Kafka sulla spiaggia, il libro pubblicato da Murakami nel 2002, è quel genere di romanzo a cui non daresti neanche un’opportunità conoscendone la spoglia trama senza aver sfogliato nessuna delle sue pagine. Se cadessimo in questo errore però, ci perderemmo forse la punta di diamante di tutta la produzione del suo eccentrico, contorto autore.
La felicità è sempre uguale, ma l’infelicità può avere infinite variazioni, come ha detto anche Tolstoj. La felicità è una fiaba, l’infelicità un romanzo.
Il libro, collocabile nello stile “realista – magico” vede lo svilupparsi e l’intrecciarsi di due storie parallele: quella del giovane Tamura Kafka e quella di Nakata.
Tamura è un giovane quindicenne molto precoce per la sua età a causa di un’infanzia complessa che vede, tra le altre cose, l’abbandono della madre all’età di quattro anni. Il ragazzo quindi decide di fuggire il giorno del suo compleanno, trovando come alloggio l’enorme biblioteca privata di Takamatsu dove presterà servizio in cambio di un tetto. Tra i numerosi riferimenti a Franz Kafka, il lettore verrà catapultato in una dimensione parallela: crescerà con il piccolo Tamura, ne vivrà in prima persona le vicende e assaporerà con lui la voglia di sapere che il ragazzo svilupperà enormemente circondato da quelle centinaia di volumi. Sorge un po’ la voglia, leggendo questa storia, di scappare da noi stessi, di fuggire e rintanarsi in un analogo tempio di conoscenza vivendo nella visione romantica simile a quella proposta in queste pagine.
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La seconda storia, che si intervalla nei capitoli di Kafka sulla spiaggia, racconta invece della vita di un vecchio “pazzo” di nome Nakata. A causa di un misterioso incidente quando era bambino, nel 1944, Nakata non ha la capacità di leggere o scrivere, vive con un sussidio d’invalidità e, per arrotondare il suo salario, aiuta gli abitanti del quartiere a ricercare i gatti perduti. Perché con loro lui ha un rapporto privilegiato: li capisce, sa entrare in sintonia, e si dice che addirittura sappia comunicare con loro telepaticamente. La sua storia è così partecipata prettamente da felini, dato che solo con loro lui riesce a sentirsi compreso. Vi è un intricato mistero tra le pagine della sua vita, che disegnerà piano piano la storia del personaggio, con continui rimandi al passato e a quel misterioso incidente avvenuto molti anni prima e destinato a cambiare radicalmente la vita di Nakata.
Tamura e Nakata non si incontreranno mai, eppure sono profondamente legati nella narrazione. In maniera estremamente complessa – ma profondamente accattivante e coinvolgente agli occhi del lettore – tutte le misteriose coincidenze ed i rimandi al passato, renderanno le due storie un tutt’uno all’interno del libro.
Kafka sulla spiaggia è qualcosa di straordinario. Il vero significato del libro diventerà sempre più chiaro man mano che il libro si consumerà tra le mani del lettore; a seconda dell’angolazione che useremo per guardarlo e capirlo, sembrerà che ci sia sempre qualcos’altro da capire e che questo ci voglia insegnare. I personaggi sono capaci di legarsi indissolubilmente a coloro che li scopriranno dimostrandosi quasi reali. Questi vivono in un mondo simile al nostro ma non uguale, che comunque, grazie alle poderose tecniche di narrazione di Murakami, ci farà sentire suoi cittadini.
È il classico libro che non si vuole svelare tutto in una volta e che lascia la libertà al lettore di poterne interpretare molte sfaccettature come le riconosce più proprie. Per questo i punti di riflessione sono talmente vari e cospicui da invogliare il lettore, in un futuro non prestabilito, a riassaporare la scoperta rileggendolo ancora.
Margherita Vitali
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