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Guglielmo Ciardi e la rivoluzione del Vedutismo Veneziano. Un altro ’68

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Un altro ’68

Un mattino di 150 anni fa, alle prime luci dell’alba, un uomo esce dalla propria abitazione nel sestiere Dorsoduro con un cavalletto sottobraccio. Decide di appostarsi in una zona nuova di Venezia, diversa rispetto ai punti panoramici scelti dagli altri pittori. È San Basilio, un’area trascurata, ancora spoglia dei tipici magazzini edificati solo un trentennio più tardi, ma da lì può godere di una visuale libera ed ampia sull’isola antistante della Giudecca. Allora installa il cavalletto, prepara la tavolozza ed inizia a dipingere, in sottofondo le vivaci interiezioni dei marinai impegnati nello scarico delle merci. Forse ancora non se ne rende conto, ma con quelle pennellate ai confini della laguna, lui, Guglielmo Ciardi, sta sancendo la nascita di un capolavoro e di una piccola rivoluzione. Una rivoluzione, discreta ma incisiva, nata da un viaggio. È il 1868; un altro ’68. 

Guglielmo Ciardi, Canale della Giudecca, 1868-1869, olio su tela, 62,5 x 110 cm, Venezia, Ca’ Pesaro – Galleria Internazionale d’Arte Moderna 
Foto da: www.pinterest.com

La rivoluzione di Guglielmo Ciardi

Ha terminato da poco l’Accademia, l’allievo più talentuoso di Domenico Bresolin, quando intraprende un viaggio di formazione in Centro Italia, al pari di tanti altri studenti delle Belle Arti. Tappa obbligata è la Toscana, cuore pulsante del rinnovamento pittorico alla metà del secolo. Nella sua terra d’origine, il giovane artista non può esimersi dal conoscere il critico Diego Martelli e la compagnia dei Macchiaioli addensatasi attorno a lui. Dai paesaggi maremmani di Giovanni Fattori e di Giovanni “Nino” Costa, Guglielmo Ciardi trae la folgorazione della macchia e l’ariosità di una pittura libera e veloce che sarà per lui fonte d’ispirazione.

guglielmo ciardi giovanni fattori
Giovanni Fattori, Autoritratto. Fonte: alessandraartale.it

Egli intuisce, dunque, il fine cambiamento in atto nel mondo dell’arte: l’aria della Scuola di Barbizon ha valicato le Alpi, fondendosi con le tematiche e lo stile degli artisti del Caffè Michelangiolo, prima di sbarcare nella città lagunare.

Qui la necessità di un cambiamento si fa evidente, dinanzi a soggetti pittorici abusati da secoli. Così, un gruppo di artisti – amanti della solitudine e del silenzio, come Guglielmo Ciardi – volta le spalle alla Venezia dei palazzi nobiliari, della Basilica di San Marco e delle gondole in canale, per rivolgersi alla quieta immensità dello specchio lagunare. I pittori, allora, scoprono la laguna con le sue barene sperdute, i suoi spazi dilatati di luce, la piattezza delle sue acque, le luci di tramonti a dir poco irreali. Canale della Giudecca si configura, pertanto, come il quadro della svolta, una svolta che assegna infine una voce agli spazi più umili e degradati di Venezia.

La svolta del Canale della Giudecca

Risulta facile immergersi in opere come questa, perdersi nella sacralità del suo silenzio, riuscire quasi a sfiorare la vaporosità delle nuvole. È un’opera dallo straordinario potere evocativo, un quadro iconico di uno stile composto da pennellate brevi e corpose che apriranno la strada alle sue luminose marine. È la lentezza della quotidianità della vita, catturata in opere come questa, povere di elementi narrativi ma ricche dei significati più profondi. Canale della Giudecca rappresenta il tributo del Maestro alla sua musa prediletta, la città fatta di vie d’acqua che occuperà sempre un posto speciale nella sua Arte e nel suo cuore

Nel 1894 l’ormai acclamato paesaggista viene chiamato a ricoprire la cattedra di Scuola di vedute di paese e di mare all’Accademia di Venezia mentre dall’anno successivo iniziano le sue partecipazioni alla Biennale, occasioni durante le quali l’innovatore del vedutismo sarà sempre lodato. Non è difficile immaginare, tuttavia, Guglielmo Ciardi lontano dall’ufficialità accademica, magari intento a passeggiare a San Basilio o lungo le Zattere, cullato dalle onde del Canale della Giudecca, proprio lì dove la grande riforma del vedutismo veneziano è uscita allo scoperto. 

Jennifer Marie Collavo

Nata nel '96 ma del secolo sbagliato, cresciuta in una famiglia multiculturale e multilingue. Una laurea in Conservazione e gestione dei beni culturali ed un'insopprimibile passione per tutto ciò che è antico, enigmatico e che esce dall'ordinario. Ama follemente i cipressi, Napoleone, la spumosa schiuma della birra e i viaggi on the road.

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