Dal 7 ottobre, data in cui l’organizzazione palestinese Hamas al governo della Striscia di Gaza ha lanciato l’operazione “Alluvione al-Aqsa” contro Israele, le morti, soprattutto di civili, non hanno fatto che aumentare esponenzialmente. Il numero delle vittime in questo martoriato angolo di mondo, tuttavia, ancor prima di quel fatidico sabato, segnalava una drammatica crescita delle violenze e una preoccupante escalation: il 2022 si era concluso come l’anno con più morti palestinesi per mano israeliana dalla Seconda Intifada. Dall’ottobre 2023 ad oggi, ai 1.139 israeliani e internazionali uccisi dal gruppo palestinese nei kibbutz al confine con la Striscia sono seguiti oltre 20.915 palestinesi ammazzati da bombe e carri armati israeliani a Gaza e almeno 311 dai proiettili delle Israeli Defense Forces e dei coloni in West Bank.
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1,9 milioni di sfollati nella Striscia di Gaza
Ad oggi la Striscia è teatro di scontri strada per strada tra i soldati israeliani e i miliziani di Hamas e l’esercito di Benjamin Netanyahu fatica a reclamare il controllo totale dei territori penetrati. La maggior parte della popolazione ha lasciato le proprie case al nord e si è rifugiata nel sud, in particolare a Rafah. Secondo Human Rights Watch a metà dicembre l’85% dei residenti nella Striscia erano sfollati, pari a 1,9 milioni di persone, e la metà di questi erano scappati nella cittadina a ridosso del confine egiziano, che prima dell’inizio della campagna militare israeliana via aria e terra contava appena 280mila abitanti. Le testimonianze sul campo denunciano condizioni di vita insostenibili anche in quell’area dell’enclave in cui centinaia di migliaia di civili sono stati costretti a scappare. Sovraffollamento in tende improvvisate sulla spiaggia, assenza di servizi basilari come quelli igienici, scarsità estrema di cibo e acqua ed elevato rischio di diffusione di epidemie, oltre all’alta probabilità di rimanere vittime degli interminabili bombardamenti israeliani sono le condizioni in cui la popolazione della Striscia vive da quasi tre mesi.
A Gaza gli aiuti umanitari sono carenti
Gli aiuti umanitari internazionali appaiono irrisori di fronte alle necessità di questa popolazione allo stremo. La Striscia di Gaza è infatti blindata, gli aiuti umanitari che riescono a entrare sono tutt’altro che sufficienti e le difficoltà logistiche nella loro distribuzione sotto gli incessanti bombardamenti quasi insormontabili. I primi camion contenenti cibo e medicinali sono entrati nell’enclave il 21 ottobre, dopo le prime due settimane in cui il governo israeliano aveva tagliato qualsiasi fornitura di cibo, acqua e carburante portando allo stremo le strutture civili e sanitarie. Per i rifornimenti di carburante, indispensabili al funzionamento degli ospedali, invece si è dovuto aspettare fino al 20 novembre. Nel frattempo, le infrastrutture sanitarie venivano bombardate dall’aviazione israeliana in quanto considerate “basi operative” delle Brigate al-Qassam, seppur non …