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elezioni in germania 2021

La SPD vince le elezioni in Germania. E ora che succede?

Alle elezioni del 26 settembre si sono affermati i socialisti come primo partito, mentre sono crollati CDU e CSU. Ma la strada per la formazione del nuovo governo è ancora lunga

5 minuti di lettura

Il 26 settembre in Germania si sono tenute le elezioni per il nuovo parlamento, e i cittadini tedeschi si sono recati alle urne sapendo che questa volta è stato diverso. Diverso perché Angela Merkel, dopo 16 anni e quattro cancellierati consecutivi, non si è ripresentata come candidata principale della CDU, il partito che ha espresso ben 6 dei 9 cancellieri che hanno guidato il paese dal dopoguerra e che ha avuto un ruolo determinate nel dare alla Germania la forma con la quale la conosciamo. Dalle urne sono emersi i socialisti del SPD come primo partito, ma la strada per la formazione del nuovo governo è ancora lunga e tortuosa.

Quindi, come sono andate le elezioni in Germania?

L’eredità della cancelliera, con un passato nella Libera Gioventù Socialista e con un dottorato in fisica, non sarà quindi delle più facili da cogliere. Oggi, alla luce dei risultati elettorali, è l’SPD ad essere uscito vincitore dalle urne. I suoi deputati passeranno dagli attuali 153 a ben 206 grazie al 25,7% dei consensi ottenuto, mentre l’unione formata da CDU-CSU, come previsto dai sondaggi che questa volta non hanno riservato particolari sorprese, ha perso quasi il 9% dei consensi rispetto all’ultima tornata elettorale. In particolare è proprio l’ala dura dei cristianodemocratici, quella bavarese, ad aver perso parecchio consenso rispetto al passato, attestandosi su valori mai così bassi dal 1949.

La vittoria dell’SPD rende improbabile, se non impossibile, un’altra Grosse Koalition con la destra tradizionale nella quale la CDU non sembra pronta ad accettare di avere un ruolo minoritario rispetto all’alleato di governo. Sembra quindi che la prima mossa arriverà da colloqui tra i Verdi di Annalena Baerbock e i Liberali. I primi hanno raccolto circa il 15% dei voti, i secondi l’11,5% e rappresenteranno quasi certamente l’ago della bilancia durante il prossimo cancellierato, ma ci sono delle fratture da sanare tra le parti. Niente di insormontabile, ma occorrerà una forte volontà politica.

Sarà probabilmente da un accordo tra queste due parti che uscirà il nome del futuro cancelliere. Difficilmente si tratterà di Armin Laschet, candidato della CDU che ha fortemente deluso durante tutta la campagna elettorale. Molto probabilmente sarà quindi Olaf Scholz, leader dell’SPD, ma non si può certo dire che i Liberali siano i primi nella lista delle sue preferenze tra i possibili partner di governo. Come previsto, si parla comunque di tempi decisamente lunghi per la formazione del governo, che potrebbe arrivare intorno alla fine dell’anno.

La coalizione SPD-Verdi-Liberali sembra essere quindi quella più quotata, ma non è da escludere che la CDU prenda il posto dei socialisti, magari con un passo indietro da parte del suo presidente, con i Verdi che comunque sembrano difficilmente compatibili con la CSU bavarese. In tutto ciò, una notizia positiva è certamente l’estrema destra di AFD che resta ferma nei consensi rispetto all’ultima tornata. Anche Linke, il partito più a sinistra entrerà di nuovo al Bundestag, ma con un calo di rappresentanza che sembra aver fatto già piacere alle borse (c’era chi temeva una coalizione a trazione rossa con SPD, Linke e Verdi).

E ora?

In ogni caso, quindi, dal quadro emerge con chiarezza una punto ben preciso e con il quale tutti dovranno fare i conti: quello che verrà fuori dalle elezioni in Germania sarà un governo di coalizione. La cosa non stupirà certamente i cittadini tedeschi, non si tratta di qualcosa di insolito, ma le trattative di governo tendono ad essere lunghe e dettagliate, e la mancanza di un player strategico come Angela Merkel potrebbe certamente complicare ulteriormente le cose.

