Fino al 3 luglio 2022, il Mudec di Milano ospita, per la prima volta in Italia, una mostra personale dei reportage dalla Cina di Henri Cartier-Bresson, celebre pioniere del fotogiornalismo. Dal titolo Henri Cartier-Bresson. Cina 1948-49 | 1958, l’esposizione propone un corpus di oltre cento stampe originali, dalla caduta del Kuomintang, all’arrivo di Mao Zedong, attraverso cui si celebra l’artista come maestro indiscusso dell’istante decisivo. Il progetto, prodotto da 24 ORE Cultura e promosso dal Comune di Milano-Cultura, è curato da Michel Fritzot e Ying-Lung Su e realizzato grazie alla collaborazione della Fondazione parigina Henri Cartier-Bresson.
Composto e appassionato è stato l’intervento di Francois Hébel, direttore della Fondazione Henri Cartier-Bresson, che nella giornata di inaugurazione della mostra ha delineato un ritratto dell’artista quanto mai illuminante per l’interpretazione delle opere esposte. L’attività di Cartier-Bresson inizia nel solco del movimento surrealista, da cui deriva l’idea della fissità dell’istante, colto nei gesti e nei dettagli della vita quotidiana. Negli anni Trenta matura una coscienza politica e sociale che lo avvicina al fotogiornalismo, settore che nobilita fondando l’agenzia fotografica Magnum e pubblicando il suo testo celeberrimo, Il momento decisivo.
La poetica del momento decisivo
Il percorso espositivo ben distingue i due diversi reportage dell’artista, che parimenti apportano novità caratteristiche e di svolta nella storia del fotogiornalismo. Pochi sono gli scatti, tutti in bianco e nero, che l’artista dedica al medesimo soggetto, sempre volti a cogliere l’immediatezza e la veridicità del momento giusto, quello in cui, per riprendere le parole dello stesso Cartier-Bresson, «testa, occhi e cuore si trovano sullo stesso asse».
In effetti, la fotografia è per me un modo di disegnare la realtà, sottolineando forme, luce e ritmi e rispondendo intuitivamente ad un soggetto, in una continua lotta contro il tempo per catturare il momento decisivo.
Henri Cartier-Bresson
Il reportage «Cina 1948-49» di Henri Cartier-Bresson in mostra al Mudec
Il 25 novembre 1948 la rivista Life commissiona a Henri Cartier-Bresson un reportage sugli “ultimi giorni di Pechino” prima dell’arrivo delle truppe di Mao. Il soggiorno, previsto di due settimane, durerà dieci mesi, durante i quali documenterà la caduta di Nanchino, retta dal Kuomintang. Per quattro mesi è costretto a rimanere a Shanghai, controllata dal Partito Comunista; lascerà il paese pochi giorni prima della proclamazione della Repubblica Popolare Cinese.
Leggi anche:
Luigi Ghirri e Merleau-Ponty: un filo invisibile tra filosofia e fotografia
Più poetico, intimista e distaccato che non attento agli avvenimenti è questo primo reportage. Tracce del passato surrealista si possono scorgere anche in alcuni dei primi soggetti immortalati dalla sua macchina, in particolare nel Passante davanti alla porta Wu Men, nella Città Proibita. Il quotidiano sembra estraniarsi dalla storia: in assenza di didascalie, il sorriso di un gruppo di bambini (fotografati durante uno spettacolo pantomimico) è l’eterno – atemporale – sorriso dei bambini.
Il reportage «Cina 1958»
Nel 1958, a quasi dieci anni dal primo reportage, Henri Cartier-Bresson si mette nuovamente in viaggio. Questa volta la situazione è differente: per quattro mesi percorre migliaia di chilometri in Cina sulle tracce del “Grande balzo in avanti”. Con l’obiettivo di documentare gli esiti della Rivoluzione e dell’industrializzazione forzata delle regioni rurali, visita complessi siderurgici, grandi dighe in costruzione, pozzi petroliferi.
Leggi anche:
Anne Barlinckhoff: fotografia tra umanità e natura
Con sguardo acuto, Cartier-Bresson riesce a immortalare anche il prezzo della modernizzazione in Cina: lo sfruttamento del lavoro manuale collettivo, il fallimento dell’agricoltura, il controllo militare, l’onnipresenza della propaganda.
Parata celebrativa del nono anniversario della Repubblica Popolare Cinese
Pechino, 1° ottobre 1958 Vintage gelatin silver print
© Fondation Henri Cartier-Bresson / Magnum Photos
Gli studenti stessi, senza l’ausilio di macchine, costruiscono la piscina dell’Università.
Pechino, giugno 1958 Gelatin silver print, 1958
© Fondation Henri Cartier-Bresson / Magnum Photos
Come già il precedente, anche il reportage China 1958 è un grande successo editoriale internazionale che segnerà in Occidente l’immagine della Cina di Mao fino agli anni Settanta.
Leggi anche:
Lu Xun, lo scrittore che svegliò la Cina dall’apatia
Cartier-Bresson, l’occhio del secolo, indaga il cambiamento epocale della storia di un popolo – il passaggio da un prima a un poi – restituendo plurimi momenti decisivi. La sua è una costruzione di sguardi, che non è solo ricerca degli eventi: inventa, attraverso l’occhio, la sua grafica del mondo reale. L’attenzione si posa sul contesto, mentre la macchina mette a fuoco ciò che altri trascurerebbero.
Non abbiamo grandi editori alle spalle. Gli unici nostri padroni sono i lettori. Sostieni la cultura giovane, libera e indipendente: iscriviti al FR Club!
Segui Frammenti Rivista anche su Facebook e Instagram, e iscriviti alla nostra newsletter!