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«In the Heights»: l’opera prima di Lin-Manuel Miranda

Dall'infuocato quartiere di New York ai palchi di Broadway: Lin-Manuel Miranda trasforma la sua vita e le sue radici portoricane in un capolavoro teatrale premiato e acclamato.

3 minuti di lettura

Fa caldo in queste giornate di luglio. Fa veramente troppo caldo. Noi redattori e voi lettori affrontiamo insieme queste giornate con estrema fatica. Ci stiamo abituando sempre meno al caldo che avanza e ci sembra di soffocare. Questa è la stessa sensazione che sembra colpire i personaggi di In the Heights, opera prima di Lin-Manuel Miranda, ormai autore incontrastato sia a teatro che al cinema.

Eppure, prima di essere quel Miranda, Lin-Manuel compone un musical che sembra parlare della sua vita personale, lasciando in mano ai suoi spettatori un pezzo di cuore. Lasciato al caldo, fra le strade afose di New York, durante un’estate torrida e difficile da affrontare. Come la nostra.

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«In the Heights»: la trama

Prima che questo spettacolo diventasse un film, uscito nelle sale nel 2021, In the Heights è rimasto a lungo sugli spalti del teatro di Broadway. Partito dal nulla, con due sogni in testa e pochi soldi in mano, nel 2002 Lin-Manuel Miranda decide di iniziare a comporre questo musical con John Buffalo Mailer. L’avventura comincia e nel 2008 i protagonisti salgono sui palchi off-stage, per poi approdare sui veri teatri di Broadway nel 2010.

Ma di cosa parla In the Heights? Tutto inizia da Usnavi – a voi scoprire il perché del suo nome… a meno che non vediate il musical – e il suo amore per il proprio quartiere. Lì, Usnavi conosce tutti e tutti conoscono lui: la sua bodega, il negozio di famiglia, è il centro focale della storia. Da lì, impariamo a vedere i flirt che volano fra Usnavi e Vanessa, le difficoltà che sta affrontando Nina, il desiderio di Benny di riconquistare Nina e fare bella figura con i suoi genitori… una storia come tante, nei quartieri latini della Grande Mela.

E tra tutti i giovani, c’è anche Abuela Claudia, la nonna di tutti: non è imparentata con nessuno, ma adora tutti loro come se fossero suoi nipoti, soprattutto Usnavi. Sarà lui, infatti, a ricevere un suo dono importante alla fine. Un dono che gli permetterà di capire cosa vuole fare davvero nella vita e cercare di conquistarlo. Usnavi, infatti, deve imparare a capire cosa vuole e soprattutto cercare di ottenerlo. Abuela Claudia diventa parte integrante di questa crescita, insieme ai suoi amici e a tutto ciò che accade intorno a loro.

Il caldo di quella magica estate

Sembra una battuta a dirsi, ma il caldo è parte integrante di In the Heights. Il quartiere, nel caldo asfissiante, prende vita e, nello stesso tempo, si rallenta. Tutto segue il flusso del clima: l’apatia dell’afa si lega all’attesa della lotteria e di chi potrebbe vincere il benaugurato premio, la bellezza del cielo stellato mentre scoppiano i fuochi d’artificio durante un blackout si accompagna alle scelte fondamentali che compiono i nostri eroi.

E quel caldo, quel caldo che ti entra nelle ossa, comincia ad affaticarli. Renderli deboli, facili alla resa: quando tutto va storto, anche il caldo li abbatte. E sarà solo Daniela – parrucchiera del quartiere – a ridare loro forza e vita, cominciando a cantare Carnaval del Barrio. Un’esplosione di allegria, di patriottismo, di senso di vitalità che porta tutti al culmine della gioia, prima di dover affrontare il mondo reale, con i suoi drammi e le sue difficoltà.

Il caldo diventa un nemico, qualcosa da sconfiggere e qualcosa che ci sconfigge. Ferma i nostri battiti, affatica i nostri respiri. Ma in questa estate, in cui risuona il desiderio di riscatto di ogni nostro personaggio, bisogna andare avanti e affrontare l’afa. Con una giornata in piscina, con una lotteria, con l’amore che proviamo, con tutto ciò che abbiamo. Andare avanti e sperare di farcela, arrivare all’autunno e lì, cominciare una vita nuova, sperando di poter affrontare anche quella.

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L’opera prima di Miranda

Le opere prime sono quasi sempre frutto del proprio vissuto e In the Heights ne è un esempio lampante. Miranda porta in scena la sua vita, da statunitense con radici portoricane forti e fiere, insieme agli amici di una vita e anche gli amori (non è, forse, un caso che la moglie stessa di Miranda si chiami Vanessa). Parla di quel quartiere in cui ha vissuto da giovane, dove lui cantava e ballava, dove lui affrontava quel caldo e le sue conseguenze.

E non è detto che portare le proprie vicissitudini venda. Non è detto che le opere prime siano un successo. Però, parliamo di Lin-Manuel Miranda e, volenti o nolenti, la sua penna è quasi sempre dorata. Di fatto, il musical ottiene 4 Tony Awards – fra cui Best Musical – su 13 nomination e arriva finalista per il Pulitzer (Miranda lo vincerà poi nel 2016 per Hamilton).

L’unione musicale dell’hip-hop e la musica latino-americana, quindi, sembra funzionare e il piccolo complesso, non sempre vero e sempiterno, sogno americano, in tutte le sue strane sfaccettature, non manca di trovare consenso della critica. La strada è spianata, quindi, per il caro Miranda, anche se non è mai semplice capire il suo genio. Appena dopo In the Heights, Miranda propone l’idea del suo nuovo musical, eppure tanti iniziano a screditarlo. Quello che succederà poi, anni dopo, con il suo secondo grande capolavoro, però… è letteralmente storia.

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Greta Mezzalira

Classe 1995, laureata in Filologia Moderna. Innamorata del teatro fin dalla prima visione di "Sogno di una notte di mezza estate" durante una gita scolastica. Amante di musical e di letteratura.

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