Douglas Noel Adams (1952-2001) è stato uno scrittore di fantascienza, umorista e sceneggiatore britannico (ha, infatti, collaborato alle stagione 17 e 18 della serie televisiva Doctor Who).
A renderlo famoso è stata la trilogia in cinque puntate Guida Galattica per Autostoppisti, nata dall’omonima serie radiofonica di fantascienza da lui ideata.
Quanto alla genesi del racconto, suggestiva risulta essere una storia raccontata dallo stesso autore, forse vera o forse no: una notte, mentre guardava le stelle in un campo di Innsbruk, interrogandosi sul senso della vita, l’ispirazione è arrivata.
Sbronzo e malinconico, cercava una risposta all’incomunicabilità che aveva sperimentato quella sera in cui tutti sembravano sordi o muti. In tasca aveva una copia Hitchhiker Guide to Europe.
Lontano, nei dimenticati spazi non segnati nelle carte geografiche dell’estremo limite della Spirale Ovest della Galassia, c’è un piccolo e insignificante sole giallo. A orbitare intorno a esso, alla distanza di centoquarantanove milioni di chilometri, c’è un piccolo, trascurabilissimo pianeta azzurro-verde, le cui forme di vita, discendenti dalle scimmie, sono così incredibilmente primitive che credono ancora che gli orologi da polso digitali siano un’ottima invenzione
Così prende inizio il romanzo di Douglas Adams, con una vena umoristica che rimarrà costante in tutta la sua durata.
Il protagonista Arthur Dent, umano, viene salvato poco prima dell’esplosione della Terra dal suo amico alieno originario della Betelgeuse, Ford Prefect, il quale si teletrasporta in una delle astronavi aliene del prostetnico Vogon Jeltz dell’Ente Galattico Viabilità Iperspazio che stanno demolendo tutte le abitazioni umane per dare spazio ad una nuova superstrada. I Vogono sono una razza aliena aggressiva e poco evoluta, famosa per ospitare i poeti peggiori dell’universo.
Arthur scopre un universo sconosciuto, in cui la sua unica ancora di salvezza si rivela essere Guida Galattica per Autostoppisti, un libro in forma di piccolo computer (una sorta di e-book) scritto in forma di enciclopedia, pubblicata dalla casa editrice di cui Prefect era redattore. É un bestseller universale, che si vende facilmente per due ragione: costa poco ed inoltre sulla copertina campeggia una curiosa scritta a caratteri cubitali: NON FATEVI PRENDERE DAL PANICO!
Ford lo conduce in avventure mirabolanti ed entusiasmanti, sballottati in giro per lo spazio-tempo a bordo dell’astronave Cuore d’Oro (grazie al secondo fortunoso imbarco pochi attimi dopo essere stati scaricati dai Vogon), che viaggia a «propulsione di improbabilità infinita», rubata dal vecchio amico di infanzia dell’alieno ed ex presidente della galassia Zaphood Beeblebrox, in compagnia della sua fidanzata terrestre Trillian e dal robot Marvin, in perenne stato depressivo.
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di Douglas Adams
Una volta giunti sul pianeta Magrathea, apparentemente disabitato, incontrano il progettista della Terra (un computer) e i due clienti che gliel’avevano commissionata, ovvero i due topi che Trillian aveva portato con sé dalla Terra e che sono ancora alla ricerca di una risposta alla domanda «fondamentale sulla vita, l’universo e tutto quanto». Dopo una prima risposta («42») e dopo dieci milioni di anni, il computer sembra aver trovato una spiegazione a tutto, peccato che ciò sia successo poco prima che i Vogon dessero il via alla distruzione del pianeta.
Nel secondo romanzo Ristorante al termine dell’universo i quattro protagonisti hanno appena lasciato il pianeta Magrathea quando vengono attaccati da un’astronave Vogon, che punta ad eliminare gli ultimi due terrestri, parte di quel computer organico quale era il pianeta Terra.
Riusciranno a viaggiare nel tempo, ad assistere alla fine dell’universo stando comodamente seduti a un tavolo di un ristorante situato al termine del cosmo e a tornare sulla Terra un paio di milioni di anni prima dell’esplosione causata dalle astronavi vogoniane.
Un viaggio fino ai termini dell’universo, fino allo Gnab Gib e all’incontro con Geova (un gatto, il gatto di un tizio senza nome), per arrivare alla più importante partita di scarabeo della storia.
Il terzo capitolo della saga La vita, l’universo e tutto quanto, originariamente pensato per la sceneggiatura di Doctor Who di Tom Baker, risulta più denso e cerebrale rispetto ai due capitoli precedenti, meno allegorico.
Arthur si risveglia gridando dall’orrore in una caverna, sulla Terra: è solo, non vede futuro e decide di impazzire.
Neanche il tempo di girare tutto il pianeta che si imbatte in Ford, anch’egli impazzito, che imbastisce spesso conversazioni con gli alberi (olmi, soprattutto), lavora sull’evoluzione delle giraffe e già sa di dover tornare presto in azione per salvare l’Universo.
