Arte romana
Vaso con frutta, I sec. d.C.
Napoli, Museo Archeologico Nazionale
La raffigurazione del cibo nella pittura ha inizio nell’epoca romana, con immagini riconducibili al genere della natura morta che Vitruvio chiama “Xenia”, ossia doni per gli ospiti.
Di chiara funzione decorativa, mostravano l’atteggiamento di accoglienza. La pittura, realizzata direttamente sulle pareti di casa, era realistica e riproduceva vasellame e composizione di frutta o altri generi alimentari. La verosomiglianza dei soggetti si perderà nel periodo del medioevo.
Arte romana
Mosaico con pavimento non spazzato, II sec. d.C.,
Città del Vaticano, Musei Vaticani
Pavimento realizzato a mosaico con dei resti alimentari di un banchetto. Queste decorazioni avevano valenza religiosa: solitamente i romani mangiavano nell’atrium, stanza sotto la quale erano sepolti gli antenati. Quindi il cibo che cadeva su quel pavimento era considerato sacro e intoccabile, e veniva bruciato solo alla fine del banchetto in offerta ai Lari.
Mosaico paleocristiano
Ultima Cena, inizio VI sec.,
Ravenna, Sant’Apollinare Nuovo
L’Ultima Cena è l’unico episodio conviviale narrato da tutti e quattro i Vangeli, ed è anche il più raffigurato. Ma i Vangeli non ci danno informazioni sugli alimenti consumati. Visto che il banchetto celebra la Pasqua ebraica, si può immaginare che ci fossero l’agnello, le erbe amare e il pane azzimo. E questa della Chiesa di Sant’Apollinare Nuovo rappresenta un pasto a base di pesce, alternativa romano-cristiana all’agnello ebraico.
Dieric Bouts
Cristo in casa di Simone il Fariseo, 1446-1454
Berlino, Gemäldegalerie
Un banchetto raccontato dai Vangeli.
Vediamo Maddalena ai piedi del Cristo, un Fariseo armato di coltello pronto a difenderlo. Il contesto è contemporaneo, l’architettura nobiliare classica del ‘400. Sul tavolo di legno, sorretto da cavalletti, sono disposte due portate a base di pesce, del pane bianco, dei bicchieri e dei coltelli. All’epoca non si usavano piatti ma si condividevano i taglieri, e i coltelli non erano posate ma le armi personali di difesa.
Hieronymus Bosch
Le nozze di Cana, 1475-1490
Rotterdam, Museum Boijmans Van Beuningen
Il banchetto è nel clou della festa, si sta per assistere al miracolo della trasformazione dell’acqua in vino.
Cristo ha la mano alzata nell’atto di benedire, Maria è vestita in un abito scuro con il velo bianco di fianco alla sposa.
Le portate stanno arrivando su vassoi sorretti dai servitori. Sono un cigno bianco, simbolo di purezza, e un cinghiale, simbolo del vizio. Sul tavolo sono presenti coltelli, pani, taglieri di legno. I commensali sono vestiti in abiti contemporanei rinascimentali.
Filippo Lippi
Il banchetto di Erode, 1452-1465
Prato, Cappella Maggiore del Duomo
Salomè, figlia di Erodiade, è ritratta tre volte: a sinistra mentre riceve la testa di San Giovanni Battista; al centro, mentre balla la danza dei sette veli; a destra, inginocchiata, mentre porge la testa alla madre. La regina Erodiade ha di fronte a sé un’alzata di frutta, un piatto e un coltello per consumare una mela che tiene con la mano sinistra. La mela è riconducibile al peccato originale, e con questo l’autore dà un giudizio di colpevolezza alla regina.
Leonardo da Vinci
Ultima Cena, 1497
Milano, Refettorio di Santa Maria delle Grazie
La lunga tavolata è coperta da una tovaglia di lino di Fiandra in cui sono visibili le piegature della stiratura a pressa. Ogni apostolo ha un bicchiere, un piatto e un coltello. Sui piatti di peltro ci sono pesci e fette di arancia. Giuda versa accidentalmente il sale col gomito; per la tradizione popolare, questo è simbolo di malaugurio, ma dal punto di vista religioso, ciò ha un altro significato: nel Sermone della Montagna, Gesù chiama i suoi discepoli “sale della terra” per la loro missione di suoi messaggeri, missione a cui Giuda non avrebbe adempiuto.
