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Gaza Sunbirds: i para-atleti che distribuiscono aiuti nella Striscia

Nel cuore delle rovine di Gaza, coraggiosi para-ciclisti distribuiscono beni essenziali, trasmettendo un forte segnale di resistenza.

5 minuti di lettura

Sprazzi di umanità da parte della popolazione palestinese assediata, sfollata e bombardata resistono, anzi fioriscono, tra le macerie che ricoprono la Striscia di Gaza. Tra i protagonisti delle iniziative umanitarie spontanee che sono nate dall’inizio dell’offensiva israeliana ci sono anche i membri del progetto Gaza Sunbirds, gruppo di para-ciclisti fondato nel 2019, che si sono impegnati in distribuzioni di beni di prima necessità ai civili. Grazie al sostegno finanziario ottenuto attraverso raccolte fondi italiane e internazionali, questi para-atleti sono riusciti a distribuire 260 quintali di pacchi alimentari, pannolini, prodotti sanitari, coperte e altri beni di prima necessità per un valore di 54mila euro. Numeri all’apparenza impressionanti ma che, ci tengono a precisare i Gaza Sunbirds, non sono nemmeno lontanamente sufficienti. Questo sostegno è infatti in grado di aiutare appena lo 0.12% degli oltre due milioni di residenti della Striscia di cui, come riportato dell’OCHA, un quarto si trovano nella “fase 5”, definita come catastrofica, nella scala di gravità delle crisi alimentari.

Mohammed Abu Asfour, membro dei Gaza Sunbirds, durante una distribuzione – Credit: Gaza Sunbirds

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Chi sono i Gaza Sunbirds

Se la rete internazionale di supporto e i donatori hanno di certo dato un contributo essenziale per rendere possibile tutto ciò, le persone che hanno materialmente effettuato le distribuzioni sono ragazzi che fino a prima del 7 ottobre si erano riuniti in diverse città della Striscia – da Rafah a Gaza City – per uno scopo ben diverso: allenarsi e ottenere i permessi per partecipare a competizioni ciclistiche internazionali, come le para-olimpiadi 2024. Questi atleti, primo tra loro Alaa al-Dali che è capitano e fondatore della squadra, fanno parte delle 155 persone che nella Striscia hanno subito amputazioni a seguito di ferite provocate dalle forze israeliane durante le manifestazioni, in larga parte pacifiche, della Marcia del Ritorno tra il 2018 e il 2019, su un totale di oltre 35mila feriti. Al-Dali ha perso una gamba dopo essersi recato, nel 2018, vicino al muro che separa la Striscia dal territorio israeliano ed essere stato colpito da uno dei proiettili che i soldati israeliani sparavano sulla folla di civili, che chiedeva la fine dell’occupazione e rivendicava il diritto al ritorno nelle terre da cui i loro nonni erano stati cacciati durante la Naqba del 1948.

Alaa al-Dali, capitano e fondatore dei Gaza Sunbirds – Credit: Gaza Sunbirds

Quando parliamo della squadra stiamo parlando di un gruppo di ragazzi che hanno perso tutto a causa dell’occupazione. Sono tra le persone più sfortunate perché non solo si sono presi un proiettile, ma sono costretti a convivere con il costo di quel proiettile per tutta la vita, e non in condizioni ottimali. Quando si ha una disabilità a Gaza questa tende a peggiorare, perché l’accesso alle cure è difficilissimo. Ci sono complicazioni mediche ma anche la salute mentale è a rischio, perché si è costantemente esposti a lutti e a bombardamenti. Prima del 7 ottobre, Gaza veniva sistematicamente bombardata, ogni anno.

Spiega Karim Ali, co-fondatore dei Gaza Sunbirds che da Londra coordina il progetto, e prosegue:

In generale è molto probabile perdere le speranze e soffrire di depressione in queste condizioni, ma questi atleti sono riusciti a superare così tante barriere e a credere in sé stessi, a credere in qualcosa. Il fatto che oggi siano impegnati nelle distribuzioni non dovrebbe stupire: se prendersi le loro gambe non è stato abbastanza per dissuaderli da perseguire il sogno di partecipare a competizioni internazionali, non vedo nulla che possa fermarli ora. Quando parli con dei palestinesi noterai che ognuno sente un dovere nei confronti della propria comunità. L’unica risposta naturale ora è quella di aiutare la propria gente.

