La tragica storia del Dottor Faust di Christopher Marlowe (1590) ha riportato in auge una leggenda che ha influenzato molti prodotti successivi: la dannazione umana attraverso il patto col diavolo.
Sono innumerevoli i rimandi alla vicenda del dottore tedesco: sia i puri rifacimenti letterari (come il Faust di Goethe), che le semplici ma importanti citazioni. Se tutti noi ricordiamo il patto stretto con il Diavolo da Raspuntin (Anastasia, 1997), meno immediato invece è il collegamento di Faust con due “famosi” fantasmi: nel mondo cinematografico il Phantom of the Paradise (de Palma, 1974), mentre nel mondo del teatro e dei musical il Phantom of the Opera (Leroux, 1911).
Doctor Faust
Iniziamo dall’archetipo di questa storia. Marlowe scrive la sua opera teatrale riprendendo l’idea dalla figura semileggendaria del mago e negromante Georgus Faustus: da qui nasce l’idea dell’uomo rinascimentale, ribelle ai dettami della Chiesa (soprattutto dopo il Concilio di Trento) e a Dio stesso, devoto principalmente alla conoscenza, ma anche ossessionato dal potere e dal denaro. Non trovando soddisfazione nell’eccellere in tutte le più importanti materie studiate all’epoca, decide di darsi in tutto e per tutto alla magia, l’unica strada non ancora percorsa per arrivare alla vera conoscenza del mondo. Ragion per cui invoca uno spirito dannato, che si rivela essere Mefistofele, richiedendo da lui obbedienza in cambio della sua anima. Mefistofele, in accordo con Lucifero, comprende la natura fragile e l’anima debole dell’uomo e accetta: un vero patto borghese, con condizioni da entrambe le parti, per ventiquattro anni di pieni poteri demoniaci e Mefistofele al suo servizio. Firma col sangue e il gioco sembra essere fatto.
Purtroppo per Faust, nulla va come previsto. Tutti i piani di dominio, denaro e potere vengono accantonati, lasciando spazio alla sua paranoia di cosa potrebbe accadergli una volta terminati i ventiquattro anni: oscillando tra la richiesta di perdono e l’incredulità del Paradiso incarnati nelle figure dell’Angelo Buono e dell’Angelo Cattivo, porta a termine solo qualche beffa a discapito della Chiesa (come la liberazione di Giordano Bruno da Roma). Tenta anche di usare i poteri di Mefistofele per accaparrarsi l’amore di Elena di Troia, ma purtroppo per lui (incapace di amare) ella è solo un’illusione data da un altro demone. La magia, quindi, non ha saputo dargli molto di più di ciò che le semplici materie rinascimentali gli avevano già insegnato.
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A fine opera (attenzione agli spoiler!) il patto arriva a compimento. Allo scattare della mezzanotte, i ventiquattro anni terminano dove erano iniziati, nello studio di Faust, e Lucifero lo trascina all’Inferno cosicché Mefistofele lo torturi in eterno. Tra le urla e uno studio imbrattato di sangue, i suoi assistenti dichiarano conclusa la vita di Faust. Morale? Non datela (l’anima) al primo demone che passa.
«The Phantom of the Opera»
Scritto da Gaston Leroux nel 1911, arriva al cinema nel 1925 e nel 2004 e nei teatri sottoforma di musical nel 1986, dal genio di Andrew Lloyd Webber. Il tema del Faust, sia nell’opera letteraria che nell’opera teatrale, si può osservare da diversi punti di vista e con molteplici sfaccettature.
Già nel personaggio di Erik (il nostro fantasma), possiamo vedere due figure essenziali: sia Faust, dato che si tratta di una sorta di illusionista e mago in cerca di attenzioni amorose attraverso mezzi decisamente amorali, e Mefistofele, nella relazione morbosa con Christine.
