Black Mirror è una serie evento firmata Charlie Brooker che racconta ipotesi di futuri alternativi in cui l’evoluzione tecnologica ha destabilizzato la società ed il singolo individuo, e analizza il rapporto tra essere umano e tecnologia con una chiave fortemente distopica. È stata trasmessa a partire dal 2011 sul canale britannico Channel 4 e oggi conta tre stagioni compiute e una quarta in arrivo nel 2017, che sarà prodotta dal servizio di streaming online Netflix, come già accadde per la terza stagione.
Con uno stile alla Isaac Asimov, Black Mirror è composta da episodi che raccontano ognuno una storia autoconclusiva, totalmente scollegata da quella precedente e da quella successiva, con attori e trame diverse. Il titolo della serie si riferisce letteralmente a quello “specchio nero” che è lo schermo nero di smartphone, computer e di tutti quei dispositivi che fanno da costante nel nostro presente riflettendo la nostra immagine.
Il filo conduttore tra gli episodi, infatti, riguarda l’innovazione e il progresso, che sono ormai parte integrante delle nostre vite, e la conseguente evoluzione dell’essere umano che subisce questo processo di ascesa esponenziale della tecnologia. Il problema risiede nel fatto che egli non sia fisiologicamente in grado di evolvere con lo stesso ritmo, così viene in qualche modo eclissato dal progresso di ciò che egli stesso produce.
I temi trattati sono attuali o appartenenti ad un futuro abbastanza prossimo, come la questione della protezione della privacy in rete, le campagne denigratorie contro questo o quel personaggio che riempiono i social network, le implicazioni psicologiche della realtà virtuale e tanti altri, tutte realtà che riguardano l’uomo direttamente.
Più genericamente, Black Mirror ci racconta di una tecnologia che diventa umana e della corrispondente perdita di umanità da parte dell’essere umano.
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Le nuove tecnologie non hanno nulla di eccezionale, si inseriscono perfettamente nei contesti più semplici e quotidiani, i protagonisti dei quali sono uomini che non possono rinnegare la loro natura egoistica, piuttosto che solitaria, divertente o spregiudicata. Charlie Brooker si preoccupa di mostrare ripetutamente come gli schermi siano diventati la nuova realtà, incidendo, ad esempio, su come costruiamo le nostre opinioni sugli altri, o su come prendiamo decisioni o creiamo ricordi.
La tecnologia cambia le persone? Black Mirror dice di sì, sottolineando pessimisticamente come questo cambiamento avvenga in senso negativo e problematico, ma al contempo anche quanto esso dipenda dall’uomo stesso, che può decidere che utilizzo fare del progresso. A questo punto il nucleo della serie si allarga e abbraccia concetti che riguardano il libero arbitrio e la capacità decisionale razionale dell’uomo, che fa di Black Mirror una serie che si allontana dal genere fantascientifico per avvicinarsi a quello più distopico e realistico, ponendo come questione centrale l’effetto alienante che l’invadenza di una componente tecnologica può provocare.
«Se la tecnologia è una droga – e sembra esserlo – allora quali, precisamene, sono gli effetti collaterali?» domanda il produttore Charlie Brooker, fautore di un invito a riconoscere l’importanza dello stabilire dei confini, di capire fin dove è lecito spingersi, sapendosi fermare prima di farsi travolgere da un futuro che rischia di disumanizzarci.
La critica disturbante mossa da Brooker non va a colpire la tecnologia o le sue applicazioni con uno spirito conservatore, ma guarda alla mancanza di responsabilità e di valutazione delle conseguenze dell’uomo, rendendo il suo lavoro estremamente visionario, non retrogrado. Presentando futuri piuttosto realistici Black Mirror è una serie mai scontata, dai toni simili a quelli orwelliani di 1984, quasi profetici, che lasciano spazio alla qualità della scrittura e della produzione. Regia, recitazione e fotografia fuori dall’ordinario, vena interpretativa ansiogena ed inquietante, pessimismo agghiacciante e un mondo di disgregamento dell’identità umana che degenera insieme alla tecnologia: questa è la distopia Black Mirror.
di Arianna Locatello
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