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In questo quadro la Germania lascerà anche un vuoto considerevole nella governance dell’UE in un momento estremamente delicato, sia sul piano interno che su quello internazionale. La pandemia sembra essere alle spalle ma il quadro geopolitico è in fermento, l’inflazione cresce (e sappiamo quanto sia fumo negli occhi per alcuni politici tedeschi: a Cernobbio, al forum Ambrosetti, c’era chi addirittura parlava di iperinflazione!) e l’altro grande paese europeo, la Francia, si appresta anch’essa a votare nel corso del 2022. 

Tutto sommato quindi, con il senno di poi Merkel avrebbe potuto scegliere un periodo migliore per lasciare l’Europa orfana di una guida non certo perfetta, ma che molti avevano imparato ad apprezzare. Non si tratta di dimenticare l’austerity e i danni da essa provocati, ma di riconoscere la statura di una donna che ha saputo riconoscere i suoi errori ed ha provato a invertire la rotta su molti temi controversi, portando avanti un progetto di integrazione europea che sembrava essere ormai in stallo.

Angela Merkel: una leader in un mondo di uomini

Angela Merkel è stata senza ombra di dubbio una statista di livello, nel corso della sua lunga carriera, ed in un mondo di uomini, è stata in grado di governare più a lungo di uno dei padri fondatori dell’Unione Europea, Konrad Adenauer, e di Helmut Khol, l’uomo che invece ha saputo riportare la Germania divisa dal muro ad essere un unico stato capace, nel giro di alcuni anni, di segnare in modo profondo la politica europea. Merkel non ha certamente dovuto affrontare sfide della stessa caratura di quelle affrontate dai due predecessori: Adenauer risollevò una Germania dilaniata dalla guerra e dal nazismo, Khol dovette riequilibrare due sistemi strutturalmente diversi, ma le sfide nel corso degli ultimi sedici anni non sono certamente mancate e, nel complesso, la cancelliera lascia un paese più forte di quello che ha trovato. Ha poi senz’altro avuto l’abilità politica di destreggiarsi in un sistema assai complesso, fatto di pesi e contrappesi appositamente studiati già negli anni dell’immediato dopoguerra e di divisioni interne che non possono non essere tenute in considerazione.  

Sul piano della politica estera le crisi gestite sono state molteplici, a partire dalla crisi dei profughi siriani (la Germania ne accolse oltre un milione), passando per le difficili e delicate relazioni all’interno dell’UE, per arrivare infine a importanti sviluppi come il Recovery Plan europeo in risposta all’epidemia da COVID-19 (che senza l’appoggio tedesco si sarebbe scontrato contro i soliti e noti falchi scandinavi e nordeuropei) o l’approvazione definitiva di progetti come il neonato gasdotto Nord Stream 2, oggetto di lunghissime trattative con gli USA, fortemente critici a riguardo. Dal punto di vista della politica interna invece le sfide possono invece essere ridotte fondamentalmente a una sola: bilanciare le diverse parti che hanno formato ognuno dei quattro governi, ovvero CDU, CSU e i socialisti dell’SPD.

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Bisogna infatti tenere ben presente questo difficile puzzle di governo quando si guarda ad un bilancio complessivo degli ultimi sedici anni: da un certo punto di vista è certamente vero che non sono state portate avanti grandi rivoluzioni in ambito fiscale, economico e di assetto politico scegliendo una linea piuttosto continuativa, dall’altra però non si può certo negare che siano state prese, soprattutto negli ultimi anni, scelte anche impopolari e che solo uno statista di rango prende in considerazione (i profughi erano in molti a non volerli, ed il recovery plan sarà solo un costo netto per il contribuente tedesco, quanto meno a breve termine). Anche le svolte, però, che da osservatori esterni possiamo evidenziare soprattutto nell’indirizzo politico europeo, sono infatti in parte, sebbene certamente non solo, il riflesso di un difficile gioco di equilibri interni alla maggioranza tedesca e non solo il frutto di azioni unilaterali del capo di governo. 

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Michele Corti

Nato a Lecco nel 1996, studente di Scienze Politiche. Amo la montagna in ogni sua veste, il vento in faccia in bicicletta, la musica e provo a destreggiarmi nella politica internazionale, cosa fortunatamente più semplice rispetto a quella italiana."

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