Qui, però, non sarà propriamente Erik a stipulare il patto con il diavolo, ma la donna di cui è innamorato. Christine, infatti, “novella Faust”, accetta con Erik un accordo: lui le insegnerà a cantare come nessun’altra al mondo, ma lei dovrà concedergli il suo amore. Importante anche il fatto che a Christine, dopo aver accettato il patto, venga dato il ruolo di Margherita nel Faust di Gounod: i critici in sala, ammirati dalla sua performance, le affibbieranno il nome del suo stesso personaggio, rendendola in tutto e per tutto succube di Erik/Faust.
Erik diventa diavolo o angelo a seconda del suo interlocutore: con Christine, soprattutto all’inizio, è dolce, l’ammalia, l’aiuta ad avere un giusto spazio nell’Opera di Parigi; con gli altri invece diventa vendicativo, spaventoso, un vero e proprio demone.
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Obbliga i due nuovi direttori (una sorta di sostituzione dei due assistenti laureati di Faust) a continuare a pagarlo e a riservare per lui il palco n.5; impone loro che sia Christine di interpretare Margherita (e quando questi, invece, scelgono Carlotta, la donna produrrà un suono di rospo dalla bocca, invece che un meraviglioso canto); fa crollare il famoso lampadario della sala sulla donna che aveva da poco sostituito Madame Giry (che potremmo definire come il suo intermediario); tenta di uccidere Raoul (innamorato di Christine e ricambiato) e rapisce la stessa Christine. Insomma, quello che non può ottenere, cerca di prenderselo con la forza o con la magia.
Un Faust che desidera molto di più del poco che ha, anche a costo di andare “oltre” (per il dottore praticando la magia, per Erik praticando l’omicidio), un Mefistofele che ammalia la sua vittima per il proprio tornaconto personale.
Un “Angelo della musica” mandato dal cielo (come lo definisce Christine) che, come nelle migliori rivisitazioni della leggenda di Lucifero, viene isolato dal mondo e cade fino alle profondità della terra, nel lago che si propaga nei sotterranei dell’Opera di Parigi, per ingannare, tentare e dannare a favore dei propri interessi.
«The Phantom of the Paradise»
Seguendo la linea che ci ha portato fino al musical di Webber, arriviamo alla rielaborazione in salsa rock della leggenda. Di Brian de Palma, uscito nel 1974, The Phantom of the Paradise, riprende sia il patto col diavolo che l’intreccio di Leroux.
Protagonisti della storia sono Swan, uno strano produttore musicale androgino che cerca nuove idee per il suo nuovo teatro (appunto il Paradise), Winslow, autore della partitura dell’opera faustiana, e Phoenix, giovane cantante. Swan ruba la partitura a Winslow e lo incarcera, ma questo riesce ad evadere, sfigurandosi però il volto e ciò lo obbligherà a portare una maschera. Swan viene a sapere della sua evasione e propone un patto a Winslow: potrà continuare a scrivere per il teatro, ma dovrà farlo in segreto. Anche qui, Winslow, probabilmente in cerca di fama e successo, firma col sangue.
Purtroppo, Winslow non dichiara le sue condizioni prima di firmare e alla sua successiva richiesta di avere Phoenix come cantante principale dell’opera viene murato vivo, poiché Swan ha già scelto il suo protagonista e non vuole che Winslow intralci i suoi piani. Sorprendentemente riesce a scappare di nuovo, arrivando in teatro dove uccide il sostituto di Phoenix con una folgore. Scopre poi che Swan (“novello Mefistofele”) ha stretto anche lui un patto col diavolo e da lui ha ottenuto la giovinezza: il patto è inciso stavolta su un nastro magnetico, che Winslow distrugge. Ma distruggere Swan distruggerà anche se stesso: morirà infatti dopo aver salvato Phoenix da un’ultima trappola di Swan.
In quest’opera i ruoli di influenza faustiana sono ben definiti: Winslow è Faust, in cerca di fama ma anche d’amore come Erik, Swan è Mefistofele, che danna ma è dannato a sua volta da una potenza più grande di lui, e Phoenix prende le veci sia di Christine che della Margherita del Faust di Goethe.
E se vogliamo trovare una morale, ricordiamoci bene della fine di ogni nostro protagonista: state lontani dai patti di sangue che non vanno mai a finire bene.
Greta Mezzalira
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