Albrecht Durer
Adamo ed Eva, 1507
Madrid, Museo del Prado
La storia dell’uomo, secondo la Genesi, comincia con un atto alimentare che segna la disobbedienza a Dio, rivelando la fragilità dell’uomo e la necessità di Redenzione. Nel Giardino dell’Eden, Adamo ed Eva colgono il frutto proibito dall’albero “della conoscenza del bene e del male”, tentati dal serpente. Durer realizza una versione su due tavole separate dal fondo nero, i rami di melo nascondono le nudità.
Pieter Bruegel
Nozze di contadini, 1568
Vienna, Kunsthistorisches Museum
In un granaio, ad una grande tavolata, si sta celebrando il pranzo nuziale di una coppia di contadini. I commensali indossano gli abiti del periodo. E’ riconoscibile la sposa con una coroncina in testa e con un drappo scuro appeso dietro di lei. Lo sposo, come da tradizione, serve la tavola e probabilmente è il personaggio all’estrema sinistra che sta travasando della birra in una brocca. Il pasto è povero, polenta per tutti, servita con delle semplici assi, forse una porta. In primo piano un bimbo con un cappello da adulto che gli copre gli occhi sta leccando il piatto. La quantità di dettagli di vita quotidiana fanno di quest’opera uno dei primi chiari esempi di pittura di genere.
Tintoretto
Ultima cena, 1592-94
Venezia, San Giorgio Maggiore
La vista della tavolata non è frontale e in quest’ottica l’effetto prospettico è maggiore. L’ambiente è una classica taverna veneziana, quindi l’Ultima cena viene attualizzata. Cristo è quasi sul fondo della scena, illuminato dalla luce divina, e sta offrendo il pane. I vapori si trasformano in presenze angeliche. In primo piano, sono raffigurati due inservienti. La donna offre un’alzata ricolma di manna ebraica che l’altro servitore rifiuta, preferendo della frutta. Sul tavolino di servizio, sono presenti la pisside per le particole, il secchiello e l’aspersorio per l’incenso, elementi che rimandano al sacramento dell’eucarestia.
Annibale Carracci
Il mangiafagioli, 1583-84
Roma, Galleria Colonna
In antitesi al Manierismo, ecco un quadro “di genere”, distante dai temi sacri e mitologici, raffigurante il realismo della quotidianità: un popolano, forse seduto a un tavolo di una taverna, consuma un pasto frugale a base di fagioli, cipolle, funghi e patate, accompagnato da una brocca di vino bianco. Il punto di vista è ravvicinato, la pittura è veloce, moderna, dalle spesse pennellate.
Annibale Carracci
La bottega del macellaio, 1583-85
Oxford, Christ Church Gallery
La scena è affollata, senza alcuna priorità di soggetti, le figure sono ritratte per intero nelle loro azioni quotidiane. Probabilmente queste operazioni all’interno della bottega non avvenivano contemporaneamente, ma il quadro rappresenta una sintesi durante l’arco della giornata di questo lavoro considerato umile e bistrattato, ripreso dal “vero naturale”, senza alcuna velleità manieristica.
Caravaggio
Canestra di frutta, 1597-98
Milano, Pinacoteca Ambrosiana
Commissionata per essere donata al Cardinale Borromeo, questa natura morta racchiude elementi simbolici legati alla dottrina cristiana. I frutti sani vicino a quelli bacati rappresentano il “memento mori”, la caducità della vita umana, mentre l’uva raffigura il sangue di Cristo. Il punto di vista è anomalo, allo stesso livello del tavolo, e ciò rende in modo evidente gli effetti di luce sulla frutta e sul cesto di vimini, disegnato con realismo quasi fiammingo.
Caravaggio
Cena in Emmaus, 1601-02
Londra, National Gallery
Cristo risorto riappare, durante una cena ad Emmaus, ai suoi discepoli, che lo riconoscono dai suoi gesti ripetuti nell’Ultima cena. La mensa presenta il pane e il vino ma è arricchita anche da altri alimenti, come il pollo e la cesta di frutta, raffigurata in bilico sulla tavola, quasi come un invito per chi guarda ad afferrare i frutti del paradiso.
Pieter Claesz
Natura morta con astice e aragosta, 1643
Minneapolis, Institute of Arts
Ci troviamo davanti ad un banchetto interrotto. Il calice di vino bianco pregiato, il bicchiere con le tacche per la birra all’estrema sinistra, il piatto di ceramica decorata pieno di salsa, il limone e il pane bianco già tagliato, la portata principale non ancora consumata, tutto fa pensare a un pasto di persone ricche. La presenza dell’orologio ricorda il “memento mori”, i crostacei simboleggiano l’anima umana e la Resurrezione.
