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Manet e i sogni de “Il bar delle Folies-Bergères”

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Tra i quadri che probabilmente non smetteranno mai di incantare generazioni e generazioni di amanti dell’arte c’è senza dubbio Il bar delle Folies-Bergères di Édouard Manet (1832-1883), tra i padri fondatori dell’Impressionismo. La tela, esposta alle Courtauld Institute Galleries di Londra, può essere considerata una sorta di testamento spirituale dell’artista, che la dipinse solo due anni prima di morire.

Un’istantanea della Parigi di fine Ottocento

Che cosa incolla l’osservatore al quadro? Sicuramente l’irresistibile location di un luogo simbolo della vita mondana parigina di fine Ottocento, il Bar delle Folies-Bergères che dà il nome all’opera. Con questo lavoro, Manet mise in pratica ciò che il poeta Charles Baudelaire (1821-1867) aveva raccomandato agli artisti della sua generazione: evocare attraverso la pittura Parigi e la sua vita brulicante, come egli stesso aveva fatto scrivendo Le Spleen de Paris, pubblicato postumo nel 1869 con il titolo, scelto dagli editori, Petits poèmes en prose.

La location di Il bar delle Folies-Bergères, però, non è il solo motivo per cui ci si incanta davanti a questo quadro. Si nota subito una nettissima separazione tra la giovane barista, protagonista indiscussa della tela, e i clienti che popolano il locale, come se Manet avesse voluto sottolineare che appartengono a due mondi diversi: gli avventori sono legati alla vita di tutti i giorni e alle sue piccolezze, la ragazza a un universo tutto suo, più vibrante e sognante. Tuttavia, l’espediente dello specchio ribalta qui la tradizionale concezione di realtà e immaginazione: in questo modo, ciò che teoricamente è vero viene presentato come un semplice riflesso (volendo usare il linguaggio della fisica, un’”immagine virtuale”), mentre è proprio il mondo della giovane a trasformarsi in un’”immagine reale”. Un mondo che rompe con tutto ciò che è razionale, come dimostra il riflesso della ragazza volutamente spostato rispetto a dove sarebbe stato corretto dipingerlo. Un mondo in cui tutto è lecito, insomma.

L’esaltazione dei sogni

Altro punto di forza di Il bar delle Folies-Bergères è l’enorme cura per ogni dettaglio, a partire dalla “natura morta da città” sul bancone, in cui alle arance e al bicchiere con le rose sono affiancate bottiglie di alcolici. Anche l’abbigliamento della barista è rappresentato minuziosamente, come se Manet non avesse voluto limitarsi alla sua sola posizione centrale per sottolineare il suo essere protagonista. La ragazza si eleva al di sopra delle chiacchiere da bar, conquista il centro della tela e si protende verso un mondo a cui nessun altro ha accesso.

Forse è proprio questa la vera forza del quadro di Manet: l’aver creato, a partire da un soggetto in apparenza banale e sotto gli occhi di chiunque, una meravigliosa esaltazione del mondo dei sogni, cui nessuno può accedere se non il sognatore. Probabilmente questo quadro ci piace così tanto perché non smette di ricordarci che, per i sognatori, sono i prodotti della loro immaginazione la vera realtà.

 

Francesca Cerutti

Classe 1997, laureata in Lingue per l'impresa e specializzata in Traduzione. Sempre alla ricerca di storie che meritino di essere raccontate. Nel 2020 è stato pubblicato il suo romanzo d'esordio, «Noi quattro nel mondo».

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