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Illustrazione di Gustave Doré del Canto 31

Vagliami ’l lungo studio e ’l grande amore: insegnare la Divina Commedia

In che modo è possibile far sì che preadolescenti e adolescenti si innamorino della Divina Commedia?

5 minuti di lettura

Esistono insegnanti che a tutti i costi vogliono far amare agli studenti Dante Alighieri e la sua Divina Commedia, se non per il nobile scopo di propagare un amore vivo che portano nel cuore, quantomeno per uno scrupolo intellettuale o professionale. È un obiettivo comprensibile, ma la pretesa che Dante Alighieri piaccia a tutti al primo colpo è un’utopia romantica, mettiamoci il cuore in pace. Questo perché la formula magica non esiste per nessun argomento: ogni classe è diversa, ogni studente è diverso, e ogni insegnante ha la responsabilità di tenere acceso il lumicino della passione per ciò che insegna, cercando di propagare questa fiamma nei discenti. Però è inevitabile scontrarsi prima o poi con studenti che sembrano refrattari alla materia.

È qui che si ha la percezione che il meccanismo si sia inceppato e che si inizia ad andare a caccia di soluzioni alternative al tradizionale lavoro sul testo, finendo paradossalmente per allontanarsi di molto dal senso originale delle terzine dantesche, cercando una soluzione pop che cerchi di tenere le classi incollate alla Commedia con il fiato sospeso, come davanti ai video da 15 secondi di TikTok e di Instagram. Appaiono quindi canali social, libri per ragazzi in chiave umoristica, video realizzati con l’AI, videogiochi e così via, pronti a essere dati in pasto agli studenti per convincerli del fatto che l’opera del poeta fiorentino è degna del loro tempo.

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Nel frattempo, alcuni docenti (non solo i più anziani) si arroccano su posizioni estremamente conservatrici, rigettando in blocco ogni diavoleria post-Novecentesca e ostinandosi a proporre un Dante intoccabile e perfetto solo se colto nella purezza del testo originale. Ma dove sta la via di mezzo tra il conservatorismo adorante e bigotto e l’avanguardia più sfrenata? Quali sono i limiti e le risorse della letteratura in questa chiave?

Prima di tutto, è fondamentale non ridurre il nostro rapporto con Dante Alighieri al solo lavoro sul testo, limitandosi alla lettura e all’analisi di terzine e rime. Un insegnante ha il dovere, soprattutto di fronte a quelli che propone come classici della letteratura, di aprire le porte a discussioni ampie e universali. Non è necessario, soprattutto nei gradi scolastici inferiori, cominciare dal testo, perché gli studenti saranno fisiologicamente attratti da alcuni temi centrali dell’opera, come il peccato e la punizione, la fede, la ricerca di redenzione: sono questioni che hanno attraversato tante epoche e culture, non tutte cristiane, e che possono sicuramente destare interesse anche nel nostro mondo secolarizzato. Sta all’insegnante lasciare la libertà di discutere e mettersi in gioco per gestire dibattiti senza soluzione e richieste continue di approfondimenti.

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Dopotutto, di Dante Alighieri si è parlato e si parlerà sempre anche senza ricordare più di un paio di versi della Divina Commedia, e questo non ha mai offuscato la sua fama. A questo proposito, le riflessioni di natura etica, teologica e filosofica espresse nella Divina Commedia rendono facile l’attualizzazione, nonché la possibilità (ancora troppo poco esplorata) di legare la lettura alle sfere dell’educazione civica e affettiva. A questo link si possono trovare alcuni spunti a riguardo proposti dal grande linguista Luca Serianni.

Detto ciò, a circumnavigare il testo da distanze esagerate e si rischia di innescare una paura irrazionale anche nei confronti delle terzine meno criptiche: lavorare con un approccio tematico non deve far trascurare la competenza testuale. Essa si coltiva proprio sforzandosi di decifrare frasi lunghe e raramente chiare al primo impatto, a maggior ragione in un momento in cui la comprensione del testo è una delle principali difficoltà per gli studenti italiani. Lavorare sulle terzine incatenate, ricostruendone il senso e la struttura, arricchisce il lessico e offre la possibilità di affrontare e superare una difficoltà.

