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Innamorati di Jean-Paul Sartre

Breve guida all'autore

5 minuti di lettura

Jean-Paul Sartre è stato uno dei più grandi filosofi esistenzialisti del ‘900, che oltre alla produzione filosofica ha anche elaborato una densissima produzione letteraria, dove lo scrittore/filosofo riesce, attraverso la finctio letteraria, a dare corpo al suo pensiero. Per questa sua produzione gli verrà conferito il premio Nobel per la letteratura nel 1964, che poi però rifiuterà.

Sono condannato a vivere sempre al di là della mia esistenza, al di là dei moventi e dei motivi del mio atto; sono condannato ad essere libero

Chi era Jean-Paul Sartre?

Jean-Paul Sartre nacque a Parigi nel 1905, si appassiona fin da ragazzo alla filosofia e si laurea alla École normale supérieure. Qui conosce Simone de Beauvoir, con la quale avrà un sodalizio che durerà tutta la vita. Conclusa l’università inizia ad insegnare nei licei, finché non gli viene data la possibilità di fare un corso di perfezionamento a Berlino, dove entra a contatto da vicino con la fenomenologia di Husserl.

Verrà arruolato nell’esercito francese negli anni ’40 per combattere l’invasione nazista, e si rifiuterà poi, dopo la disfatta della Francia, di essere parte dell’esercito collaborazionista di Vichy e incomincerà a militare nel gruppo di resistenza Combat, di cui farà parte anche Albert Camus.

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Nel primo dopoguerra Jean-Paul Sartre fonda la rivista Le Temps Modernes ed incomincia ad ottenere una certa fama. Da lì infatti non solo si impone come modello dell’intellettuale, ossia l’intellettuale impegnato e organico alle cause civili, ma addirittura anche il suo quartiere di residenza, Saint Germain des Prés a Parigi, inizia ad assumere quei tratti iconici da “quartiere degli intellettuali” per cui ancora oggi viene visitato.

In questi anni sposerà la visione marxista radicale, ma rifiuterà non soltanto la visione stalinista, in particolare dopo la destalinizzazione, ma anche l’asservimento all’Urss del Partito Comunista Francese, da cui tra l’altro uscirà, per poi tornarvici più tardi.

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Si impegnerà molto sul versante civile, infatti, oltre alla critica contro l’imperialismo capitalistico americano, criticherà il gaullismo in Francia, e denuncerà il colonialismo francese dell’Algeria, sostenendo la loro liberazione che in quegli anni si andava profilando.

Ma la cosa più interessante di Jean-Paul Sartre è certamente il suo pensiero filosofico.

Il pensiero filosofico di Jean-Paul Sartre

Sarebbe impensabile parlare della produzione letteraria di Jean-Paul Sartre senza fare menzione, almeno per sommi capi, del suo pensiero filosofico, poiché le due cose sono di per sé una in relazione all’altra.

Sartre rappresenta il culmine dell’esistenzialismo del ‘900, un esistenzialismo ateo, e vuole coniugare una visione marxista, e quindi collettivista, con quelle che sono le libertà umanistiche, e dunque individuali.

Il concetto di libertà infatti è molto importante nella filosofia sartriana, poiché pur mantenendo il materialismo storico e lo storicismo dialettico comunque fa prevalere l’idea di libero arbitrio sul determinismo. La conseguenza è che l’uomo è fondamentalmente libero e non soggiogato ad un’esistenza determinata, e dunque potenzialmente potrebbe anche trovare una realizzazione di sé, essere felice, ma alla fine non ci riuscirà mai. L’uomo-dio alla fine non è altro che un Dio fallito. D’altronde la sua libertà è fasulla poiché scaturisce perlopiù dal fatto che non si conoscono i motivi dell’atto del vivere.

Questa libertà, che si rivela nell’angoscia, può caratterizzarsi con l’esistenza di quel niente che si insinua tra i motivi e l’atto. Non già perché sono libero, il mio atto sfugge alla determinazione dei motivi, ma, al contrario, il carattere inefficiente dei motivi è condizione della mia libertà.

L’essere e il nulla

La conseguenza è che la libertà non è altro che una condanna a cui l’uomo deve sottostare, e l’esistenza alla fine porta all’angoscia, oppure alla nausea. Tutto ciò viene scritto nelle due grandi opere nell’epoca della guerra: una letteraria, La nausea (1938), e una filosofica, L’essere e il nulla (1943).

