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Immigrant song: tra sanatorie e storie

Jean David Nkot, artista camerunese classe 1989, funge da specchio per permettere agli invisibili di trasmettere il loro messaggio. Da dove provengono i temi che affronta e in che modo costruisce i suoi racconti?

3 minuti di lettura

In Italia la sanatoria sulla regolarizzazione dei lavoratori immigrati (art. 103 Decreto-Legge 34\2020 Emersioni rapporti di lavoro «Rilancio») procede a rilento, tra atti migliorativi e tentativi di semplificazione. Per un’analisi corretta della situazione è ancora troppo presto. Ci sono ancora troppe domande, previsioni affrettate e dall’altra parte troppe poche storie raccontate.

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https://www.jackbellgallery.com/artists/76-jean-david-nkot/works/7715-jean-david-nkot-www.hemle.com/

Cercare di comprendere la dimensione umana che questa sanatoria di regolarizzazione porta con sé, diventa un atto necessario. Non vogliamo parlare di numeri, bensì raccontare una storia che vale per molti volti. Il lavoro di Jean David Nkot ha questo potere, sembra parlare una lingua universale: artista camerunese classe 1989, durante la residenza al Moving Frontiers nel 2017, avvia il suo metodo di osservazione sulla società. 

Jean David Nkot
Jean David Nkot, PO. Box. Destiny, 2018 | Jack Bell Gallery

Inizia a costruire strati di informazioni cartografiche intorno ai ritratti di giovani lavoratori che tentano la migrazione trans africana. Questi dipinti funzionano principalmente come ricordo, per identificare dove non c’è traccia, un avvertimento per gli altri migranti. Tutti i soggetti condividono un’espressione simile: una di terrore e l’altra di paura.

Mentre molti periranno nei deserti e nei mari, il destino dei loro viaggi rimane sconosciuto a quelli che si sono lasciati alle spalle, e a chi incontreranno. 

Soggetti dipinti su uno sfondo di mappe geografiche, volti delimitati da strade, confini e nomi di città. Jean David Nkot esplora i viaggi dei lavoratori migranti, interroga le loro menti provate da un viaggio, soprannominato «della speranza».

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#THE WOMAN POWER.ORG.COM, 2019 https://www.jackbellgallery.com/artists/76-jean-david-nkot/works/7837-jean-david-nkot-the-woman-power.org.com/

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«Ogni volto raffigurato non rappresenta una persona specifica, ma piuttosto il terrore provato da tutte le persone che stavo dipingendo» dice ad Alex Kahl.

In seguito a una residenza nel progetto Moving Frontiers, organizzato dalla National School of Arts di Paris-Cergy (Francia) sul tema dei confini, il suo lavoro ha fatto una naturale progressione sul tema della migrazione spinto dalla voglia di far luce sulle storie delle persone, quelle storie a cui spesso la società chiude entrambi gli occhi.

I nomi dei luoghi, inclusi nelle opere, sono un chiaro riferimento ai teatri della violenza da cui i migranti partono e attraverso cui viaggiano. 

Jean attribuisce a sua madre e alle sue zie il suo interesse per le persone e le loro emozioni. 

«Devo davvero loro tutto» – dice – «Non è stato facile ma mi hanno insegnato ad amare, ad apprezzare la vita, ad accontentarmi di ciò che ho e a prendermi cura degli altri».

Un bambino da un’infanzia normale, inizia a disegnare facendo copie di quadri poi sviluppa sempre più il suo talento fotografando i suoi soggetti e dipingendone i primi piani, cercando di forzare la mano per cercare di esprimere le emozioni che provava. 

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Jean David Nkot, DREAM LINE

«Non avevo mai nemmeno letto un libro prima, ma l’arte si è presentata a me e l’ho semplicemente seguita, senza sapere dove sarebbe finita la storia».

Incontra altri artisti camerunesi come Hervé Youmbi e nel 2006 si iscrive all’Institute of Artistic Training of Mbalmayo, l’unica scuola secondaria in Camerun che insegna arte. Qui sviluppa la tecnica e studia la teoria che gli mancava. 

«I temi che affronto e nutro sono dati dalle letture, incontri, scambi con le persone che conosco. La società mi offre di essere lo specchio che permette loro di trasmettere il loro messaggio».

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Jean David Nkot, ASTRAL TRAVEL

Jean David Nkot decide di raccontare gli invisibili mescolando tecniche pittoriche, passando dall’acrilico all’inchiostro indiano, dalla grafica alla serigrafia e dalle opere piatte ai dipinti pieni di volume. 

È così che Nkot costruisce i suoi racconti: con i nomi dei giovani che hanno lasciato la famiglia per l’avventura, come la storia dei suoi fratelli del Kwatt che hanno fallito per la prima volta sulla traversata e che persistono ancora sfidando il filo spinato dei confini. Jean David raffina energicamente la sua risposta ovvero come gli sguardi di questi giovani abbiano delle voci:

Da dove sei, ricevi nei tuoi occhi
la mia sete profonda.
Scavo i miei desideri delusi
e la mia ombra attraversa la tua.

De la ou t’es, reçois dans tes yeux
ma soif profonde soif.
Je creuse mes désirs déçus
et mon ombre croise parfois la tienne.

Le condizioni umane delle migrazioni hanno volti e voci che risuonano oltre confine, storie diverse ma con un suono ad accomunarle: un grido proveniente dalla stessa voce. 

Quando pensiamo ai diritti violati, alla regolarizzazione, alla sanatoria, dobbiamo cercare di non fermare prematuramente i nostri pensieri. Cercare di non fare distinzione tra i diritti violati in America, in Italia, o in Kurdistan, perché non c’è alcuna differenza. 

Intervista di Alex Kahl su WEPRESENT

Jean David Nkot
Jean David Nkot, The Shadows of Space #2, 2019, Ink, acrylic and silkscreen printing on canvas 27 3/5 × 23 3/5 in 70 × 60 cm, Courtesy Afikaris

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Fausta Riva

Fausta Riva nasce in Brianza nel 1990.
Geografa di formazione(Geography L-6) poi specializzata in fotografia al cfp Bauer.
Oggi collabora con agenzie fotografiche e lavora come freelance nel mondo della comunicazione visiva.
Fausta Riva nasce sognatrice, esploratrice dell’ordinario. Ama le poesie, ama perdersi e lasciarsi ispirare.