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“Il primo uomo”, dal Lido di Venezia alla Luna, una storia vera

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2 minuti di lettura

Il redcarpet è steso, le stars prendono posto ed i giornalisti agguantano le penne: la settantacinquesima mostra del cinema di  Venezia ha inizio, e dal Lido ci porta dritti sulla luna con First man. Film biografico su Neil Armstrong ed il sogno che portò un uomo dal dolore sconosciuto sino alla più lontana delle mete.

 

First Man
clip del film – Asac La Biennale

Filmare la storia con rinnovata bellezza

La diretta mondiale dell’allunaggio fu registrata con sole quattro telecamere, tre Hasselblad 500EL e una Kodak. Tutto ciò che possediamo di quel momento fu registrato con quella strumentazione, e milioni di persone guardarono con sincronizzata agitazione le immagini  incerte, e tutt’ora mozzafiato, che venivano trasmesse in diretta dalla luna. Non esistono altri video dell’epocale momento che cambiò la storia. Nessun’altra prospettiva, nessuna diversa angolazione. Ecco allora che la Storia, in uno splendido gioco di comunicazione tra studi e arti, che i più attenti ricorderanno di aver già visto nel Dunkirk di Christopher Nolan, chiama a sé il cinema e, con Damien Chazelle alla regia, tenta di riportarci con rinnovata bellezza sulla più lontana delle mete raggiunte dall’uomo: la luna. è così che First man – il Primo Uomo – si presenta in primis come film storico, interessato a raccontare l’uomo, Neil Armstrong, con un gioco di story telling non sempre facile , ma anche, e soprattutto, l’evento, ovvero l’allunaggio, in maniera quanto mai pedissequa ed accurata.  Non stupisce dunque che proprio durante la conferenza stampa successiva alla proiezione, Chazelle abbia esplicitamente affermato di aver «deciso di girare un reportage», senza però nascondere l’intento di  «raccogliere anche i momenti intimi della famiglia Armstrong».

Due realtà diverse, dunque, prima lontane quanto l’uomo e la luna, poi, nel complesso svilupparsi della vicenda, sempre più vicine, quanto quel «piccolo passo» e il suolo lunare. Ma attenzione, se c’è una cosa che ci ha insegnato il regista di La la Land e Whiplash è che ogni sogno ha le proprie ferite, e quelle di First man sprofondano negli occhi del misterioso Ryan Gosling.

First Man
clip dal film -Asac La Biennale

Retorica, ma non troppo

First man, Tratto dalla biografia ufficiale First Man: The Life of Neil A. Armstrong, scritta da James R. Hansen e pubblicata nel 2005, è un film che stupisce per la sua capacità di sommare e mischiare emozioni ben congegnate, ma soprattutto lontane dalla tipica retorica statunitense. Strano apparirà infatti allo spettatore non scrutare ad ogni orizzonte mostrato bandiere a stelle e strisce, o lunghi voice over con astronavi che si allontanano a suon di god bless you. Nulla di tutto questo, o non totalmente almeno. Ancora una volta, infatti, Chazelle prende le redini del cinema caro ad Hollywood, il musical prima, il cinema epico ora, per consacrarlo smontandone ogni sua caratteristica attraverso la forza contraddittoria dei soggetti in scena. Perché Armstrong è l’uomo solo contro la grande sfida, certo, è l’America fatto intelletto (e bellezza), ma anche un uomo sofferente, il cui dolore, intimista in ogni dolce primo piano, non né politico né metaforico. Un dolce amaro che sicuramente sarà apprezzato da coloro che percepirono come vicina la stranezza del precedente musical del regista, La la Land,dal gusto gioioso ma non per questo meno acre.

First Man
clip dal film -Asac La Biennale

La vertigine del buio

I perché che portarono lui, e non qualcun’altro, a quel grande passo per l’umanità vengono così suddivisi in blocchi la cui somma restituisce i veri e propri capitoli di un film necessariamente lungo (quasi due ore e quaranta). Fare spazio alle sequenze con i gruppi di ingegneri della NASA, dal linguaggio tecnico e opportuno, e subito poi a brevissime, ma soprattutto oscure, inquadrature su Armstrong impegnato ad ignorare il dolore per la perdita della piccola figlia porta ad una veloce ed inesorabile caduta dell’immagine in un nero senza fondo. È questa infatti la caratteristica peculiare di First man, capace in brevissimo tempo di chiudere attorno al proprio protagonista un senso di claustrofobia schiacciante, la cui unica salvezza, in quello che potremmo definire un paradosso concependo lo spazio come il luogo spaventoso per antonomasia, sarà quella di aprire il portellone, guardarsi attorno e poggiare il piede nel luogo più lontano dalla sua sofferenza.

Alessandro Cavaggioni

Appassionato di storie e parole. Amo il Cinema, da solo e in compagnia, amo il silenzio dopo una proiezione e la confusione di parole che esplode da lì a poche ore.
Un paio d'anni fa ho plasmato un altro me, "Il Paroliere matto". Una realtà di Caos in cui mi tuffo ogni qual volta io voglia esprimere qualcosa, sempre con più domande che risposte. Uno pseudonimo divenuto anche canale YouTube e pagina instagram.

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