Una nuova modalità di emissione vocale con Gilbert-Louis Duprez
Nella prima metà del XIX secolo stava cambiando qualcosa nella modalità di scrittura musicale dei nuovi compositori, i quali si rifacevano alle novità tecniche dei nuovi interpreti vocali messi a disposizione per le loro rappresentazioni operistiche. La situazione è ben sintetizzata da queste parole di Marco Beghelli nel suo saggio Il “Do” di petto. Dissacrazione di un mito:
Erano dunque i compositori stessi, Donizetti, Mercadante, a modellare le loro musiche sulle caratteristiche vocali dei nuovi interpreti, scrivendo parti che senza l’opportuna veemenza vocale avrebbero rischiato di cadere (era la situazione che quasi dettava l’urlo). Ben se ne avvedeva Bellini, rimasto ancora ai vecchi modelli: «Ricordatevi che nelle belle arti ci vogliono fatti!»
Il pubblico non andava più a teatro per ascoltare i virtuosismi delle voci più acute, bensì per applaudire gli acuti dei tenori che, da Gilbert-Louis Duprez in poi, cominciavano a sperimentare una nuova modalità di emissione vocale, caratterizzata da un inscurimento della voce e dall’aumento del volume.
Non a caso questa modificazione della voce tenorile si verifica contemporaneamente al cambiamento della struttura dei teatri. La volontà di raccogliere un numero sempre maggiore di spettatori ha come conseguenza la necessità di costruire spazi sempre più grandi, i quali per ovvi motivi necessitano di una maggiore potenza vocale da parte dei cantanti, affinché il loro canto riempia l’intera struttura. Non solo. A questo bisogna aggiungere la formazione di un nuovo organico orchestrale sempre più grande e difficile per un cantante da sovrastare vocalmente.
L’era della voce tenorile
Nasce così «l’età del tenore», in cui non sono più le voci acute dei soprani e dei castrati a primeggiare nelle rappresentazioni teatrali, bensì quelle dei tenori che con i loro acuti emozionavano il pubblico raggiungendo i più intimi antri dell’anima umana. Pertanto il tenore, che all’esordio dell’opera non aveva alcuna importanza, nel corso del Novecento diventerà il «radunatore di folle teatrali» per eccellenza, come sintetizza Aldo Palazzeschi nelle Stampe dell’Ottocento, commentando una mise en scéne fiorentina con protagonista la voce del tenore:
Si sarebbe detto che davanti al tenore gli spettatori avessero un unico sesso, o ch’egli rappresentasse un terzo sesso, capace di affascinare i sensi ugualmente, tanto era forte il suo potere di dominio sul pubblico; mentre il soprano e il baritono, pur magnifici che fossero e ben provvisti di tutti i mezzi, pur bella e nobile che potesse essere la loro parte, ottenevano entusiasmi equi e temperati, gli entusiasmi per il tenore erano disumani.
La vocalità del tenore è limpida, cristallina, acuta e spesso molto estesa. È perfetta per interpretare – nella maggior parte dei casi – il paladino della giustizia, l’eroe dell’opera, colui che salva la propria amata – in genere il soprano – dalle grinfie del suo acerrimo nemico e rivale in amore, il baritono. Tra le voci maschili il tenore è il giovane dai sentimenti puri e appassionati, destinato dal proprio idealismo a restare vittima dell’ingiustizia e della tirannide. Gualtiero del Pirata, Edgardo della Lucia di Lammermoor sono i prototipi di questo tipo vocale e psicologico, la cui idealizzazione, però è configurata dal timbro caldo e scuro e non dal canto virtuosistico. Il tenore romantico nasce dall’esigenza collettiva di superare l’ormai inattuale haute-contre francese (il contraltista evirato).
Non a caso una delle prime mise en scéne che mostra il «tenore radunatore di folle» è la Lucia di Lammermoor di Gaetano Donizetti. Il suo successo, oltre alle sublimi interpretazioni della soprano Fanny Tacchinardi nel ruolo di Lucia e del basso Domenico Cosselli nel ruolo di Lord Enrico Ashton, fu dovuto essenzialmente alla nuova tessitura vocale data al tenore, che riceve il testimone da Lucia proprio per chiudere l’opera, sostituendo il ruolo della prima donna. Un’opera con protagonista Lucia non termina con la sua morte, bensì con il passaggio dell’anima dell’amata all’ancora ignaro Edgardo, al quale Donizetti affida la romanza con cabaletta e finale II.