Poche altre soddisfazioni sono paragonabili a una parafrasi ben riuscita (sono lussurie particolari quelle degli umanisti, va riconosciuto). In questo senso l’utilizzo di certe edizioni scolastiche che presentano le parafrasi accanto al testo, a volte addirittura sostituendosi ad esso, può essere una risorsa molto utile, che fa anche risparmiare tempo in classe, ma non deve eliminare lo sforzo di cavarsela da soli o di lavorare insieme all’insegnante o ai compagni.

Dopo gli aspetti tematici e quelli testuali occorre una riflessione sull’approccio che andrebbe senza dubbio tenuto più in considerazione: quello emotivo. La didattica è, contrariamente a come troppi insegnanti pensano ancora, una disciplina in costante evoluzione, che ha il dovere di dialogare con tutte le altre; in particolare, gli sviluppi delle neuroscienze ci dicono che l’emozione e il piacere sono la via più immediata e duratura per apprendere.

Gli studenti ricordano meglio ciò che li ha divertiti ed emozionati mentre ci lavoravano e una materia come la letteratura vi si presta benissimo. Sono quindi gli insegnanti a dover promuovere questo approccio, provando a trasmettere la profondità degli stati d’animo che Dante Alighieri ha voluto mettere su carta per i suoi lettori. E quindi via libera a commozione, compassione, paura e disgusto, e poi a gioia, sollievo e speranza. Perché se si deve scegliere anche un solo messaggio da lasciare nel cuore degli studenti, è che nella Divina Commedia c’è spazio per tutto e per tutti. Se poi negli studenti non si accenderà una scintilla per Dante Alighieri capiterà per qualche altro autore, non sarà una tragedia.

Come possiamo sperare che gli studenti siano motivati a riaprire il libro nel pomeriggio dopo la lezione se la mattina stessa non hanno provato nulla durante la spiegazione? I diversi personaggi della Divina Commedia possono suscitare emozioni che lasciano una traccia, un marcatore che si lega agli episodi in modo indissolubile e che rendono vive le storie lette e narrate. Non tutto poi si gioca sul campo della memorizzazione. La letteratura, come la storia, se fatte nel modo giusto, esplorano le sensazioni universali di cui si diceva sopra, offrendo lo spunto per grandi lezioni di empatia e di relazioni positive con gli altri: il confronto con il diverso rimane uno dei fili rossi più importanti nella storia della letteratura. Va da sé che una maggiore capacità di introspezione, spesso difficile da trattare in maniera diretta con preadolescenti e adolescenti, sarà solo il passo successivo.

Nel momento storico in cui si grida alla crisi dei valori e in cui si fatica effettivamente a trovare dei punti di riferimento, la letteratura diventa un termine di paragone imprescindibile. Non solo come specchio di un’epoca, ma anche come spunto di riflessione sulla propria moralità, specialmente in quella fase della vita in cui si mettono le ultime, decisive basi per il senso critico.

La portata di Dante Alighieri sulla cultura umana è stata enorme, e non si può ridurre a un solo approccio. Questo da solo basta a renderlo pop. La Divina Commedia si presta a infinite letture diverse, alcune più accessibili e altre più tradizionali, ma tutte possono concorrere a mantenere in vita un personaggio che sarà sempre capace di dire qualcosa a tutti. Volendo rispondere alla domanda iniziale, e cioè dove si trovi il limite tra il rispetto dell’opera e il volerne trasmettere qualcosa a tutti i costi, non può esistere una soluzione univoca. Nel corso dell’esplorazione della Divina Commedia classi diverse risponderanno a stimoli diversi, l’importante è che sia possibile per loro identificare nell’insegnante un punto di riferimento sicuro e capace di emozionarli.

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Se vogliamo che le giovani generazioni credano davvero nei classici, bisogna preservare e rinnovare il significato che li rende tali, e non proporli acriticamente, perché gli studenti lo sentono. Si tratta di sforzarsi e non banalizzare troppo certi messaggi e certi contenuti, da calarsi sempre nella loro realtà storica con la capacità di cogliere spunti per la formazione dei cittadini del futuro, rinnovando sé stessi e il proprio modo di fare scuola. Di questa sintesi solo l’insegnante può essere l’incaricato, ora più che mai, di accendere un amor che muova il sole e le altre stelle.

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Daniele Rizzi

Nato nel '96, bisognoso di sole e di pace. Sono specializzato in storia medievale, insegno lettere alle medie. Mi fermo sempre ad accarezzare i gatti per strada.

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