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Un itinerario alla scoperta del patrimonio della Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea di Latina

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8 minuti di lettura

Una inedita testimonianza del direttore Francesco Tetro
A cura di Lauretana Sciscione e Sara Taffoni

Latina, città dell’Agro Pontino, fondata con il nome di Littoria durante il ventennio fascista, è uno scrigno dell’architettura italiana del Novecento. Inaugurata il 18 dicembre 1932, vede la luce a partire dal progetto dell’architetto e urbanista Oriolo Frezzotti, incaricato, solo poco tempo prima, di realizzare l’impresa da Benito Mussolini e Valentino Orsolini Cencelli, presidente dell’Opera Nazionale Combattenti. Lo stesso Frezzotti cura due anni più tardi il piano di ampliamento della città che nel 1934 diviene capoluogo di provincia.

Oggi visitare Latina, testimone muta di un drammatico momento storico, permette di camminare in un museo a cielo aperto e vivere quella particolare atmosfera sospesa di dechirichiana memoria che le forme architettoniche creano giocando con la luce.

Tra le rilevanti costruzioni cittadine si vuole porre l’accento su quello che oggi a Latina è il Palazzo della Cultura, lungo Viale Umberto I, in quanto sede, dal 1996, della Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea di Latina. Quest’ultima, inaugurata ufficialmente nel 1937 con il nome di Galleria d’Arte Moderna – Città di Littoria, è collocata all’epoca della fondazione negli spazi dell’Istituto Tecnico Commerciale Vittorio Veneto prima e nel piano terra del Palazzo Comunale poi. La Galleria, nel 1937, come emerge dal catalogo pubblicato nel luglio di quell’anno, vanta una collezione permanente di 397 opere tra pittura, scultura e arti applicate  ̶  donate a Littoria da istituzioni e artisti dal 1932 ed in parte esposte, tra il 1935 e il 1937, alla II Quadriennale di Roma e alla XX Biennale di Venezia  ̶ , salite a circa 500 nel febbraio del 1939 e probabilmente aumentate negli anni successivi, quando il Comune inizia ad acquistare opere d’arte. Gli eventi bellici causano la dispersione delle opere della ricca collezione tra varie istituzioni pubbliche della città mentre di moltissime se ne perdono le tracce.

Solo dal 1996, con l’inaugurazione della Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea di Latina, vengono esposte le opere perdute e poi recuperate grazie all’impegno dell’attuale direttore della Galleria, Francesco Tetro, sostenuto dalle istituzioni comunali e dal Nucleo del Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Artistico. L’odierna collezione permanente – il cui riallestimento è realizzato da Tetro e inaugurato nel dicembre 2017 – non è la medesima del 1937: alle opere ritrovate si aggiungono quelle acquistate dal Comune e quelle donate da artisti ancora viventi o dai loro eredi, nell’ottica di privilegiare la produzione artistica italiana tra le due guerre.

Uno spazio della Galleria è, inoltre, destinato a importanti mostre temporanee: tra queste, Sibò futuristaOmaggio a 110 anni dalla nascita di Pierluigi Bossi, in occasione della quale la figlia dell’artista, Simona Bossi, ha donato alla Galleria una preziosa tempera su cartone del padre: Primo Bozzetto per la nascita di Littoria (1936-‘37); o anche l’esposizione Altre stanzeAnni ’50 e ’60, realizzata grazie alla collaborazione tra l’Amministrazione comunale e la Banca d’Italia, con più di 40 opere tra dipinti, sculture e ceramiche di artisti come Corrado Cagli, Lucio Fontana, Giorgio De Chirico, Emilio Vedova, Renato Guttuso, Carla Accardi, Ugo Attardi, Franco Angeli, Enrico Baj, Alberto Burri, Tano Festa, Mario Mafai e Mario Schifano e altri maestri.

Attraverso le parole del direttore Francesco Tetro si vuole contribuire alla conoscenza di questo spazio museale, protagonista indiscusso del patrimonio italiano.

Lei si è occupato del primo allestimento della Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Latina. Abbiamo letto che fu Giulio Carlo Argan a rivolgerle l’invito di ricostruire l’intera vicenda della collezione dispersa durante la guerra. Cosa ricorda di quei tempi e del lavoro svolto?

