Terroristi contro turisti. In quale altro modo potrebbe essere amplificato lo scontro?
L’arma che spaventa gli jihadisti- e, più generalmente, qualsiasi allarmismo- è la dispersione di allarmismo; la comunità civile, cioè, dev’essere bombardata di minacce mediatiche. E allora via alla distruzione di reperti archeologici, decapitazioni online, e ora perfino l’attentato al Museo Nazionale del Bardo, attrazione per gli amanti della cultura mediterranea, per riportare in auge quello stato d’allerta scoppiato per la crisi libica.
Con ciò non si vuole dire che il terrorismo islamico debba essere sottovalutato, quanto compreso e ridimensionato da parte dell’opinione pubblica, analizzato acutamente dagli organi politici dell’Interno. A proposito: l’intervento armato sarebbe una risoluzione frettolosa e acritica. Nel Vicino Oriente e in Nordafrica la situazione è delicata non per la presenza di un preciso stato che si schiera contro un altro, quanto per un compatto sentimento di fanatismo religioso: esso non si organizza, com’è chiaro che sia, in una lotta fra territori o per un territorio, ma nella coesione di diverse cellule estremiste. Sempre solida come organizzazione, ma non politica in senso stretto, non amministrata da qualche codice (perché sarebbe occidentale).
Noi che non siamo strateghi in questione di crisi estere non possiamo fare i “ministri da casa” e propugnare con arroganza decisioni nel cui campo siamo ignoranti. Semmai, l’auspicio è quello più umano: infittire i rapporti diplomatici fra Europa, Onu e Stati arabi, facendo in modo che il terrorismo imploda in se stesso.
Quella di ieri 18 Marzo è un’ offesa al patrimonio del Mediterraneo, della mediterraneità: il museo si sviluppa su tre piani, è circondato da un prezioso giardino di essenze locali, ed è diviso in sei dipartimenti che rispettano le sei tappe culturali che si sono avvicendate nella galassia dei paesi arabi. Il periodo preistorico, punico, romano, cristiano, e infine arabo-islamico hanno arricchito l’attuale bagaglio culturale dell’Islam. Quello stesso di cui i suoi assassini si fanno portabandiera. In effetti il carattere preponderante del fanatismo religioso è distruggere il lato culturale del mondo di cui si proclama strenuo difensore. “Questa non è una novità, quasi la scoperta dell’acqua calda!” potrebbe dire (a ragione) qualcuno. E allora perché rimane questo senso di superiorità? Fra paternalismo ipocrita e superiorità nazionalista, nemmeno noi siamo messi così bene quanto a integralismo…
In questo quadro spopola l’idea di chiamare l’esercito, e la ripetizione diventa d’obbligo: in quale altro modo potrebbe essere amplificato lo scontro?
Andrea Piasentini