Con febbraio inizia in tutto il mondo il Black History Month, nato negli Stati Uniti nel 1926. In Europa si sceglie, a volte, di celebrarlo a ottobre, ma solitamente si decide di seguire la datazione originale americana. Anche a teatro si cerca di partecipare a questo importante evento, proponendo o riproponendo spettacoli che presentano al pubblico la storia di persone di colore.
A volte, però, è anche importante proporre l’importanza della rappresentazione in spettacoli che si dedicano solitamente ad altri tempi oppure in spettacoli che, in apparenza, potrebbero celebrare qualcosa di completamente opposto. A questo proposito, si vuole parlare qui di uno spettacolo ormai diventato un classico, un’istituzione che rimarrà nella storia del teatro musicale: Hamilton.
Cosa può portare la figura di Alexander Hamilton?
È il 2015 ed Hamilton va finalmente in scena, scatenando una sequela di repliche innumerevoli e continui spettacoli sold out: questo spettacolo muove il pubblico, attira anche chi non è pratico di teatro musicale, stupisce chi entra in sala. Ma perché? Cosa è successo in quelle due ore di spettacolo che ha posto un punto fermo? Cosa porta la figura di Alexander Hamilton nella storia americana moderna?
Il punto di svolta è il golden boy dei musical moderni, cresciuto sotto l’ala di Stephen Sondheim e sotto la benedizione di Jonathan Larson: Lin-Manuel Miranda. Appena uscito dal successo di In the heights, che porta in scena l’orgoglio di essere latini in uno dei quartieri più particolari di New York, Lin-Manuel Miranda comincia a leggere una biografia di Alexander Hamilton e da lì il colpo di fulmine.