Il Teatro Studio Melato ha cambiato aspetto per Gli anni di Marco D’Agostin: una seconda platea è allestita all’interno della grande area, creando uno spazio ancora più initimo. Il pubblico si sta ancora sistemando quando Marta Ciappina entra nello spazio e l’atmosfera cambia immediatamente: gli spettatori iniziano a osservare il silenzio per permettere alla performer di concentrarsi.
Marta Ciappina
La danzatrice inizia a fare alcuni movimenti dello spettacolo all’interno dello spazio, sarà lei la sola interprete. Gli anni non ruota intorno solo a Marta Ciappina, ma anche a suo padre Vincenzo, avvocato che si è battuto per il divorzio, è stato legale della CGIL e si è occupato a lungo di cause di lavoro. Il papà della performer muore l’8 luglio 1991, ucciso dalla mafia.
La performer ripercorre parti della sua vita a partire dall’infanzia. Marta bambina si presenta agli spettatori, Ciappina non ha bisogno nemmeno di una caratterizzazione ulteriore: basta il suo sguardo. «Un limone, due limoni, tre limoni…» inizia a contare e si sofferma su alcuni numeri mentre inizia ad arredare la scena con gli oggetti significativi della sua narrazione. Il novantuno è ovviamente un numero pesante, su cui ci si sofferma. Continua la danza e appaiono un cane, un telefono giallo, delle cuffie, delle tessere.
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A ritroso
Gli spettatori ora vedono la danzatrice che agisce il suo monologo: lega oggetti con gesti ben studiati, dice alcune parole e crea un legame con chi ha davanti. Marta Ciappina non è sola con i suoi ricordi: ora anche noi siamo a conoscenza di questa storia, tanto che affida alcune lettere (A N N I) a una persona nel pubblico. Gli anni non sono più solo quelli personali, ma anche quelli degli eventi che tutti conosciamo come comunità italiana.
Se in principio non sono chiari tutti i gesti che la performer fa, una volta concluso il corpus centrale vengono spiegati tutti a ritroso. Sono parti di lavori eseguiti da, o di Ciappina, simboli di emozioni e ricordi da lei vissuti e parti create per questa coreografia. Il lavoro diventa quindi metateatrale perché non solo si ricordano eventi passati, ma anche le parti dello spettacolo appena viste.
D’Agostin
La firma del coreografo Marco D’Agostin si vede non solo nell’idea drammaturgica e nella guida di Marta Ciappina, ma anche nella brillante ironia. La citazione del libro di Annie Ernaux, a cui è ispirato lo spettacolo, è affiancata a quella della canzone degli 883; la Storia è legata al colloquiale e non potrebbe essere altrimenti.
D’Agostin utilizza riferimenti conosciuti, metateatralità e momenti anche più esplicativi in cui Ciappina descrive le azioni agite dal suo corpo per creare un rapporto vero e proprio con gli interlocutori di questo dialogo. Il pubblico entra nel privato.
Un libro aperto
Come se fosse l’omonimo scritto di Annie Ernoux, D’Agostin inserisce nello spettacolo le indicazioni editoriali e una dedica, scritte in uno schermo posto in alto a destra. Marta Ciappina è quel libro aperto davanti al pubblico e dona uno spaccato della sua vita. I gesti, la danza e le inframmezzate parole sono lo svolgimento della trama.
Gli Anni al Piccolo Teatro Studio Melato
di Marco D’Agostin
con Marta Ciappina
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