Nell’ultima tappa del nostro viaggio attraverso uno dei temi più importanti dell’arte cristiana l’iconografia della Pietà. A seguire foto di realtà vera non costruita. Siamo nell’ambito del fotogiornalismo.
ADI NES, Deposizione, 1995, Firenze, Museo Nazionale Alinari
Dall’arte tradizionale della pittura all’arte nuova della fotografia. L’autore Adi Nes vive a Tel Aviv, questo scatto fotografico appartiene a una serie intitolata Soldati in cui ripropone temi universali, come quello della Pietà, ma calati nella realtà del suo tempo, una realtà drammatica, di guerra. Qui trasfigura l’iconografia della Pietà cristiana in una Pietà militare e un affetto militaresco tra due soldati. C’è il rimando esatto al Cristo morto con la ferita sul costato, la mano aperta, la piaga sul polso, e l’altro soldato che lo assiste compassionevole. Sono scatti in cui finzione e realtà si fondono, ovviamente sono scene ricreate ma che hanno l’intensità del vero, della realtà, perché sono calate nel contemporaneo.
James Nachtwey, Pietà cambogiana
Pietà cambogiana ritrae una madre che assiste il figlio malato di meningite in assenza di dottori in un ospedale poverissimo della Cambogia. È inevitabile per noi il rimando all’iconografia della Pietà, così come per gli altri scatti.
Samuel Aranda, La Pietà islamica, 2011, Photo New York Times
La Pietà islamica, con la donna velata, è uno scatto fatto in occasione delle rivolte a Sana’a, nello Yemen contro il Presidente, nel 2011. Questa donna, velata secondo il suo costume, sta assistendo un parente ferito negli scontri. Di nuovo c’è nel soggetto il rimando alla Pietà cristiana.
Zaouar Hocine, La Madonna di Bentalha, 1997, foto A.F.P
Questa foto prende origine dalle vicende del terrorismo islamico in Algeria. Lo scatto ha ricevuto uno dei più alti riconoscimenti nel mondo della fotografia e ha davvero fatto il giro del mondo. Soprannominata la Madonna di Bentalha, è stata fatta un’associazione tra questa donna che piange disperata e la figura di Maria. Nella realtà, la foto è diventata virale e si è iniziato ad inventare una realtà diversa rispetto a quella vera di questa donna, ossia che avesse perso tutti gli otto figli in un attentato. Intervistata successivamente, per liberarsi dalla tortura mediatica, disse che si trovava in quell’ospedale per riconoscere un parente che effettivamente era stato vittima del terrorismo. La donna che la soccorre è una sua cugina. Racconterà che quella foto le ha rovinato la vita, perché la gente del suo paese ha cominciato ad accusarla di essersi prestata a quello scatto per guadagnare dei soldi.
La mediazione mediatica rischia spesso di alterare la percezione della realtà, rischia di crearne una diversa. In effetti queste immagini che raccontano la realtà sono diventate delle icone, paradossalmente sono diventate allegorie del vero. Raccontano il vero ma diventano simboli.
Qualcuno ha contestato, in modo piuttosto forte, di come siano fuori luogo queste associazioni alla vita cristiana per delle situazioni che in realtà non hanno collegamenti con la religione cristiana. Un’accusa come questa può essere giustificata se si rimane ancorati ad una lettura influenzata dal pregiudizio. Sta di fatto che molto tempo prima dell’avvento della religione cristiana, già esistevano soggetti associabili alla Pietà cristiana.
Anonimo, la Pietà d’Urzulei, VIII-V sec.a.C., bronzo, Cagliari, Museo Archeologico Nazionale
Questa statuetta è un reperto archeologico a tutti gli effetti che ci mostra una donna che probabilmente accudisce un soldato. Lo si può desumere da un pugnale sul petto. Qui il contesto non è assolutamente cristiano ma noi possiamo leggere quel soggetto come una Pietà ante litteram, perché il messaggio di fondo che comunica questo soggetto non è esclusivamente riferito alla fede cristiana ma parla di compassione, che è un sentimento umano.
ANDRES SERRANO, Holy works, fotografia, 2011
Nessun artista ha mai osato concentrare l’attenzione esclusivamente sull’iconografia della Pietà. Andres Serrano lo ha fatto in tempi recenti, nel 2011. È un primo piano di una Maria addolorata ai piedi della croce ed è parte di una serie di lavori dedicati alla storia sacra. Serrano è un fotografo, artista che si ritiene, in modo un po’ presuntuoso, il Caravaggio contemporaneo perché nelle sue fotografie ricerca lo stesso effetto realistico della pittura caravaggesca. Spesso è molto ardito e volutamente provocatorio, tanto che alcune sue opere sono state censurate o comunque duramente criticate, proprio perché rilegge la storia cristiana in modo molto moderno e molto libero. Questo primo piano di Maria è comunque rispettoso, ci dà un’immagine di lei che è nuova e che è ancora una volta una sintesi dell’empatia. Lei è velata di rosso, e il rosso allude al sangue di Cristo, al sacrificio. Quello stesso sangue che scende dalle ferite di Cristo diventa la sua lacrima, un dolore interiore profondo.
L’altra immagine è un primo piano di Cristo, ed è davvero la nona ora, quella in cui il Cristo patisce gli ultimi dolori sulla croce si rivolge a Dio «Padre, perché mi hai abbandonato?». C’è la disperazione, c’è il pianto, il sangue che sgorga, che entra nella bocca.
Alcuni hanno considerato blasfeme queste immagini, ma in realtà forse non c’è niente di blasfemo. La fotografia, pur essendo finzione, traduce in questo caso senza filtri la realtà di un uomo che soffre, col sangue, col pianto.
Possiamo anche vedere un richiamo al Cristo alla colonna di Antonello da Messina e Serrano per quanto sia trasgressivo, ha un bagaglio culturale importante a cui attinge per le sue proposte artistiche.
A lezione di Storia dell’Arte con la prof.ssa Daniela Olivieri • Cengio (SV), 3ª Stagione Culturale
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