, di proteggere i suoi carrarmatini dal caos là fuori. Di resistere e insegnare a resistere.

Dal romanzo è stato tratto anche l’omonimo film, diretto da Marcelo Piñeyro.

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Yuri Cascasi

Nato nel 1991, laureato in Lingue e Letterature Straniere all'Università degli Studi di Milano. Molte passioni si dividono il mio tempo, ma nessuna riesce a imporsi sulle altre. Su di me, invece, ci riescono benissimo.

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  1. […] Scritto nel 2003 dall’argentino Marcelo Figueras e tradotto nel 2014 da Gina Maneri per la casa editrice “L’Asino d’oro edizioni”, Kamchatka è un romanzo ambientato in Argentina nel 1976. A fare da sfondo c’è una della pagine più buie del ‘900: il colpo di stato e la successiva dittatura instaurata nel paese da Jorge Rafael Videla. Continua a leggere… […]

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