Il giardino dei ciliegi è una delle opere teatrali più famose del drammaturgo Anton Čechov, pensata già nel 1901 ma rappresentata solo all’inizio del 1904, dopo una lunga e difficile composizione, dovuta anche ai problemi di salute del suo autore.
«Il giardino dei ciliegi» di Anton Čechov, un’opera nostalgica
L’azione che presenta Il giardino dei ciliegi gira tutta intorno al ricordo delle vecchie generazioni: la casa della famiglia della matriarca Ranevskaja Ljubov’ Andreevna (chiamata semplicemente Ljuba) deve essere venduta all’asta e la famiglia si riunisce per decidere il da farsi; i giovani (come Trofimov e Anja) vogliono andarsene di lì e vivere una nuova vita al di fuori dei ricordi, mentre la vecchia generazione (come Ljuba e Firs) rimane imprigionata nei ricordi di una vita ormai persa.
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La memoria è un tema caro all’autore, tanto che lo riporta in diverse sue pièce teatrali legandolo sempre alla differenza generazionale dei suoi personaggi: in questo caso la memoria è rappresentata visivamente dal giardino dei ciliegi visibile sullo sfondo, che accende la miccia di ogni discorso e punto di vista: per la vecchia Ljuba la vendita della casa e del giardino comporta la morte dei suoi ricordi, mentre per Anja significa la libertà dai vecchi legami. La casa e la vendita rappresenta un punto di svolta per ognuno dei personaggi, in positivo e in negativo: per tutti tranne che per Firs, che viene letteralmente abbandonato nella casa, nelle sue convinzioni antiche, nella sua felicità di restare chiuso in quelle quattro mura.
È interessante notare come Anton Čechov sviluppi la trama de Il giardino dei ciliegi. Nei primi tre atti tutto gira intorno al tema principale, ovvero la memoria del passato, e viene mostrato come i ricordi decidano le azioni dei personaggi in scena. Tutto sembra portare al momento centrale della vendita, creando – diremmo oggi – hype fin dalla prima menzione. Eppure, la vendita all’asta non viene mai mostrata: sarà Lopachin, il commerciante, a raccontare l’evento e il grande atteso esito una volta terminata, come se fosse una cosa da nulla. Il punto saliente di tutta la trama si svolge fuori scena, come se non avesse importanza, lasciando i nostri personaggi a fare i conti con le sue conseguenze.
Le diverse ideologie
In un’opera di contrasto generazionale come questa non può mancare la diversità ideologica. Čechov presenta diversi tipi di pensiero presenti nella Russia del suo tempo, inserendoli in una sola famiglia. All’estremo del conservatorismo troviamo Firs: anziano cameriere, escluso completamente dal mondo moderno, che vive per servire la sua famiglia e rinnega completamente la liberazione dei servi del 1861, credendo invece nella sottomissione allo zar e ai padroni. Vive in un mondo tutto suo, mormorando la sua disapprovazione mentre pensa di non essere ascoltato.
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Come esponente della vecchia nobiltà abbiamo la matriarca Ljuba: malgrado non possieda più le ricchezze del passato e necessiti dei soldi provenienti dalla futura vendita all’asta della casa, continua ad atteggiarsi con il dovuto decoro che la sua classe sociale imponeva mentre ricorda con grande nostalgia il tempo in cui la sua nobiltà aveva ancora effettivo valore (sia ideologico che monetario).
Giovani e innovativi sono invece Trofimov e Lopachin: il primo, giovane studente dagli ideali bolscevichi che lotta per un mondo intellettuale, con libertà di pensiero e meritocrazia data dal proprio lavoro e non dallo status sociale; il secondo, esempio del self-made man che parte da una realtà infantile di povertà e arriva ad uno status di uomo borghese, fino a riuscire a comprare la casa all’asta e distruggerne il giardino per vendere la terra in affitto ai turisti.
Il ricambio generazionale porta in sé, sia negli eventi storici che in tutti gli esempi letterari, un modo di pensare diverso, più moderno e (si spera) più tollerante. La differenza, in questa pièce, sta soprattutto tra Firs e Trofimov, secondo anche la grande differenza di età che distacca i due, rendendoli in tutto e per tutto incompatibili anche nei loro dialoghi.
Il cambiamento positivo
Come già detto, l’asta non viene mostrata ma l’esito non cambia: la tenuta viene venduta al miglior offerente, Lopachin, e la famiglia di Ljuba deve andarsene. Ma se negli atti precedenti questa possibilità viene accolta con grande disperazione e preannunciata come la catastrofe che avrebbe per sempre rovinato le loro vite, il quarto atto ci mostra una realtà completamente diversa.
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I nostri personaggi sono intenti a partire, portandosi dietro le loro borse e valigie per dirigersi alla stazione, ma nessuno di loro mostra segni di disperazione: accettano i cambiamenti che il tempo moderno comporta e proseguono con le loro vite. Anzi, Trofimov e Anja sono più che contenti di lasciarsi alle spalle quella tenuta a cui non avevano intenzione di badare e potersi dedicare alle loro passioni.
Purtroppo solo Firs non riesce nell’impresa di stare al passo coi tempi e viene dimenticato lì dentro, come tutto ciò che rimane fermo e immutabile, diventando parte del mobilio di una vecchia casa decrepita.
Greta Mezzalira
Immagine di copertina: Piccolo Teatro di Milano
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Fascino e mistero, anzi aria ed espressione mistica.
Io sono appassionato di cinema più che di teatro, tuttavia sto frequentando un corso di teatro, per l’appunto, qui in un paese limitrofo e me ne sto innamorando. Stiamo facendo lo studio del personaggio sulla base della commedia di Anton Cechov “Il giardino dei Ciliegi”. Io impersono Lupachin in commerciante che alla fine acquisterà la proprietà.
Sinceramente.