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“Il silenzio degli innocenti” e il fascino del male

Hannibal Lecter, il raffinato ed elegante cannibale col quale non riusciamo, in qualche modo, a non empatizzare.

5 minuti di lettura

Il silenzio degli innocenti è uno dei film più conosciuti della storia del cinema. Diretto nel 1991 da Jonathan Demme, vinse ben cinque premi Oscar: come miglior film, miglior regia, miglior attore protagonista, miglior attrice protagonista e migliore sceneggiatura non originale. La pellicola si basa sull’omonimo romanzo di Thomas Harris, pubblicato nel 1988 e secondo volume di una serie di quattro capitoli. Il titolo originale dell’opera è in realtà ben più enigmatico: The silence of the Lambs, letteralmente “il silenzio degli agnelli”, con un rimando diretto alla vicenda personale di Clarice Starling, la protagonista.

il silenzio degli innocenti locandina

Clarice Starling (Jodie Foster) è una studentessa modello che vorrebbe entrare nell’FBI. Dato il suo grande impegno, viene mandata dal suo capo, Jack Crawford (Scott Glenn), a parlare con il dottor Hannibal Lecter (Anthony Hopkins), segregato in una cella di massima sicurezza per aver aggredito e divorato alcuni dei suoi pazienti. Clarice deve convincere il dottore, un uomo brillante e di grande intelletto, a darle qualche indizio su un caso che sta indignando l’intero paese: Buffalo Bill, un misterioso serial killer, uccide e scuoia delle ragazze per poi abbandonarne i cadaveri. Questa terribile scelta di Bill è dovuta alla volontà di essere diverso, di dare una svolta alla propria identità sessuale. Non per nulla il criminale alleva esemplari di Acherontia stix, un tipo di farfalla altamente simbolico: rappresenta la rinascita, il cambiamento.

Il dottor Hannibal Lecter è in questa pellicola il personaggio principale insieme alla giovane agente, eppure il suo ruolo non è ben definito: da un lato antagonista, dall’altro aiutante, per certi versi antieroe. Quel che è certo è che Hannibal rappresenta uno dei personaggi cattivi più affascinanti del cinema e della letteratura. Interpretato da Anthony Hopkins, che vinse l’Oscar per un’interpretazione della durata di soli 16 minuti, Hannibal è uno psichiatra sofisticato, elegante, incredibilmente istruito e dalle doti intellettive strabilianti. Dietro a questa facciata si nasconde però un uomo spietato che ha più volte ucciso e divorato i suoi pazienti. Ciò nonostante, è difficile pensare a Lecter come a un criminale: la sua compostezza, il suo narcisismo, la sua educazione, il suo voler aiutare, con frasi enigmatiche e un atteggiamento da maestro, la giovane e inesperta Clarice sono elementi che lo rendono incredibilmente affascinante ma, al tempo stesso, inquietante.

Si tratta infatti di uno dei rari casi in cui lo spettatore è portato a empatizzare con uno dei villains per eccellenza; un cattivo che si macchia però di una colpa che è un grande tabù: il cannibalismo. Se gli attacchi di Lecter sono selvaggi, animali, il dottore non perde mai la sua raffinatezza: Lecter non divora, ma degusta – un termine che in questo contesto fa un certo effetto – le sue vittime, accompagnandole a un bicchiere di vino o a della musica classica.

il silenzio degli innocenti hopkins

Il legame che si crea tra il dottore e Clarice è particolare ed è stato interpretato nei modi più svariati. Intuendo le sofferenze passate della giovane agente, Lecter decide di aiutarla con l’indagine in cambio di un viaggio nei suoi ricordi più intimi e tormentati. Tra i due si verrà quindi a creare una forte intimità psicologica che se da un lato intenerisce lo spettatore, dall’altro lo turba per la stranezza di questa alleanza. Il primo incontro tra Clarice e Lecter è forse una delle scene più celebri del cinema. L’uomo la osserva composto dalla sua cella, a differenza degli altri detenuti che, vedendo entrare nell’edificio una donna, si agitano. Il dialogo tra i due è caratterizzato da primi o primissimi piani che mostrano da un lato l’inesperienza di Clarice, il suo imbarazzo, ma anche la sua grande forza di volontà; dall’altro, lo sguardo enigmatico, sicuro, intenso di Lecter. Lo scenografo Kristi Zea decise di usare del plexiglass per separare i due, e non delle comuni sbarre, così da non rompere il contatto visivo e creare maggiore intimità. Sono queste scene di sguardi, magistralmente interpretate da Hopkins, a inquietare lo spettatore, molto più dei veri momenti di sangue e aggressioni.

