All’Idroscalo di Ostia, il 2 Novembre 1975 morì in circostanze ignote Pier Paolo Pasolini; oggi 25 Maggio 2015 Maria Agrimi, giudice delle indagini preliminari, ha accolto la richiesta della Procura di Febbraio scorso. L’inchiesta sulla morte del poeta è stata archiviata.
Il coro delle indignazioni non tarda ad alzare la voce, profondamente amareggiata. Il legale di Guido Mazzon (cugino di Pasolini) Stefano Maccioni afferma: «Non nascondiamo una certa amarezza in relazione alle motivazioni addotte dal giudice a sostegno dell’ordinanza di archiviazione. Ancora una volta si è persa l’occasione per indagare sul vero movente di questo omicidio. La novità rispetto al passato è quella di aver riconosciuto altre persone, oltre a quella di Pino Pelosi, sulla scena del crimine». Se la Procura ha posto accertamenti scientifici sui reperti, è anche vero che, purtroppo, i risultati hanno portato ad altri cinque profili genetici però non attribuibili.
Il mondo della politica non rimane indifferente. «Come ucciderlo due volte», così ha commentato la deputata di Sel Serena Pellegrino, in una nota dove si annuncia l’imminente proposta di una commissione d’inchiesta parlamentare per far luce su quella notte del Novembre ’75. La notte che inghiottì il profeta dei nostri tempi, l’uomo più poliedrico della letteratura italiana, capace di rivisitare cinematograficamente il Decameron o Le mille e una notte e di cantare il declino tragico del Bel Paese ne Le ceneri di Gramsci.
E, infine, risuonano le parole di Alberto Moravia, pronunciate ai funerali del poeta il 5 Novembre:
«Qualsiasi società sarebbe stata contenta di avere Pasolini tra le sue file. Abbiamo perso prima di tutto un poeta. E poeti non ce ne sono tanti nel mondo, ne nascono tre o quattro soltanto in un secolo»
A.P.