Quella di Frine è la storia di una Cenerentola ante litteram, che esule dalla Beozia arriva nella Atene del IV secolo a.C. e, facendosi strada tra le vie, ma soprattutto tra i letti della Polis, anela alla conquista di qualcosa di ben più importante che un principe azzurro: la propria indipendenza.
Se si dovesse definirla in termini moderni Frine sarebbe una escort, per giunta di gran lusso: delle sue origini si sa ben poco, segno che molto probabilmente non erano troppo dignitose, e se per Aspasia, l’etera che giaceva con Pericle e che gli diede anche un figlio, si poteva ipotizzare un’origine se non nobile, quantomeno benestante, di lei non si sa nulla, se non che di vero nome probabilmente faceva Glicera.
Eppure, questa giovane Beota (e si sa in quale bassa considerazione fossero tenuti i Beoti dagli abitanti della grandissima e snobbissima Atene) doveva sapere il fatto suo: bella sicuramente non era, dal momento che Frine significa “rospetto”, ma doveva essere una di quelle donne che sapeva tenersi stretti gli uomini, quantomeno finché ne aveva bisogno.
Per giacere con lei bisognava prenotarsi: pittori, filosofi e artisti facevano la coda per beneficiare delle sue grazie, per le quali Frine si faceva pagare profumatamente. E per di più, faceva distinzioni di prezzo tra cliente e cliente: le fonti narrano che Demostene, l’oratore, era costretto a sborsare fior di soldi per le performance di Frine, mentre altri ben più spiantati di lui riuscivano giacere con lei quasi gratis. E come mai? Frine parrebbe aver stabilito il suo prezzario in base all’avvenenza dell’uomo, evidentemente scarsa nel caso del vecchio e barboso Demostene.
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Frine doveva essere davvero affascinante, al punto che Prassitele, il famoso scultore, la scelse come modella e musa per le sue Veneri. E non risparmiò dalla sua scaltrezza nemmeno Prassitele, che pure pare sia stato uno dei suoi amanti preferiti: dal momento che voleva in regalo la più bella statua dell’artista ma lui tentennava, indeciso, Frine lo ingannò dicendogli che il suo studio stava bruciando. Al che Prassietele si precipitò nell’atelier, dove si fiondò a sentimento su una statua, l’unica che riteneva degna di essere salvata a qualsiasi costo. Che cosa fece la nostra Frine? Si tenne la statua.
Sono tantissimi gli aneddoti legati alla figura di Frine, forse il più famoso e significativo è quello che vede la nostra citata in tribunale per immoralità: è Iperide, uno degli oratori più in voga a scriverle l’apologia, ma Frine, da buona self made girl qual è, decide di difendersi da sola e durante l’arringa si lascia cadere per sbaglio (o forse no) un lembo della veste, scoprendo un seno. La giuria, tutta al maschile, vota all’unanimità per l’assoluzione e chissà mai che quella sera qualche membro dell’Aeropago avrà bussato alla porta di Frine per godere delle sue grazie.