Hilary Putnam – non ci si lasci ingannare dal nome riguardo il genere di appartenenza sessuale – è un filosofo e matematico statunitense.
L’ambiguità del suo nome deve avergli creato qualche turba, tanto che il filosofo, trattando del problema della disputa filosofica tra realismo ed antirealismo ha proposto un esperimento mentale che è divenuto piuttosto celebre: ha ipotizzato di ammettere che esista uno scienziato pazzo che decide di creare un laboratorio sofisticatissimo tale per cui le credenze in realtà siano indotte artificialmente attraverso impulsi sensoriali simulati. Insomma, come se tutto ciò che noi vediamo fosse una sofisticatissima finzione che ci induce a credere in quello che percepiamo e vediamo, ingannandoci.Ciò che noi percepiamo è una realtà indotta, la realtà che conosciamo è la realtà che immagina un cervello in una vasca per infusione di uno scienziato.
Dopo aver sorriso, ci si rifletta: ciò che Putnam metaforicamente insinua è che all’interno del nostro mondo noi possiamo effettivamente conoscere la realtà, nel senso che il livello ‘virtuale’, quello in cui noi viviamo e in cui crediamo di vivere è a noi accessibile e possiamo giustificarne gli eventi razionalmente. A patto però che si resti sul piano virtuale.
Insomma, saremmo chiusi in un compartimento stagno di cui possiamo senz’altro giustificare gli eventi ma non possiamo spingerci oltre perché non possiamo neanche concepire ciò che esiste al di fuori del nostro sistema.Curioso è che l’esperimento mentale di Putnam può essere senza errore applicato nella pratica della quotidianità, se al termine ‘scienziato’ si sostituisce la perifrasi ‘disinformazione mediatica’.
Non si può forse dire che tale parallelismo sia più che appropriato?
In fondo, in che cosa consiste la cosiddetta disinformazione mediatica?
In fondo, in che cosa consiste la cosiddetta disinformazione mediatica?
Non è ciò che si definisce come informazione falsa o inesatta, diffusa DELIBERATAMENTE e strumento per raggiungere uno scopo? (Non è infatti da confondere come affermazioni fornite inesatte ma non intenzionalmente).
Come lo scienziato può decidere se infondere nei cervelli che stanno nelle vasche una verità che si rifà al modello della realtà oppure una verità totalmente fantasiosa, allo stesso modo la disinformazione agisce o coprendo ed offuscando una informazione potenzialmente pericolosa – che potrebbe nuocere in quanto a opinione pubblica a qualche personalità o ente che gode di largo consenso o popolarità – oppure concentrando l’attenzione su informazioni di cronaca che non richiederebbero necessariamente un’analisi tanto profonda, per creare una distrazione che aumenta o diminuisce a seconda dell’accanimento dei media. Accanimento dei media che per riflesso comporta un accanimento dell’individuo sulla notizia e sul capro espiatorio che ne è protagonista.
E’ qui il pericolo, nella manipolazione mentale da parte della stessa notizia. Prendiamo un esempio piuttosto recente ed emblematico, che conosciamo bene, come la vicenda di Sarah Scazzi. Tale notizia aveva creato un fanatismo, una curiosità, un accanimento del tutto fuori dalla norma. Gli appassionati a questa vicenda si sono recati in pellegrinaggio di fronte alla casa dove è avvenuto il delitto, si organizzavano pullman per Avetrana. IN PELLEGRINAGGIO. SI ORGANIZZAVANO PULLMAN.
Ora, tutto questo non è vergognosamente esagerato?
E tutto questo da cosa deriva?
Non è una manipolazione mentale?
Lenin – e non lo cito volentieri, perché le conseguenze del suo pensiero sono state tutt’altro che positive – diceva che “La libertà di stampa nella società borghese consiste nella possibilità per i ricchi di pervertire e ingannare sistematicamente, incessantemente, tutti i giorni, attraverso milioni di copie, le masse sfruttate e oppresse, i poveri. Libertà di stampa significa in realtà che tutte le opinioni, di tutti i cittadini, possono essere espresse senza limitazioni. Eppure qual è la situazione attuale? Oggi il monopolio di questa libertà appartiene esclusivamente ai ricchi e ai grandi partiti”.