Gilbert-Louis Duprez e il suo «Do di petto»
Tutto questo fu possibile, però, grazie alla grande personalità e interpretazione del tenore Gilbert-Louis Duprez, da Donizetti chiamato «ciabattino» proprio perché lo aiutava nella correzione delle sue opere. Inoltre il trionfo di Edgardo-Duprez è testimoniato da molti giornali dell’epoca che ne descrivono al sua grandezza.
Duprez si distinse in un modo per lui sorprendente.
Teatri Arti e Letteratura, A. XIII, n. 607, 22 Ottobre 1835
Duprez dice con molt’anima il Duetto al primo atto e la sua scena finale.
I curiosi, Napoli, A. 1, n. 6, 15 Ottobre 1835
In compagnia della Tacchinardi, Duprez e Cosselli in questa occasione celebrò Donizetti uno de’ suoi superbi trionfi … il Duprez colla forza del suo bell’organo, e coll’entusiasmo della sua anima ardente.
Il Censore Universale dei Teatri, Milano, n. 97, Sabato 5 Dicembre 1835
Ma la prova schiacciante di come il tenore lirico leggero stesse trovando una nuova strada nella modalità di emissione vocale, la si ha con la scrittura del Poliuto di Gaetano Donizetti, che nel 1840 per il pubblico parigino diverrà Les Martyrs. La cosa più interessante di tutta la riscrittura dell’opera fu la modificazione tecnica di Poliuto. Mentre il ruolo del santo era stato concepito inizialmente per il tenore della vecchia scuola Adolphe Nourrit, la cui tessitura normale – non in falsetto – non superava il la acuto, quella di Polyeucte de Les Martyrs fu scritta per il «ciabattino» Duprez, ormai famoso per il suo «Do di petto».
La tessitura di questo ruolo divenne particolarmente ardua tanto che nel terzetto finale del primo atto il tenore improvvisamente emette un Do# acuto.
La modificazione del ruolo di Poliuto in Polyeucte vede ancora una volta il cambiamento del ruolo del tenore ed è, senz’altro, la prova probande che il pubblico ormai va a teatro per ascoltare la nuova voce tenorile. Non a caso lo stesso Adolphe Nourrit, dopo la sostituzione di Polyeucte con Duprez, si recherà a Napoli per apprendere la nuova modalità di emissione vocale del tenore. Non riuscendo, però, a sostenere tale cambiamento, preso da una forte cristi psicologica si toglierà la vita.
Cos’era, dunque, avvenuto? Semplicemente, qualcuno aveva scoperto come, esasperando quel basculare in avanti e in basso della cartilagine tiroidea necessario nel registro modale per passare alla consonanza di testa, si otteneva una modificazione vantaggiosa del cavo faringeo e quindi del suono vocale.
Un nuovo contesto storico culturale
Gilbert-Louis Duprez fu, dunque, colui che ebbe il coraggio di affidarsi a questo artificio fisico, nel più favorevole contesto musicale (il culmine di un brano marziale di per sé è già strepitoso), storico (la nascita del tenore romantico di stampo eroico) e sociale (il bisogno del pubblico parigino, stanco di Nourrit, di regalarsi un nuovo divo), portando così alla creazione del mito del «tenore eroico».
Il fenomeno dell’evoluzione della voce tenorile, non si deve considerare come un fenomeno isolato dal contesto storico. I nuovi tenori, insieme ai compositori esordenti, capiscono le nuove modalità di studio e di emissione della voce tenorile, che corrispondono alle nuove prerogative teatrali. Ormai, il pubblico parigino comincia a sentire i fervori della rivoluzione, e il vecchio tenore alla Nourrit non rispecchia più le proprie esigenze, che sono, invece, concretizzate nella forza espressiva di Duprez. Gli spettatori avevano trovato, nella forza vocale di Duprez e nella sua espressività teatrale, il prototipo di ciò che i loro animi stavano vivendo.
Per questo basti confrontare il diverso atteggiamento scenico di Nourrit e Duprez nel Guillaume Tell di Gioacchino Rossini così come ce lo tramandano le immagini dell’epoca, insieme alla differente potenza fonica, per individuare un’impostazione drammatica antitetica del personaggio, corrispondente a una nuova realtà culturale, sociale e storica, in cui il pubblico trova la sua effettiva identificazione.
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