Il colore è la densa sostanza dello spirito. In ogni sua sfumatura si cela la forza di un’emozione, la crudeltà di un ricordo, la dolcezza di lontani sentimenti. Si muove sulla tela plasmando le forme dell’anima. Ed è con le calde tonalità messicane che Frida Kahlo, pittrice di Coyoacán, ha dato vita ad una delle produzioni artistiche più intense e profonde della storia dell’arte.
Nata il 6 luglio 1907, affermava di essere nata nel 1910, sentendosi figlia della rivoluzione messicana. Fedele alle tradizioni e alla cultura del suo Paese, è stata un simbolo della dignità messicana portando con orgoglio i colori della sua terra, i suoi profumi e il suo sapore piccante. Parlando della sua vita, Frida disse che vi erano stati «due incidenti», che la segnarono per sempre: un incidente d’autobus e Diego Rivera. Quando era solo una giovane di diciotto anni su un bus, mentre tornava da scuola, Hegel e Schopenhauer nella borsa, rimase travolta in un scontro frontale con un tram. Le fratture e i danni provocatole saranno la causa di dolori e problemi fisici che non le daranno mai pace. L’eco di queste sofferenze riecheggerà nei suoi dipinti, dove il corpo si spezza come una colonna greca, si smembra in memorie soffocanti, si presenta come il simbolo della debolezza umana. Si può dire che fu proprio questo primo incidente a portarla al secondo. Sottoposta a numerose operazioni che metteranno la sua famiglia in serie difficoltà economiche, decise di portare alcuni dei suoi dipinti al famoso artista Diego Rivera, per avere una critica e riuscire a venderli. Rivera rimase profondamente colpito dall’intensità dei suoi quadri, e capì che quel talento andava coltivato e incentivato. Divenne il suo mecenate, il suo migliore amico e suo marito. Le continue infedeltà di lui, che culminarono in una relazione con Christina Kahlo, sorella di Frida, saranno fonte di un tormento ben più straziante di quello fisico. Ma la vita di Frida si può conoscere solo attraverso le sue opere.
Erroneamente associata al movimento surrealista, Frida non appartiene a nessuna corrente artistica; la sua arte appartiene a se stessa. «Pensavano che anche io fossi una surrealista, ma non lo sono mai stata. Ho sempre dipinto la mia realtà, non i miei sogni». La realtà della sua anima esplode in un turbinio di colori e di personaggi che senza paura gridano al mondo la loro pena. Il suo corpo subisce continue metamorfosi: si trasforma in un cervo, agile e delicato, bramoso di libertà, desideroso di correre e di sentire il profumo della terra che si innalza in una nube polverosa.
Le sue ossa sono come rovine antiche, un tempo maestose e forti, corrose dallo scorrere del tempo e dall’impietosa crudeltà della vita. La vita e la morte si sfidano in una lotta incessante, sia sulla tela che nella sua anima. In molti hanno avuto la pretesa di conoscere, o peggio, di aver davvero capito i dipinti della Kahlo. Ma come si può comprendere la sofferenza di una donna, come carpire i suoi più intimi segreti, senza averli provati sulla propria pelle? Nessuno, nemmeno le persone a lei più vicine, hanno mai davvero compreso quale immenso patrimonio di sentimenti e di forti emozioni fosse celato in quelle immagini cosi strazianti e così crude. Personalmente, ritengo che la sua opera vada semplicemente sentita. Frida Kahlo non voleva essere capita, voleva che il suo spirito trovasse una via d’uscita da quella vita che troppo spesso si rivelò ingiusta, voleva che il suo amore trovasse sfogo nella violenza di un colore acceso. Questo è Frida, questo sono i suoi capolavori. Sono la verità dell’esistenza umana, contorta, violenta, e meravigliosa. Questa era la sua unica pretesa: essere vera. Fino alla fine, questa donna è stata fedele a se stessa e al suo talento, e questa forza è forse il suo talento più grande. L’arte di questa donna è vita. L’arte di Frida Kahlo è pura poesia.