Una coreografia di opere
Voglio che lo spettatore sperimenti uno spazio visivo ed emozionale che combini poesia, fantasia e memoria e che esprima una volontà di essere, una volontà di creare ed una volontà di cambiare.
Visitare Ground Break, retrospettiva dell’artista Nari Ward in mostra presso Pirelli HangarBicocca dal 28 marzo al 28 luglio 2024, si rivela, fin dal primo passo all’interno dello spazio, un’esperienza immersiva. Passando attraverso il giardino fiorito della personale di Chiara Camoni Chiamare a raduno (immersa nella luce naturale), si accede ad uno spazio buio e molto più ampio, nelle Navate di HangarBicocca. Tuttavia, l’ampio respiro degli alti soffitti all’ingresso è soffocato da una rete di fili colorati, che intrappolano come la sottile tela di un ragno oggetti di grandi dimensioni e provenienza più disparata: libri, culle, un frigorifero, mattoni. Si tratta di Hunger Cradle, una delle quattro installazioni principali che costituiscono il filo conduttore della mostra. Nari Ward, in collaborazione con le curatrici Roberta Tenconi e Lucia Aspesi, espone cinque installazioni realizzate tra il 1996 e il 2000 per il progetto di performance Geography Trilogy di Ralph Lemon. È la prima volta che questi lavori vengono allestiti in un contesto espositivo. Hunger Cradle è una rete labirintica in cui rimangono incastrati degli oggetti: l’installazione, site-specific, contiene alcuni mattoni dell’opera che dà il titolo alla mostra, Ground Break. Le altre installazioni di questa serie sono Geography Pallets, Geography Bedsprings, Geography Bottle Curtain, Geography Temperature Curtain. Ad accomunare queste opere sono sicuramente le dimensioni: davanti allo spettatore si stagliano metri di bottiglie intrecciate fra loro, pareti di dodici metri di molle da letto, lastre di plexiglas e zucchero cristallizzato. Secondo Nari Ward, la forza di questo progetto espositivo sta proprio nel fatto che attraverso queste imponenti installazioni sia possibile guardare. Lo spazio non risulta diviso, ma anzi la fruizione di un’opera spesso gode del filtro di un’ulteriore installazione.
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L’importanza della performance: Groung Break
Il legame con la performance è fondamentale in questa mostra. Una prima forma di movimento è possibile grazie alle innumerevoli installazioni video presenti nello spazio. Si tratta soprattutto di storie di ingiustizia: i maltrattamenti in un ospedale psichiatrico raccontati da un pupazzo animato in Parrot Diatribe (2007), le tensioni fra la polizia e la comunità afroamericana in Father and Sons (2010). L’elemento performativo vero e proprio tuttavia c’è, grazie alla collaborazione fra Nari Ward e l’artista musicale Justin Randolph Thompson. Durante tutta la durata dell’esposizione ci saranno infatti dei momenti in cui Thompson, dirigendo un gruppo di musicisti, metterà in scena una serie di performance musicali ispirate alle opere esposte. Tutte le performance avverranno sull’installazione pavimentale che dà il nome alla mostra: Ground Break. Si tratta di una composizione di oltre 4000 mattoni rivestiti da lastre in rame. Per l’artista, Ground Break è «lo spazio di possibilità spirituali». Su questo pavimento sono posizionate alcune installazioni della serie Parallel Objects (2012): si tratta di assemblaggi di oggetti quotidiani che perdono la loro funzione d’uso. In qualche modo, ricordano degli improbabili strumenti musicali. Caratteristica che accomuna queste sculture è che alcune parti sono avvolte in coperte termiche argentate. Nari Ward nel proprio lavoro artistico ha già avuto modo di sperimentare con questo materiale, rendendolo protagonista nell’installazione Emergency Pool (2022) per Fondazione Trussardi: per l’occasione una piscina era stata ricoperta da coperte termiche (in quel caso dorate), in omaggio alle vittime dei pericolosi viaggi della Speranza di molti migranti nel Mediterraneo.
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Happy Smilers: Duty Free Shopping
Critica al turismo e alla capitalizzazione dell’identità culturale è l’installazione divisa in due stanze Happy Smilers: Duty Free Shopping (1996). La prima stanza è vuota e completamente gialla. Il colore acceso si associa alla musica allegra che viene diffusa nello spazio: si tratta di brani della band giamaicana Happy Smilers, di cui è membro lo zio dell’artista. All’ingresso della stanza bottiglie colorate di una bibita, Tropical Fantasy, appese ad una tipica tenda da negozio di souvenir. Nella seconda stanza lo spazio è organizzato in maniera decisamente più complessa: un labirinto formato da materiali di recupero tenuti insieme da una pompa dell’acqua dei vigili del fuoco (riferimento ad uno dei primi studi di Nari Ward, in un ex-caserma dei pompieri) nasconde al suo centro un’installazione con una scala antincendio sospesa in aria. Sotto di essa, un piano di sabbia e sale, che riprende i rituali di protezione dal diavolo del folklore giamaicano. La musica allegra degli Happy Smilers viene qui sostituita dal rumore intenso della pioggia. Quest’installazione, come il resto della mostra, è un viaggio spirituale dello spettatore attraverso gli oggetti quotidiani, che trasformano se stessi e la propria funzione per offrire uno sguardo nuovo e critico sui drammi della società contemporanea, come la povertà, le discriminazioni ed il costante tentativo di capitalizzare e lucrare perfino su concetti profondi ed astratti come le tradizioni di un popolo.
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Uno sguardo all’Altro
Nel 2014 Nari Ward avvia il progetto Smile Projects: nelle sue mostre vengono organizzati degli spazi in cui i sorrisi degli spettatori vengono “rinchiusi” in scatolette di latta sigillate, che vengono poi vendute. Il ricavato viene sempre versato ad un’associazione benefica. In questo caso, i proventi del progetto Home Smiles (2024) saranno devoluti a Save the Children, in particolare per finalizzare il progetto di sostegno dei Punti Luce di Milano (Giambellino e Quarto Oggiaro), centri di accoglienza per i giovani tra i 6 e i 17 anni che offrono opportunità educative e formative.
È un progetto di collezionismo di sorrisi iniziato ad Harlem; quello che facevo era girare per le vie e collezionare sorrisi. Fondamentalmente si trattava di latte con uno specchio all’interno. Chiedevo alla gente di sorridere nelle latte e poi le sigillavo per poi venderle nel quartiere (…) ma l’idea che questi elementi potessero poi finanziare in qualche modo il quartiere stesso era molto interessante per me proprio come componente fondativa del progetto, non solo come effetto collaterale.
In copertina: Nari Ward Hunger Cradle, 1996-2024 (particolare) – Veduta dell’installazione, Pirelli HangarBicocca, Milano, 2024 Collezione privata
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