Scoppia la guerra e qualcuno la racconta. È il compito dei giornalisti: dare voce ai conflitti in tempo reale, l’abbiamo visto bene in questi mesi. Scoppia la guerra e qualcuno la vive. È il compito degli scrittori e delle scrittrici: dare voce a chi la sente scottare sulla propria pelle, a chi respira la paura e l’odore di bruciato. Gli anni Novanta sono stati segnati dal conflitto nei Balcani che si è concluso con la dissoluzione non indolore della Jugoslavia. Anni duri, freddi e impauriti che portarono all’eterno dilemma: partire o restare?
Lo rende bene Alessandra Carati nel suo E poi saremo salvi, in finale al Premio Strega 2022: «Saremmo rimasti al di qua del confine con il nostro destino di spettatori della catastrofe. L’orrore immaginato avrebbe scavato una trincea intorno a ciascuno di noi». Gli anni Novanta di Aida sono sospesi tra due paesi, la Bosnia e l’Italia. Dalla prima scappa, nella seconda non è facile integrarsi. Tutto il libro è attraversato dalla costante sensazione della vita altrove, del sentirsi stranieri dappertutto, abitanti di una terra di tutti e di nessuno. Aida la guerra la vede solo da lontano, dalle immagini della televisione e dalle informazioni che arrivano in Italia da parte dei parenti. La vede negli occhi stanchi di sua madre, rinchiusa in un bozzolo di sofferenza e sempre più distante dalla realtà.