Una perla nell’ostrica, un papavero nel campo di grano, l’eccezione alla regola: ecco cos’è il Québec all’interno del Canada. È la più grande regione francofona del continente americano e per anni ha cercato di spezzare le catene che lo legano alla cultura e alla lingua britannica imposta nei secoli. Il disagio per anni di assoggettamento culturale si è fatto nel tempo sempre più arguto e ha trovato il suo naturale desiderio d’indipendenza e di rivolta non solo nella politica, ma anche nelle poesie di Gaston Miron.
Gaston Miron, poeta simbolo dell’orgoglio quebecchese
A vederlo sembra un mite impiegato di un qualsiasi noiosissimo ufficio, coi capelli scuri ben schiacciati sul capo, la riga da un lato e il volto sempre glabro. Chi lo direbbe che, invece, dietro un paio di occhialoni dalla spessa montatura, sorretti da un nasone squadrato, si nasconde il poète engagé per eccellenza della letteratura quebecchese? Colui che coraggiosamente ha attuato la tanto attesa rivolta culturale e sociale, che ha denunciato l’alienazione delirante che sovrastava il suo popolo, che è sceso in piazza per rivendicare la sua identità e quella collettiva.
È solo un bambino Gaston quando apprende della sua condizione di canadese-francese, quando si sente urlare alle spalle «Maledetto canadese-francese, torna a casa tua!»: un fantasma, quello dello sentirsi straniero in casa propria, che lo perseguiterà sempre, e farà suonare in lui la campana del nazionalismo. Sin da ragazzo inizia a frequentare diversi movimenti giovanili, dei quali diventa instancabile animatore grazie alla sua spiccata personalità e voce-megafono delle proteste.
L’attività poetica di Gaston Miron
Parallelamente inizia a scrivere poesie, e all’università conosce Olivier Marchand, con il quale nasce un’amicizia fraterna, cementata dalla fondazione dell’Hexagone, casa editrice che si pone l’obiettivo di promuovere e aiutare i giovani poeti quebecchesi e far emergere la passione per le proprie radici in lingua francese.
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La prima pubblicazione fu Deux Sangs, raccolta poetica dei giovani Marchand e Miron, nella quale quest’ultimo racconta tutta la sua insofferenza, non solo per la situazione sociopolitica, ma anche per le proprie tragiche esperienze di vita. L’infanzia segnata dalla prematura morte del padre e l’adolescenza col trasferimento dal piccolo paese natale alla gigantesca Montréal, dove si trova alienato e fa l’apprendistato dell’umiliazione e della povertà attraverso piccoli lavoretti. Questo disagio interiore fluisce nelle sue vene ed emerge dal corpo, con il quale ha un rapporto brutale: si vede infatti decadente e agonizzante, in attesa della morte.
La carriera politica
Contemporaneamente Miron intraprende la carriera politica in diversi partiti e movimenti di sinistra. Gli anni ’60 in Québec sono segnati dal fermento che porta alla Rivoluzione tranquilla in seguito alla morte dello storico governatore locale Maurice Duplessis. L’era Duplessis, 18 anni, era stata un periodo di governo autocratico caratterizzato dall’alleanza con la Chiesa cattolica, da sentimenti spiccatamente anticomunisti e da politiche di stampo fortemente conservatore.
Chiusa questa pagina, la società civile e i movimenti fioriscono. In questo contesto nasce il Fronte di Liberazione del Québec, gruppo terroristico di estrema sinistra, paragonabile per azioni e organizzazione alle nostre Brigate Rosse, che porta avanti le proprie rivendicazioni indipendentiste a forza di azioni terroristiche, che culminano con il rapimento di due funzionari pubblici: il 5 ottobre 1970 il diplomatico inglese James Cross e il 10 ottobre Pierre Laporte, vicepremier e ministro del lavoro del Québec, che verrà ritrovato morto sette giorni dopo nel bagagliaio di un’auto.
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La risposta del governo canadese, guidato da Pierre Trudeau (padre dell’attuale premier Justin), è durissima e si concretizza in misure di guerra, che portano all’arresto di centinaia di inermi attivisti e politici di sinistra, tra i quali Miron, portato via di notte dalla polizia sotto gli occhi della madre e della neonata figlia Emanuelle, per poi essere rilasciato tredici giorni dopo.
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Miron poeta nazionale
Nello stesso anno Miron pubblica il suo capolavoro, L’homme rapaillé, nel quale fonde temi sociali alla miseria dell’animo e all’amore. Poesie che diventano veri e propri manifesti, come La Marche à l’amour, e gli valgono il riconoscimento del suo paese come poeta nazionale e prestigiosi premi di poesia anche all’estero. Gli vengono dedicate conferenze universitarie, documentari, retrospettive, e le masse lo acclamano come profeta detentore del loro grido d’insofferenza.
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Gaston Miron si spegne a soli 68 anni nel 1996 a causa di un cancro, non senza aver lottato per il sì al referendum sull’indipendenza dell’anno prima, perso per un esiguo 0,8%. Storia tutt’altro che chiusa quella del Québec, che può ritrovare identità e radici nelle poesie del suo poeta rivoluzionario che ha sempre preferito imbracciare la penna piuttosto che le armi, e sparare laconici versi, quelli sì, più potenti dei proiettili.
andrò verso la mia morte popolata di rumori e di detriti
ritroverò la mia nuda proprietà
Nicolò Corbinzolu
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