Per ricostruire la collezione permanente, dispersa durante la Seconda Guerra, è stato di fondamentale importanza recuperare le foto delle opere che la costituivano. In una libreria antiquaria di Bologna ho avuto la fortuna di reperire il catalogo della Pinacoteca del 1937, in cui vengono menzionate 397 opere e sono presenti alcune fotografie delle stesse. Da qui è nata l’idea di portare avanti questa ricerca, tanto da parlarne con alcuni dei miei professori del corso di Perfezionamento in Storia dell’Arte dell’Università La Sapienza di Roma, di cui era preside Giulio Carlo Argan. Solo nel 1993, però, ho ricevuto mandato dal sindaco di Latina Ajmone Finestra di sostituire l’assessore uscente e ho iniziato una stretta collaborazione con il Nucleo del Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Artistico. Come dicevo inizialmente, le foto ci hanno aiutato a rintracciare le opere dislocate presso uffici pubblici e scuole, forti del fatto che anche dopo 50 anni, dimostrando la loro appartenenza alla pinacoteca, non fosse possibile applicare l’usucapione. Fondamentale è stata la consultazione dei cataloghi della II Quadriennale di Roma del 1935 e della XX Biennale di Venezia del 1937, a cui risalivano la maggior parte delle opere del nucleo fondante.

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Un contributo importante è arrivato anche dalla ricerca di archivio. A partire dai miei studi sul simbolista romano Vittorio Grassi, grande amico di Umberto Prencipe, ho conosciuto Sabrina Spinazzè, presidente dell’Archivio Umberto Prencipe e curatrice della Galleria Prencipe di Roma, che nell’archivio ha rintracciato le foto di opere della Pinacoteca di Latina risalenti agli anni Trenta. Nonostante la solerte collaborazione con il Nucleo dei Carabinieri, spesso la difficoltà nella riappropriazione è stata la discrepanza tra il titolo dell’opera presente in una foto e quella della stessa nel catalogo dell’epoca. Si sono creati dei contenziosi tra privati e istituzione pubblica: è tutt’ora un progetto aperto!

Un esempio tra tutti che ci terrei a sottolineare è il caso del quadro Campagna Romana di Achille Vertunni, ritrovato esposto nel Museo d’Arte Moderna di Indianapolis: una delle fondamentali prove documentate di come siano avvenuti nel tempo i recuperi delle opere perse ma anche una testimonianza storica e umana. L’opera, infatti, riportata e accolta nella Galleria Civica (2000) con la partecipazione di autorità locali e americane, è stata riconosciuta da una signora presente nel pubblico. La donna negli ultimi anni della Seconda Guerra aveva circa 11 anni: Latina era deserta, la maggior parte dei cittadini si erano rifugiati nei paesi limitrofi e lei arrivò a piedi in città attraverso i campi per recuperare degli oggetti di famiglia nella propria abitazione. Al ritorno, lungo la via Epitaffio, fu fatta salire su un camion dentro il quale ha ricordato di aver visto le opere dell’allora pinacoteca e in particolare proprio il quadro di Indianapolis. All’angolo dell’Epitaffio, quando girarono per dirigersi verso Cisterna, venne fatta scendere e il camion, mitragliato poco dopo, uscì di strada.

La storia di una parte di questo nucleo rubato si intreccia con gli studi di Lorenzo Cantatore su Palma Bucarelli. Emerge, infatti, che nel 1944 l’allora direttrice della Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma fu contattata per l’acquisto di alcune opere. Resasi conto che erano proprio quelle che la GNAM aveva concesso in comodato d’uso permanente alla Pinacoteca di Littoria, da lì sottratte durante il periodo bellico, simulò interesse all’acquisto. Il risultato fu il recupero di alcune delle opere in presenza dei Carabinieri e la riappropriazione delle stesse da parte della GNAM, dove tutt’oggi si trovano.

L’intento di coloro che iniziarono a curare la collezione dell’allora Galleria di Arte Moderna di Littoria era quello di promuovere le opere dei migliori artisti italiani e la gigantesca opera di redenzione della palude pontina; quale potrebbe essere oggi la motivazione di questa

Istituzione nella città di Latina, definita esempio di architettura Razionalista?

L’idea di istituire una Galleria di Arte Moderna di Littoria nacque da un docente di disegno e pittore catapultato a Littoria in quanto vincitore di concorso. In una città dove arrivarono genti da tutta l’Italia lo scopo era di far sentire rappresentate le diverse anime regionali dell’arte. Oggi bisogna consolidare la Galleria, i nostri tesori sono le opere del periodo compreso tra le due guerre, è questo lo zoccolo duro da cui partire per la contemporaneità, aprendo ad artisti che rappresentino non solo la cultura italiana ma quella internazionale. La Galleria Civica, inserendosi in una città il cui impianto urbanistico richiama le tendenze del periodo di fondazione, con validi esempi di Novecento − soprattutto nell’architettura residenziale, come il quartiere Nicolosi (unico esempio di architettura e urbanistica razionalista) e Piazza Roma −, corrobora la portata culturale della città.

