Il nulla e l’immagine
Pensare a un’immagine non sempre equivale a immaginare. L’immagine rimanda alla bidimensionalità , alla piattezza della superficie, di ciò che è immediatamente visto e può scomparire con facilità. L’immagine è sfuggente, impalpabile, manca di profondità, si colloca in uno spazio senza tempo, senza storia né durata, senza vita.
Immaginare qualcosa significa sfidare l’immagine, imbrigliarla nel vincolo della continuità, del susseguirsi del successivo all’antecedente. Immaginare è anzitutto dare movimento logico alle immagini, fare sì che conseguano l’una all’altra, dotandole di una storicità. L’immaginazione dà forma alle immagini approfondendole, lasciando che si tocchino a vicenda.
Immaginare è dare respiro all’immagine, farla parlare, così si possono immaginare situazioni future o passate, non basta vedere per immaginare, bisogna sapere raccogliere le immagini giuste. Immaginare non è prevedere l’immagine ma provvedere ad essa: avere cuore, avere cura di un’immagine tanto da costruirla attraverso una storia, un tempo. Immaginare è un atto creativo, che dà movimento alla staticità dell’attimo visivo, un punto sensibile che così si delinea tracciando un segno.
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Spesso si confondono immagini e immaginazione nel paradosso di una creazione, che come tale è finzione, di una materia, vera, accaduta nel attimo della vista che la immobilizza nella memoria rendendola inerte. Se l’immagine parla, lo fa attraverso una voce che non le appartiene. Quando ricordando si raccolgono immagini, si sta immaginando: le immagini prendono vita, vengono create nella finzione dell’immaginazione.
Fingere le immagini: immaginare
La finzione rimanda inevitabilmente alla contraffazione, al mendace, quando in realtà intende semplicemente un produrre da sé. La consapevolezza dell’immaginazione è la coscienza del creare. La forza di un ricordo è creata a partire dall’immagine, che di per sé non basta se non a sé stessa, è il nulla, è l’attimo che scompare.
Attraverso un’intelligente dialettica immaginativa, la compagnia Aia Taumastica propone Il Nulla (the void) al Teatro Out Off dal 16 al 21 ottobre. Il moto dell’immaginazione è restituito come brillantezza ed efficacia della performance dei cinque protagonisti, Michele Basile, Alex Cendron, Camilla Pistorello, Camilla Violante Sheller, Adalgisa Valvassori, attori e autori della propria inconsapevole e perciò deleteria immaginazione.
Il nulla crea una quotidianità dalle mille sfumature, oscillando tra il noir più cruento, passioni focose e arguzie variopinte attraverso la lente disincantata e opacizzante dell’incoscienza.
Nel susseguirsi di immagini vive e vere, l’immaginazione perde la propria coscienza: il discorso diviene frammentato, il ricordo si arresta all’immagine pura, ponendo l’accento proprio sulla mancanza, sul vuoto, sull’assenza.
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Attraverso un sapiente utilizzo dell’ironia tragica, lo spettatore assiste inerme al presentarsi di immagini che agiscono senza saperlo. Un’immaginazione inconsapevole resta tale? Quando la finzione si illude di dimostrare indicando un’immagine, la creazione che opera perde di consistenza?
Ironia comica e inconsapevolezza tragica
La quarta parete si situa così dietro lo spettatore, includendolo in un gioco di argute allusioni che mantengono una climax ascendente per tutta la rappresentazione.
La trama de Il nulla intrica situazioni di per sé frammentarie, pure immagini intrigando nella domanda sulla finzione. Cosa accade? Lo spazio scenico diviene dialogo silente tra il non detto dell’attore e lo sguardo attratto dello spettatore. Nulla è il risultato della finzione ignorante, dell’immaginazione inconsapevole, di chi manipola le immagini a propria insaputa. La realtà si sdoppia allontanandosi da sé stessa, creando un vuoto incolmabile, frutto immaturo di un distacco incosciente.
L’eleganza registica di Massimiliano Cividati consente di riflettere nello specchio deformante di accadimenti triviali e spesso perfettamente comici. La comicità de Il nulla nasce dal sapiente equilibrio tra ripetizione, meccanizzazione, irrigidimento dell’umano in forme per fluidificarsi nel flusso immaginativo, nella contraddizione del misconoscimento di quest’ultimo. Il meccanismo comico si confonde nel tragico, nell’ineluttabile destino del reale che sembra non avere alternative, dimenticandosi dell’immaginazione, valida a patto di accettare la finzione.
Il compromesso immaginativo diviene accordo tra realtà finita, accaduta e scomparsa e sua prosecuzione, in grado di risintonizzare il silenzio attuale all’armonia passata, riconoscendolo come sintonia compromettente, ché non promette nulla, se non il ritorno al nulla dell’immagine quando si perde nell’inconsapevolezza.
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