Se le scene di confronto tra Clarice e Lecter sono di grande effetto è soprattutto merito dei due attori e del loro talento. Anthony Hopkins ha infatti dato un tocco personale all’interpretazione improvvisando con genialità: «Uno che faceva un censimento una volta tentò di interrogarmi. Mi mangiai il suo fegato con un bel piatto di fave ed un buon Chianti…», dice Lecter, per poi fare un verso di risucchio con la bocca terrificante. Un’idea dell’attore che, per calarsi nel personaggio, ha seguito diversi processi e ascoltato numerose registrazioni di criminali, pur rifiutandosi di ascoltare i nastri con l’audio delle torture sulle vittime. Un altro momento di improvvisazione riguarda la battuta sulle origini di Clarice: «Sai cosa mi sembri con la tua borsetta e le scarpette a buon prezzo? Una campagnola, un’energica campagnola ripulita con poco gusto». Questa battuta fuori programma fece sì che la reazione della Foster fosse naturale. Un’altra scelta di Hopkins fu quella di indossare una tuta bianca nella seconda parte del film: lo avrebbe reso più inquietante, oltre a far risaltare il colore del sangue. Per quanto riguarda la versione italiana, una nota di merito va anche al doppiatore Dario Penne, voce ufficiale di Hopkins, che dà al serial killer una profondità e una sicurezza di sé davvero encomiabili.

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Il film fece vincere a Anthony Hopkins il suo primo – e unico – Oscar, mentre la giovane Jodie Foster vinse il secondo della sua carriera. Durante la premiazione, l’attrice ha dedicato il suo successo «alle donne che sono venute prima di me e che, a differenza di me, non hanno avuto nessuna chance, alle sopravvissute, alle emarginate». Tra le numerose scene del film, quella in cui Clarice ricorda la fuga dal ranch con l’agnellino è la più efficace e apprezzata. Durante le riprese la considerarono così ben riuscita che il regista decise di non girare più il flashback che aveva programmato in cui doveva apparire una giovane Clarice spaventata che scappa con un agnello in braccio. Il talento di Jodie Foster fa infatti rivivere allo spettatore quella scena senza difficoltà grazie all’intensità del suo sguardo tormentato.

Il film e il libro da cui è tratto non sono opere di pura fantasia: la figura di Buffalo Bill ha una base di veridicità. Harris si è infatti ispirato a un vero serial killer, Ed Gain. Dal passato molto burrascoso – un padre alcolizzato, una madre fanatica religiosa, un fratello venuto a mancare ancora giovane – questo criminale conservava macabri souvenir delle proprie vittime, come un gilet composto da una vagina e dalle mammelle cucite tra loro e un intero guardaroba di abiti di pelle umana. Il personaggio potrebbe poi rimandare a Ted Bundy, tutti e due infatti adescano le vittime fingendo di avere braccia o gambe rotte.

Hannibal Lecter si avvicina invece a Edmund Kemper, un assassino che negli anni Settanta uccise numerose ragazze, oltre ai suoi nonni, la propria madre e la sua migliore amica. Al criminale venne calcolato un Q.I. di 136, oltre a una grande abilità nel manipolare le persone. Kemper confessò poi di aver mangiato la sua terza vittima: «effettivamente ho divorato in parte la mia terza vittima. Ho tagliato dei pezzettini di carne che avevo conservato nel congelatore. Una volta scongelata, ho cotto la carne in un pentolino con delle cipolle. Poi ho aggiunto della pasta e del formaggio». Da queste parole emerge una tranquillità e una sicurezza di sé tipiche del personaggio Hannibal Lecter.

il silenzio degli innocenti hopkins sangue

Il silenzio degli innocenti è quindi un perfetto esempio di come il male possa esercitare un grande fascino: il perno attorno cui la pellicola gira è Lecter e il suo misterioso carattere che inquieta lo spettatore conquistandone però la stima. Al tempo stesso, il film mostra la lotta contro il male e il conseguente trionfo del bene: Clarice vuole combattere il dolore che ha dentro, il ricordo degli agnelli indifesi che urlano la notte, sconfiggendo il male presente nel mondo.

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