Diego Velazquez
Vecchia che frigge le uova, 1618
Edinburgo, National Gallery of Scotland
L’uovo è classico simbolo cristiano, contenitore di vita e simbolo di Resurrezione. In una vecchia cucina spagnola, un’anziana donna sta friggendo delle uova. La cipolla, in primo piano sul tavolo, per le sue caratteristiche irritanti, rappresenta il rimorso del peccato. Poco più a sinistra si nota del peperoncino, importato dalle Americhe. Il ragazzo, imbronciato, porta formaggio e vino.
Jan Steen
L’allegra famiglia, 1668
Amsterdam, Rijksmuseum
Con la riforma protestante e la controriforma cattolica, c’erano stati episodi di iconoclastia. L’arte sacra cominciava ad essere sostituita dall’arte di genere, con soggetti di vita quotidiana. Il banchetto è quasi al termine e regna la confusione. Alcune stoviglie sono a terra, la tovaglia è scomposta. Il prosciutto sul tavolo ci racconta di un pranzo per un’occasione speciale. La famiglia è quella del pittore, il quale si ritrae nel suonatore di cornamusa.
François Boucher
La belle cousinière, 1731
Parigi, Musée Cognacq-Jay
In un contesto realistico di una cucina povera, una ragazza si ritrae dalle insistenti attenzioni di un giovane, cercando di salvaguardare le uova che tiene nel grembiule. L’uovo raffigura la virtù della donna, virtù compromessa dall’uovo già rotto caduto di fronte a lei. Il cavolo rappresenta una metafora linguistica: in quel secolo era nata l’espressione “mon petit chou”, vezzeggiativo usato per chiamare figli e mariti. Nell’angolo a destra, un gatto è alle prese con la sua preda, un polletto.
Pietro Longhi
La lezione di geografia, 1752
Venezia, Pinacoteca Querini Stampalia
In questo dipinto il caffè è una presenza discreta ma significativa: la ragazza sta misurando il globo terrestre, mentre due domestiche le servono il caffè. Nell’epoca dell’illuminismo, lo studio era aperto a uomini e donne e rappresentava la sola arma per liberarsi dall’ignoranza e dai pregiudizi, nonché un diritto di tutti. Così questa giovane non è alle prese con la toilette o con l’educazione dei figli, ma è impegnata in un’attività di studio e il caffè è un naturale corroborante, simbolo del risveglio dello spirito critico dal torpore dell’oscurantismo.
Jean Etienne Liotard
La bella cioccolataia, 1744-45
Dresda, Gemaldegalerie
Una cameriera è in atto di servire una tazza di cioccolata ad una padrona ipotetica. Il vassoio di lacca è una preziosa cineseria di importazione, la tazza a campana di porcellana di Meissen, la trombleuse d’argento per impedirne il rovesciamento e il bicchiere d’acqua rimandano al rituale della cioccolata mattutina alla corte di Maria Teresa d’Austria, presso la quale Liotard era pittore ufficiale.
Edouard Manet
Natura morta con carpa e ostriche, 1864
Chicago, Art Institut
In una visione impressionista, l’autore presenta su un tavolo tutti gli elementi e gli ingredienti per cucinare la bouillabaisse, la tradizionale zuppa di pesce francese.
Andy Wharol
200 Campbell’s Soup Cans, 1962
New York, Moma
In questa serigrafia, una lattina di zuppa viene ripetuta duecento volte. La ripetizione seriale diventa il mezzo del marketing per pilotare l’acquisto di un prodotto mediante l’ossessione visiva.
Vanessa Beecroft
VB52, 2003-04
Non c’è un messaggio dichiarato per questa performance avvenuta a Rivoli nel Museo di Arte Contemporanea. In un banchetto, durato sette ore, le modelle omologate con delle parrucche, percorrono il ciclo della vita. Il cibo è una scenografia con le portate che hanno ogni volta un colore diverso.
Celia A. Shapiro
Last supper, 2004
Una serie di foto ci mostrano l’ultima cena scelta dai condannati a morte nelle prigioni americane. Un punto di vista differente che ci riporta a un valore emozionale, politico e ideologico sulla giustizia e sulla pena capitale.
A lezione di Storia dell’Arte con la prof.ssa Daniela Olivieri
Cengio (SV) – 1ª Stagione Culturale 2013/2014