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Le difficoltà logistiche

Così come la strada verso le para-olimpiadi 2024 era piena di difficoltà per i Gaza Sunbirds, anche quella per mettersi al servizio della propria comunità non è certo sgombra da ostacoli. Se tra il 9 e il 21 ottobre le forze israeliane avevano imposto un blocco totale della Striscia per cui non era concessa l’entrata di aiuti internazionali in un’enclave in cui già prima della guerra l’80% della popolazione sopravviveva proprio grazie a questi aiuti, le quantità che riescono a entrare ad oggi e che sono distribuite dall’ONU e dalle ONG internazionali sono ancora largamente insufficienti. L’attività dei Gaza Sunbirds dunque, nonostante tutto, non si ferma anche se raggiungere i luoghi dove le persone hanno più necessità è diventato sempre più difficile, come precisa Karim Ali:

Le zone in cui sono state effettuate le distribuzioni sono cambiate nel corso delle settimane, perché ogni giorno porta con sé cambiamenti nella Striscia. All’inizio distribuivamo a Khan Younis, Rafah, Nuseirat e parzialmente a Gaza City. Quando è cominciata l’invasione israeliana via terra però è diventato impossibile raggiungere il nord, in cui si trovavano quattro dei nostri atleti. Nella fase successiva i soldati israeliani sono penetrati fino a Nuseirat e Khan Younis. In particolare, all’inizio di questa seconda fase Nuseirat è stata isolata tutto d’un tratto, ma quando, in certi giorni, era possibile raggiungerla i nostri atleti ci andavano per distribuire i pacchi alimentari. Ad oggi la maggior parte delle nostre attività umanitarie si svolge a Rafah, perché a questo punto anche Khan Younis è impossibile da raggiungere.

Distribuzioni di pane a Rafah – Credit: Gaza Sunbirds

La scarsità dei beni di prima necessità

Non solo con l’avanzata israeliana sempre più aree della Striscia sono tagliate fuori dal mondo e dal raggio d’azione delle iniziative umanitarie, ma anche il reperimento di beni da distribuire è diventato sempre più complesso nel corso del tempo, spiega Ali:

Abbiamo iniziato a lavorare quando neanche una briciola di aiuti umanitari stava entrando nella Striscia, in quella fase l’ONU e le ONG che già operavano nella Striscia hanno iniziato a distribuire tutto ciò che avevano nei magazzini. In questa fase nel mercato a Gaza c’erano delle riserve, ma nessuno voleva vendere, perché ognuno cercava di preservare lo stock di beni essenziali per garantire la sopravvivenza dei propri cari. Così i prezzi sono saliti all’impazzata per via della scarsità dell’offerta. In questa situazione abbiamo iniziato a sostenere dei progetti locali, per esempio una forneria, che però è stata bombardata, così come sono stati distrutti supermercati e magazzini. A questo punto non era più possibile comprare lì i beni da distribuire, così siamo andati direttamente nelle fattorie. Bombardare intere fattorie è più difficile, alcune erano ancora operative e così abbiamo iniziato a comprare cibo, soprattutto verdure, direttamente dagli agricoltori. Ma poi è iniziata l’invasione via terra. I contadini non potevano più andare nei campi a raccogliere gli ortaggi perché rischiavano di venire uccisi dai soldati; quindi anche i prezzi delle verdure sono triplicati nel giro di qualche giorno.

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Nonostante l’orrore, i Gaza Sunbirds rispondono con gesti di umanità a un massacro che non accenna a placarsi neppure di fronte alle pressioni esercitate dalle Nazioni Unite, il processo presso la Corte Internazionale di Giustizia, all’Aja, dopo la denuncia di genocidio da parte del Sudafrica, le numerose manifestazioni di piazza in cui l’opinione pubblica internazionale ha chiesto a gran voce un cessate il fuoco e persino il costante rischio di un allargamento regionale del conflitto. Se è vero che a Gaza da quasi tre mesi e mezzo a questa parte la morte sembra essere padrona, i Gaza Sunbirds ci dimostrano che anche in mezzo a tanta distruzione a resistere è sempre la vita.

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Francesca Campanini

Classe 1999. Bresciana di nascita e padovana d'adozione. Tra la passione per la filosofia da un lato e quella per la politica internazionale dall'altro, ci infilo in mezzo, quando si può, l'aspirazione a viaggiare e a non stare ferma mai.

1 Comment

  1. Grazie Francesca, per l’articolo sulla squadra dei SUNBIRDS. Ricordo solo che tutto il progetto sin dal suo inizio, e’ gestito e sostenuto dalla ONG italiana ACS – Associazione Cooperazione e Solidarieta’, che lavora a Gaza, in cooperazione con il Gruppo “Gaza Sunbirds” che da Londra coordina il progetto.
    Grazie

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