E così appare, sulla Terra primitiva, un bellissimo divano Chesterfield, semovente: sarà il veicolo che li trasporterà nel futuro, sino a due giorni prima della distruzione del pianeta, nel mezzo di un torneo di Cricket. I due protagonisti sono disorientati e stanchi, increduli di fronte alla vittoria dell’Inghilterra e preoccupati per il rischio di morire per mano vogoniana.
Per scamparla devono individuare un campo PA, che «sfrutta la naturale tendenza della gente a non vedere ciò che non vuole vedere, che non si aspetta di vedere che non è in grado di spiegarsi».
Salveranno l’universo, ovviamente, ma, con un colpo di scena finale, si viene a conoscenza dell’esistenza di un ultimo messaggio di Dio, su un altro pianeta.
Sentimentale e spiazzante è il quarto capitolo della saga Addio e grazie per tutto il pesce.
Arthur si trova sulla Terra, intatta, otto anni dopo: non è mai stata demolita.
Nessuna stranezza, tranne una vasca per i pesci con incise le parole “Addio e grazie per..” che gli servirà per nascondere il Pesce Babele, suo traduttore automatico.
Incontra una ragazza, Fenny, che suo fratello e molti altri credono pazza perché ha avuto l’intuizione, poco prima che i Vogon distruggessero il pianeta, di trovare la Domanda che l’universo aspettava da tempo.
Il governo ha detto a tutti gli abitanti di aver drogato l’intera popolazione, illudendoli di uno stato di guerra inesistente e del prossimo assedio alieno; Fenny però ricorda tutto, abita a Londra, e un Mac di prima generazione la porta da Arthur.
I due sembrano uniti dal destino potente e risoluto.
Imparano a volare e,amandosi ogni notte in volo, risolvono un mistero: quello della sparizione dei delfini, il giorno stesso della rivelazione della ragazza.
L’unico ad avere una risposta è il californiano, John Watson, che vive isolato in una roccaforte, lontano da tutti i terrestri. Possiede una vasca identica a quella di Arthur, ma sa esattamente cosa contiene; si tratta del messaggio dei delfini, e di quello di Dio rivolto all’umanità.
Sono i delfini ad aver salvato la Terra ma la verità è che vivono su un Pianeta Ombra, come rivela la vasca:
Poi una fuga di voci che parlavano freneticamente di un disastro inevitabile, di un mondo che stava per essere distrutto, dell’inermità e della cupa disperazione dei suoi abitanti, il crollo finale, e di nuovo l’intrecciarsi delle voci. E poi il viaggio alla ricerca della speranza, una Terraombra che veniva trovata nelle pieghe e nei meandri del tempo, dimensioni sommerse, paralleli che venivano tracciati, la forza d’attrazione, il moto vorticoso della volontà, la separazione, il lancio, il volo. Una nuova Terra spinta in orbita in sostituzione della vecchia, e i delfini scomparsi. Poi, sorprendentemente, una singola voce chiarissima diceva: – Questa vaschetta è un dono della Campagna per il Salvataggio degli Umani
«Et caelum recessit sicut liber involutus, omnis mons et insulae locis suis motae sunt» (Vangelo di Giovanni, Apocalisse, 6-14): Apocalisse mai così ben trasfigurata e centrale in un’opera di science fiction.
La saga di Douglas Adams si conclude con il romanzo Praticamente Innocuo mostrando una struttura circolare, in cui incipit ed explicit coincidono: il pianeta verdazzurro esplode e tutti i personaggi rimangono coinvolti nel disastro.
L’assenza del presidente Zaphod è considerata indizio di un proseguimento della saga con un sesto libro, a cui l’autore, prima della morte accidentale, stava lavorando.
Questo romanzo, pubblicato postumo con il titolo Il salmone del dubbio, non presenta avventure mirabolanti o stravaganti, è assolutamente non galattico, ma terrestre sia nell’ambientazione che negli intrecci; Douglas Adams ha così ripreso a guardare per terra, rinunciando a puntare alle stelle e, chiudendo l’intreccio, ha disgregato e distrutto tutto ciò che aveva ideato dimostrando di saper volare.
Douglas Adams ha dato vita ad una delle più divertenti ed intelligenti opere di fantascienza – allegorica e goliardica- della storia.
L’opera è una satira delle debolezze, dei paradossi e delle ingiustizie della vita, in cui vengono presi di mira il non sense e la precarietà di tutto, la caducità delle nostre conoscenze e la fragilità dei nostri sentimenti.
Servendosi di umorismo tipicamente british, notevole negli inserti dialogici (che giocano spesso sull’incomunicabilità tra i personaggi) e nelle interruzioni costituite da letture della poco metodica e razionale Guida, l’autore irride della vita, della società, delle classi sociali, del rock, dell’alimentazione, della morte, della depressione e persino dell’amore.
Non può non trasparire la sua vena pessimistica, accusatoria e a tratti profetica nei confronti dell’umanità, prima di partire – col suo asciugamano- alla volta di nuovi pianeti: «Amate il vostro pianeta, insieme a tutte le sue creature; liberatevi delle macchine e dell’inquinamento, prima che esso si liberi di voi.
Colonizzare i mondi sarà difficile: sono tutti popolati, da un pezzo.»
Nicole Erbetti
Immagine di copertina: libreriamo.it
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