Abbiamo avuto modo di leggere un’ intervista nella quale esprimeva particolare interesse per i depositi della Galleria, considerati luoghi affascinanti e da valorizzare; prevede per queste opere dei riallestimenti ciclici, così da garantire un’alternanza delle opere esposte?

Nei depositi ci sono anche opere importanti degli anni ’60, altre degli anni ’70-‘80 acquisite dall’Istituzione pubblica in esposizioni dell’epoca, altre meno significative. Attualmente nella prima sala della Galleria, al centro, ci sono le opere recuperate e, alle pareti, quelle ridonate dagli eredi degli artisti presenti nel ’37 per ricreare un bagno di colore del Novecento, apprezzato dai visitatori. Oggi siamo arrivati a quasi 500 opere e nei momenti di vuoto della seconda sala – adibita ad esposizioni  temporanee − prevediamo a rotazione l’esposizione delle opere più interessanti presenti nei depositi. Mancano opere dell’Ottocento e gli astratti che non erano rappresentati nemmeno nella collezione storica.

Le ultime esposizioni del dicembre 2017 “Sibò futurista” e “Altre stanze” dell’inizio di quest’anno hanno dimostrato un’apertura verso gli sperimentalismi del ‘900. Saranno seguite da altre iniziative simili?

Il nostro obiettivo dopo le ultime esposizioni è mantenere una continuità, non lasciare che intercorra troppo tempo tra l’una e l’altra, perché solo così la città e anche la realtà extraurbana – la stessa Roma – possono costruire nel tempo un rapporto con la Galleria. Era prevista una mostra su Sironi invece è stata spostata di un paio di mesi, purtroppo questo rende le iniziative sporadiche mentre la cittadinanza deve abituarsi alla regolare alternanza di nuovi allestimenti. Seguirà una mostra di artisti giapponesi dell’Otto-Novecento che ho curato per il Ministero degli Esteri ed infine è programmata una esposizione di opere di Virgilio Marchi.

In questa città e in Provincia sono numerose le mostre di artisti locali organizzate in spazi espositivi privati. In che modo la Galleria si pone con queste realtà?

Per ora il Comune non ha altri spazi per organizzare mostre contemporanee, l’unico modo è aspettare che vengano svincolati i finanziamenti già arrivati per il restauro conservativo dell’ex Garage Ruspi: lì andrà l’arte contemporanea. Per quello spazio venne fatto un concorso di idee a cui avevo partecipato anche io. All’epoca era disponibile anche lo spazio del parcheggio attiguo. Io con altri colleghi prevedemmo sia un restauro conservativo sia una piazza aperta in cui poter realizzare studi d’artista da assegnare a rotazione. Arrivammo terzi. Gli spazi sono molto grandi e ci sarebbe la possibilità di realizzare anche un soppalco per aumentare lo spazio espositivo. Lì potrebbe essere esposto il contemporaneo dagli anni ’60 in poi, mentre per nuove acquisizioni patrimoniali si potrebbero fare dei concorsi a tema.

Si è mai pensato di lavorare a nuove pubblicazioni per valorizzare l’attuale patrimonio permanente della Galleria Civica?

L’obiettivo è di pubblicare un terzo volume aggiornato della Galleria, in cui oltre alle opere della storica pinacoteca siano censite le nuove acquisizioni contemporanee, accompagnate da schede di presentazione degli artisti.

Con quale modalità l’offerta culturale della Galleria arriva agli studenti dei diversi ordini di scuola? Nell’ambito dell’alternanza scuola-lavoro realizzate stage con gli studenti della scuola superiore?

Abbiamo coinvolto le scuole fino alle medie tramite visite guidate nella Galleria mentre le scuole superiori attraverso l’alternanza scuola-lavoro. In quest’ultimo ambito, ci sono stati validi esempi di collaborazione tra il Liceo Artistico di Pomezia, il Liceo G.B. Grassi di Latina e il polo museale di Maenza  ̶  di cui sono direttore  ̶ , che hanno portato alla pubblicazione di una guida, alla realizzazione di pannelli e manifesti; la stessa cosa si sta tentando di fare con il Liceo Artistico di Latina e le Istituzioni museali della città. Un altro rapporto con l’istruzione pubblica lo abbiamo creato grazie alle 150 ore di tirocinio pre-laurea con le università. Abbiamo già avuto due ragazze che hanno lavorato con noi: la prima ha realizzato le etichette di tutte le opere mentre l’altra, impegnata a scrivere una tesi sugli erbari portoghesi nel 1500, si è dedicata all’osservazione dei dettagli floreali nell’arte di Cambellotti. Poi, sono arrivati recentemente cinquanta studenti da Berlino e dal Politecnico di Milano interessati a scoprire l’architettura e la storia della nostra zona.

Redazione

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