La Corte Costituzionale, con una sentenza storica sul fine vita, il 25 settembre 2019 ha sancito che non è punibile «chi agevola l’esecuzione del proposito di suicidio, autonomamente e liberamente formatosi, di un paziente tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetto da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche e psicologiche che egli reputa intollerabili ma pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli». Sebbene si tratti di un importante passo avanti, è evidente la limitatezza dell’efficacia al caso specifico. Di fatto sono stati normati tutti i casi che saranno simili a quello che interessò Dj Fabo nel 2017.
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La decisione infatti legittima l’atto di disobbedienza civile di Marco Cappato, segretario dell’Associazione Luca Coscioni, che nel 2017 accompagnò Fabiano Antoniani (Dj Fabo) in Svizzera per aiutarlo a morire. Cappato poi si autodenunciò ai carabinieri e il caso diventò di rilevanza nazionale. Prima di ieri in Italia regnava un’ambiguità inaccettabile sulla tematica del suicidio medicalmente assistito e più in generale del fine vita. Il rischio assunto da Cappato infatti avrebbe potuto costargli dai 5 ai 12 anni di carcere per aiuto o istigazione al suicidio.
La notizia però non si riduce a questo necessario atto di civiltà. Il 25 settembre 2019 è stata infatti sancita l’inadeguatezza della peggiore classe politica degli ultimi anni. La Corte Costituzionale aveva infatti invitato il Parlamento a legiferare sul fine vita nel dicembre scorso, proprio per evitare di assumersi una responsabilità che in realtà spetterebbe al legislatore. Il governo giallo-verde infatti, un po’ per ignoranza e un po’ per ansia elettorale, ha evitato di affrontare il tema aspettando che qualcun altro lo affrontasse per lui.
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Nel governo attuale invece, dopo questa figuraccia istituzionale, sembra esserci stato qualche singulto di dignità. Il Partito Democratico (nella figura di Andrea Marcucci) e il Movimento 5 Stelle (con Francesca Businarolo) si sono espressi a favore di una velocizzazione nel processo legislativo sul fine vita. È necessaria infatti una norma più ampia che contempli casi meno specifici e consenta un’agevole applicazione della norma. Anche per i medici, tra cui numerosi obiettori di coscienza, c’è bisogno di fissare dei paletti per consentire loro di svolgere serenamente il proprio lavoro.
Sono anni che si fanno piccoli passi verso la risoluzione di queste ambiguità normative. Ieri però sul fine vita c’è stata una bella scossa e c’è la speranza che quest’ultima acceleri l’assunzione di responsabilità da parte del Parlamento. Con il tempo poi sarebbe anche il caso di esprimersi sull’eutanasia attiva, ancora inquadrata nel nostro codice penale come omicidio volontario o “omicidio del consenziente”. Questo è però un altro discorso.
Francesco Fantucchio
Immagine in copertina: Tiscali Notizie
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