C’è qualcosa di strano ed emozionante nel leggere un libro che riguarda la metropolitana di Milano viaggiando sulla metropolitana di Milano. È buffo voltare pagina, leggere il titolo del capitolo “Repubblica – Linea gialla M3 fra Centrale F.S. e Turati”, poi alzare lo sguardo e rendersi conto che si è proprio lì, alla fermata di Repubblica. C’è quasi la tentazione di scendere dal treno e verificare quello che si sta leggendo, magari cercare il punto dal quale l’autore ha osservato la scena che ha descritto, riconoscere luoghi e forse anche persone. Ma il tempo, come sempre a Milano, è tiranno; e allora si prosegue, ma con il mezzo sorriso di chi, per un secondo, si è sentito protagonista di una storia. M. Una metronovela, il nuovo romanzo di Stefano Bartezzaghi, è stato definito un “romanzo sentimentale”.
Attraverso ventisette capitoli – ciascuno dei quali prende il titolo da una fermata della metropolitana milanese, tranne gli ultimi due, che riservano una sorpresa – l’autore racconta alcuni episodi della propria vita legati alla “sua” Milano. Ma l’incontro casuale con uno studente o il ricordo del tentativo di collezionare francobolli sono, in realtà, occasioni per compiere riflessioni generali, in cui Bartezzaghi sfodera la sua ironia e anche la sua profonda abilità con anagrammi e giochi di parole (in fondo, i suoi cruciverba rappresentano una vera sfida per qualsiasi appassionato di enigmistica). Il punto di vista è, appunto, quello della metropolitana di Milano, vista non come un semplice mezzo di trasporto, ma come il vero e proprio cuore della città.
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Può apparire strano, perché la metropolitana sembra il luogo in cui una città può esprimere meno se stessa, infatti sotto il suolo non è possibile vederne le bellezze. Addirittura non si sa nemmeno che tempo ci sia fuori, se non dall’osservazione dei passeggeri che scendono dal mezzanino. E invece, la sfida è proprio questa: osservare la metropolitana non solo come un luogo di passaggio, ma come essa stessa meta di un viaggio.
Il filo conduttore di questo colorato mosaico è una proposta che Bartezzaghi racconta di aver fatto a degli amici quasi per scherzo: scrivere una metronovela, cioè una sorta di telenovela per i viaggiatori della metro, da trasmettere sugli schermi delle banchine delle varie stazioni al posto dei fastidiosi annunci pubblicitari, dei notiziari o delle previsioni meteo. Protagonisti sono Chuck & Dem (che un po’ riecheggiano il nome di un noto marchio di abbigliamento, molto presente a Milano), due agenti in incognito che si trovano a Milano per una segretissima ricerca di mercato. Vera o inventata che sia la proposta, Chuck & Dem accompagnano il lettore dall’inizio alla fine del romanzo in quasi tutte le fermate della metropolitana.
La definizione di “romanzo sentimentale” però si applica anche all’inverso. Sicuramente l’autore infonde molto sentimento in queste pagine, spiegandoci che cosa ama di questa città a cui, a volte, sembra davvero difficile voler bene. Alla fine riesce a coinvolgere anche il lettore in questo sentimento, mostrando Milano da un altro punto di vista: non solo aperitivi, moda, business o, meglio, tutto questo, ma anche molto di più. Come la chiocciola di una diffusa filastrocca milanese, la città si scopre a poco a poco e bisogna viverla per sentirsene davvero parte. Chi a Milano va spesso, magari tutti i giorni, si rende conto di avere ancora tanto da scoprire; e chi invece ci va poco o non ci è mai stato e forse pensa non ci sia molto da vedere, potrebbe ricredersi. Voltata l’ultima pagina del libro, a chiunque potrebbe capitare di pensare: “sapessi com’è strano, sentirsi innamorati di Milano”.
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