E’ una verità che riporta al giornalismo odierno, che si è trasformato gradualmente da un giornalismo di lotta ad un oggetto di consumo, prodotto che può essere utilizzato anche come strumento di controllo, di manipolazione mentale.
In questa opera ha senz’altro aiutato anche il concetto di giornalismo come ‘fatti non opinioni’ per cui la notizia dovrebbe essere presentata con una obiettività tale da garantirle autorità e renderla VERITA’ UFFICIALE.
In pratica, questo modello di giornalismo statunitense ha fatto tutto il contrario di quello che si proponeva: offuscare la verità.
La notizia è per forza filtrata dalle categorie concettuali di chi la fornisce o peggio dagli interessi di chi la fornisce. Non è possibile fare giornalismo non avendo un’idea o una posizione riguardo ad un determinato argomento. Specialmente in determinati settori.
Se però la verità fornita è considerata come la verità ufficiale, si prende come vera un’opinione, si prende come inconfutabilmente vera l’opinione di chi ha fornito la notizia.
E si finisce per credere ciecamente in opinioni senza sviluppare una propria coscienza politica e sociale.
Come si può comprendere la verità?
E’ necessario informarsi approfonditamente, indagare, attenti e consapevoli, sulle molte interpretazioni della verità che ci vengono fornite. E soprattutto fidarsi di chi propone una propria OPINIONE, piuttosto che chi dichiara di avere la verità in tasca.
La propria coscienza nascerà dal confronto tra opinioni.
La verità sarà comunque una verità PER NOI, in base all’interpretazione che abbiamo scelto, e con questo però non tolgo che il fatto è il fatto, e la verità non sta a metà, ma probabilmente sta tutta da una parte, perché la verità da qualche parte esiste.
Quindi il parallelismo tra lo scienziato e la disinformazione è da considerare nella sua relatività: i cervelli nella vasca di Putnam, se anche provassero ad essere più attenti e consapevoli, ad indagare e a non fidarsi, a confrontare, ad informarsi approfonditamente riuscirebbero a raggiungere la verità? Riuscirebbero anche solo a distinguere una verità reale da una verità virtuale?
Probabilmente no, dal momento che ogni informazione è gestita nella sua totalità dallo scienziato: è lui che possiede la verità e che decide cosa divulgare e cosa non divulgare, ed anche come divulgarlo, quando divulgarlo e perché divulgarlo, a che scopo.
E noi?
Noi possiamo uscire da questo sistema?
Possiamo mettere piede sul terreno della verità con certezza inconfutabile?
Oppure, anche dopo essere stati più attenti e consapevoli, aver indagato e non esserci fidati, aver confrontato ed esserci informati, trovandoci comunque a dover scegliere una tra le varie forme in cui la notizia ci viene posta, non potremo nemmeno a quel punto avere la certezza di essere finalmente approdati al Fatto?
Chissà.
La speranza va riposta nel fatto che, per quanto Putnam mi possa parlare di scienziati, il fatto è, è vero ed esiste. E pertanto con coscienza e interessamento può essere raggiungibile.
[…] Si è spento nella giornata di oggi, 13 marzo 2016, il filosofo statunitense Hilary Putnam, all’età di 89 anni. Nato a Chicago il 31 luglio 1926 da una famiglia ebraica, la sua formazione è avvenuta tra la filosofia analitica neopositivistica e il pragmatismo americano, occupandosi poi di logica, filosofia del linguaggio ma anche di epistemologia e di questioni etiche. Negli anni ’60, mentre è professore di filosofia prima al MIT e poi a Harvard, Putnam inizia a impegnarsi in politica, sviluppando posizioni pacifiste e marxiste, convinto, anche sulla scorta delle letture di alcuni classici del pensiero quali Kierkegaard, Marx, Freud e la Scuola di Francoforte, che la filosofia non sia solo un impegno teorico accademico. Celebre il suo esperimento mentale dei cervelli in una vasca. […]