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Il “perché” della Poesia – “Alice non lo sa”

2 minuti di lettura
Mi sembra doveroso – nei miei confronti, nei confronti dei pochi “superstiti” e addirittura nei confronti di chi la detesta – iniziare la mia parte di rubrica con un non-articolo e con questo quesito: perché la poesia?
Io, vivendo nelle librerie, potrei facilmente buttare giù dati su dati sugli acquisti del ‘pubblico’ per quanto riguarda i libri, e a livello settimanale…!  Senza ombra di dubbio, la poesia è agli ultimi posti.
Non c’è bisogno di essere esperti per capirlo, basta passare davanti a quegli scaffali per rendersi conto che sono abbandonati a loro stessi, e così i librai non si preoccupano nemmeno più di rinnovarli e se ne rimangono lì, inermi. E in un certo senso, va bene così.

Ma perché il XXI secolo trascura così tanto un qualcosa che invece nel tempo passato – e, direbbe qualcuno, ormai perduto – ha avuto un posto elitario non solo nelle biblioteche, ma addirittura nella vita dei singoli individui?Non è facile parlarne, non è facile nemmeno cominciare da un principio che di fatto non esiste e nessuno di noi, nemmeno l’Umanità, può avere memoria. I primi esempi di poesia non li troviamo nemmeno scritti ma i libri di storia ci assicurano dell’esistenza dei cantastorie e dei canti a batocco (che, per chi non lo sapesse, erano canti a domanda e risposta, in modo tale da creare un dialogo): insomma, una specie di “Rosa fresca aulentissima”, in principio orale e semplice, che nel corso degli anni diventerà davvero l’autore Cielo d’Alcamo (il giullare che scrisse appunto la poesia sopracitata  e di cui non abbiamo mai avuto alcuna notizia, ndr) . A seguire e non cronologicamente abbiamo poi l’Iliade e l’Odissea e ancora di rimando Catullo, il nostro significativo Dante, Boccaccio e una panoramica internazionale che è sconosciuta ai più e di cui avrebbe poco senso parlare.

Per capire cosa spinse e spinge qualcuno a, volgarmente, ‘poetare’, non serve mettersi davanti ad un manuale – nemmeno quelli da liceo a cui qualcuno sarà ancora avvezzo, ma serve aprire – aprirsi a una visione del tutto nuova. Ad evadere per comprendere, per capire e carpire.

Capire cosa? Capire la passione.

Viviamo in un’epoca, se non è addirittura indegno chiamarla così, di meccanicismi, di fretta e chi spende la propria esistenza nelle varie e grandi città potrà dirlo con fermezza: non abbiamo tempo di riflettere.

E allora come fare se negli articoli di giornale non troviamo La Rivoluzione che però pulsa nelle vene, se la televisione e i social network lasciano solamente una sensazione amara di mera ignoranza da cui sembra impossibile uscire? E allora come fare?
La risposta a tutto è “poesia”. Perché come dice Benigni, davvero la poesia instilla la forza e i poeti che spesso vengono dimenticati sono proprio coloro che sono morti o si sono lasciati morire per quest’idea: per La Passione.

La Passione che, e questa è la cosa meravigliosa, troviamo in disparati versi che possono essere quelli di un Pavese ormai perduto che, come strimpella De Gregori “sta aspettando da sei ore / il suo amore ballerina…“; possono essere invece i versi forti di una poetessa rimasta quasi nell’ombra che tra i denti grida “come se mestrui bimbi ed isole / non fossero abbastanza, come se iettatori e / pettegoli / e ortaggi non fossero abbastanza.” e possono essere parole quasi percepite di chi non sa essere poeta, ma prova almeno ad essere se stesso. La passione nasce in questo piccolo paragrafo così diverso da quelli precedenti, e il messaggio che io, in quanto inesistente docente, vorrei fare arrivare a quei giovani che creano il proprio futuro – o almeno sperano di poterlo creare – tra i banchi di scuola è di avere il coraggio di osare, di avere la presunzione di essere sia spettatori che protagonisti, sia lettori che, infine, poeti.

Il punto è non fermarsi ad una Passione già letta e passiva, bensì giungere ad una collaborazione  (come direbbe Kundera una com-passione e quindi un’identica partecipazione) tra autore e lettore nella creazione ed espressione del sentimento. Condiviso.

Solo così nasce la Poesia, che non è la poesia commerciale né quella di circostanza, ma un vocabolario del tutto nuovo che parla all’animo umano in quanto essenza e mai in quanto esistenza.

 

Miriam di Veroli

Miriam Di Veroli

Classe 1996, studia Lettere moderne all'Università degli Studi di Milano.

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