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Anni più tardi scriverà L’esistenzialismo è un umanismo (1946), e qui è da notare l’idea di soggettivismo dell’uomo, che deriva dall’idea che “l’esistenza precede l’essenza”. La conseguenza, diversamente dal pensiero precedente, è che l’uomo nella sua libertà può scegliere di essere ciò che vuole, e tenderà a scegliere il bene. Ma nel farlo condizionerà con la propria scelta tutta la collettività, divenendo in qualche modo fautore di un’epoca. Dunque la soluzione finale è che l’uomo può trovare soddisfazione nella realizzazione di sé, ma dal momento che questa è una responsabilità verso tutta l’umanità, l’uomo dovrà compiere il bene collettivo attraverso l’impegno sociale. Così la realizzazione dell’uomo è l’impegno sociale. Per Jean-Paul Sartre questo impegno sociale è naturalmente in primis l’impegno marxista.

In realtà sono molte le cose ancora da dire, o da approfondire, sul pensiero di Sartre, noi ci limiteremo a questo, ma si rimanda il lettore ai manuali e alle opere del filosofo. Nei prossimi paragrafi, invece, ci dedicheremo alle tre opere da leggere per avvicinarsi alla produzione letteraria di Sartre.

Per iniziare: «La nausea» (1938)

Antoine Roquentin si stabilisce nella città di Bouville, dopo aver a lungo viaggiato, e lo fa per continuare la sua tesi di dottorato in Storia.

La vita di Antoine è fatta di ricordi, di un passato invadente e di un presente che in qualche modo non si compie mai, rimane sempre in una sorta di vaghezza e incompiutezza. E la sensazione che lo prende ogni qualvolta si accorge della sua condizione, si accorge in qualche modo di esistere, di essere parte del mondo, è la nausea.

Questo sentore dolce e allo stesso tempo orribile lo pervade, lo riempie completamente, e la libertà, la libertà dell’esistenza, si accorge essere soltanto un qualche cosa di terribile, una condanna.

Questo romanzo scritto nel 1938 è forse il capolavoro letterario di Sartre, ed è scritto negli stessi anni dell’opera filosofica L’essere e il nulla.

Per continuare: «Il muro» (1939)

Il muro è una raccolta di cinque racconti pubblicata da Sartre nel 1939, dunque un anno dopo La nausea. Anche qui è molto pregnante la presenza del pensiero del filosofo, infatti si parla dell’esistenza di una serie di protagonisti che però hanno un che di dostoevskijano. Infatti la narrazione, come quella dell’esistenzialismo di Dostoevskij, tende a svelare, sottesa all’esistenza di questi uomini tutte le loro atrocità, le loro viltà, menzogne, follie e impotenze, in degli spaccati di vita che paiono in qualche modo convergere tutti in un punto finale: l’insensatezza dell’esistere.

La raccolta di racconti è considerata l’opera più inquietante di Sartre, tant’è che in Italia fu addirittura denunciata per oltraggio al pudore e sequestrata nel 1947.

Innamorati di Jean-Paul Sartre: «Le mani sporche» (1948)

Le mani sporche è un’opera teatrale di Jean-Paul Sartre che fu particolarmente discussa per via del suo contenuto politico.

Quest’opera, che si collega molto all’idea di soggettivismo e libertà di cui si parlava sopra, ha in realtà due inizi. Il primo è quello che vede il giovane comunista Hugo uscire di prigione in cui era rimasto due anni per aver ucciso il capo del partito, Hoederer.

Sentendosi braccato dagli altri compagni si rifugia a casa di un’amica e le chiede aiuto affinché lei potesse in qualche modo riinserirlo nel partito. La richiesta dei compagni sarà quella di fornire una spiegazione valida per l’uccisione del capo.

Così da qui parte un nuovo inizio dove ognuno cerca di dare una versione diversa dei fatti per poter in qualche modo trovare una soluzione, una via di fuga per se stesso. Così Hugo, l’amica, lo stesso Hoederer forniscono le loro spiegazioni e in questo modo, consapevoli della loro libertà affermano con se stessi, con la loro esistenza, il loro piccolo mondo collettivo.


In copertina: Artwork by Madalina Antal
© Riproduzione riservata

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Vladislav Karaneuski

Classe 1999. Studente di Lettere all'Università degli studi di Milano. Amo la letteratura, il cinema e la scrittura, che mi dà la possibilità di esprimere i silenzi, i sentimenti. Insomma, quel profondo a cui la parola orale non può arrivare.

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