Dopo il recente successo della prima personale pittorica di Gian Maria Tosatti, HangarBicocca stupisce di nuovo con un progetto maturato nel corso di quattro anni (i primi contatti con l’artista erano stati nel 2019), che porta in mostra una retrospettiva dei quarant’anni di attività di Ann Veronica Janssens, artista di nascita britannica che vive e lavora in Belgio. Grand Bal, curata da Roberta Tenconi, ripercorre il lavoro di Ann Veronica Jannsens in tutte le sue differenti fasi e sarà visitabile dal 6 aprile al 30 luglio 2023. Il titolo, “gran ballo” in francese, si riferisce proprio a un caposaldo ideologico dell’artista, secondo cui «tutte le cose danzano» e l’origine del movimento sembra proprio essere l’aria, protagonista indiscussa anche di questa esposizione. I cardini della ricerca artistica di Ann Veronica Janssens sono, in fin dei conti, resi espliciti e presenti in ognuna delle opere (site-specific e non) esposte in mostra.
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La caducità del reale
Tutto – dalle travi in ferro alle case che devono proteggere le persone – è effimero, nasce per essere distrutto. Così, anche IPE1200 che è di fatto una putrella in ferro, oggetto industriale e perciò quasi intrinsecamente associato alla resistenza e alla forza, con la lucidatura a specchio in olio di paraffina sembra potersi frantumare con la punta di un coltello: «Ci sono varie modalità di realizzazione dei fenomeni. La putrella è scura, ma catturando la luce sembra che esca in uno stato di vulnerabilità».
Effimere possono essere, sfortunatamente, anche delle abitazioni. Lungo una delle pareti dello spazio sono state esposte le fotografie realizzate dall’artista nel corso dei suoi numerosi viaggi in giro per il mondo. Si tratta di immagini di abitazioni fatiscenti, baracche. Sono attaccate in modo precario alla parete, così che le correnti d’aria create dalle porte spalancate nello spazio ne sollevano i lembi, arrivando quasi perfino a staccarle. La fragilità dei fogli su cui sono stampate queste fotografie è la stessa di quelli che per una grande parte della popolazione mondiale sono considerati luoghi di rifugio. La mostra è un invito a un cambio di prospettiva, non solo sociale – come in questo caso – ma ontologica.
Transitorietà
La realtà è caduca in ogni sua parte, e questo è un dato che ogni uomo sa ma di cui non vuol prendere coscienza. «Tra cento anni, in fondo alla scala del tempo, come arriveranno le nostre belle architetture di ferro e di vetro, le nostre belle architetture monumentali orgoglio della società?» scriveva Ettore Sottsass nel saggio Foto dal Finestrino. Ma non sono solo le grandi opere dell’uomo a svanire, bensì le sue tracce in senso più assoluto. Le Chemin de Joyce è un progetto realizzato nel 2003 in Olanda in cui l’artista, dopo aver chiesto a una classe elementare di disegnare un percorso senza inizio né fine, ne selezionò uno e lo realizzò creando un sentiero di sassolini rossi di duecento metri in un bosco. Anche quest’opera, frutto prima della mente e poi della mano umana, in pochi mesi si sarebbe persa nel muschio del sottobosco, nell’acqua dei temporali e nelle foglie cadute.
Un’arte partecipativa
Ann Veronica Jansenss considera necessaria la partecipazione del visitatore alle sue opere. Drops, installazione che apre il percorso (allestita in origine presso la Scuola di San Rocco a Venezia nel 1999) è un invito al visitatore a camminare fra questi specchi rotondi che, come gocce d’acqua o buchi, sono disseminati in una porzione di spazio abbastanza ampia. È necessario affacciarsi su questi specchi di vetro: i riflessi non saranno affreschi di maestri cinquecenteschi, bensì semplici volti (i propri) e architetture industriali. Anche Swings, una serie di tre altalene posizionate nello spazio allestito, invitano il visitatore a sedervisi sopra. Poiché le corde sono agganciate a travi poste a oltre quattro metri di altezza, il movimento non è regolare come quello di un normale gioco infantile; inoltre, i sedili sono rivestiti di un materiale termoreagente che, a contatto con i corpi di chi vi si siede, per un breve tempo lascia una traccia colorata del suo utilizzo. «Le altalene servono a sentire la qualità, la trasparenza, la materialità dell’aria» – afferma l’artista. In ultimo, la riproposizione di La pluie météorique (opera del 1997) è un altro invito alla partecipazione attiva del visitatore che deve orientarsi camminando sopra dei ciottoli azzurri (raccolti in Indonesia). «Si tratta di un concetto naturale; non c’è nulla di preciso, si possono creare dei percorsi. E poi c’è il suono» commenta l’artista.
La luce come materiale
La luce è per Ann Veronica Jansenss un elemento fondamentale. Per questa ragione ha modificato lo spazio allestito di Pirelli HangarBicocca, aprendo alcune porte di uscita e posizionandovi davanti una tenda a rete, che quindi non solo lascia intravedere muovendosi lo spazio esterno, ma che lo mostra chiaramente attraverso una texture trasparente. «Spengo la luce artificiale. Ho avuto la possibilità di creare aperture per far entrare la porosità, la realtà della città. (…) Molte delle mie opere sono inafferrabili». La mostra ha un’illuminazione quasi interamente naturale. Di nuovo per giocare con la luce, Ann Veronica Jansenss ricorre al vetro, materiale riflettente per eccellenza, in forme e con scopi differenti: a volte smussa gli angoli di un blocco che sembra ghiaccio che si scioglie; in altri casi sovrappone lastre di vetro martellato per creare le onde del mare. Inserisce prismi di vetro in doppi vetri, o vetri di sicurezza distrutti e paradossalmente protetti da altro vetro. In Blue Glass Roll (in copertina) nella scultura rimangono cristallizzate delle bolle d’aria.
Sculture d’aria
Di nuovo l’aria è presente. Lo è anche a livello uditivo, con l’istallazione in cui in loop si trasmette il respiro dell’artista. C’è un’ultima forma di scultura d’aria, accennata in un’installazione ma assolutamente protagonista nella stanza MUHKA: la nebbia. Nella stanza si è ciechi, ma non al buio. È come una cataratta luminosa, come in Cecità di Josè Saramago. Si tratta di un’esperienza totalmente immersiva, a tratti angosciante. Ma solo procedendo a tentoni la lattiginosa cecità bianca può cessare, portando lo spettatore a una nuova visione. Di questo viaggio, reale ma anche interiore, sarà la mostra Grand Bal a svelare il finale.
La moglie del medico si alzò e andò alla finestra. Guardò giù, guardò la strada coperta di spazzatura, guardò le persone che gridavano e cantavano. Poi alzò il capo verso il cielo e vide tutto bianco. È arrivato il mio turno, pensò. La paura le fece abbassare immediatamente gli occhi. La città era ancora lì.
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Immagine di copertina: Ann Veronica Janssens, “Grand Bal”, veduta della mostra, Pirelli HangarBicocca, Milano, 2023 © 2023 Ann Veronica Janssens / SIAE Foto Andrea Rossetti