Sin dalla prima introduzione del Green Pass, le voci e i cori di protesta si sono susseguiti uno dietro l’altro, senza placarsi. Ma queste voci non coprono la maggioranza della popolazione italiana, bensì una minoranza, che raccoglie coloro che per scelta non aderiscono alla campagna vaccinale. La politicizzazione del tema e le affermazioni ondivaghe dei vari esponenti politici e istituzionali non fanno altro che inasprire lo scontro. Scontro sfociato in una manifestazione “No Green Pass” sicuramente senza precedenti.
I «nuovi discriminati» senza Green Pass
Quello che rivendicano le persone che non vogliono vaccinarsi è la libertà di scelta. Si riempiono di futili etichette presentandosi come No vax, Free vax, No Green Pass, come se ci fossero delle linee di demarcazione ben precise. Alcuni affermano di non essere “contrari al vaccino”, ma solamente “contrari alle discriminazioni”.
Improvvisamente illuminati, si preoccupano perché si predispone una nuova forma di discriminazione: quella contro i non vaccinati. Chissà se la stessa attenzione la rivolgono alle lotte sociali che da anni attraversano il Paese. Chissà se la discriminazione di genere, etnica o culturale li tocca nello stesso modo.
Con l’ultima firma del primo ministro Mario Draghi, lo scorso 16 settembre, dalla metà di ottobre l’obbligo di Green Pass si è esteso a tutti i dipendenti pubblici e privati. Il decreto-legge segue lo stesso obiettivo dei precedenti: cercare di dare un’ultima grande spinta alle prenotazioni per il vaccino, in modo da aumentare la copertura sanitaria e arrivare vicini al 90%. Con un numero che si aggira intorno a questa percentuale, Paesi come la Norvegia e il Portogallo sembrano davvero essere tornati a una normalità lontana nel tempo.
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Riaprire alla cultura e alla socialità significa anche riaprire al lavoro e allo sviluppo. Le soluzioni trovate dai molti No Green Pass o “Ni” Green Pass sono la lotta al certificato e, nell’attesa, quella di far cadere i costi dei tamponi, necessari per accedere al lavoro non essendo vaccinati, sulla collettività, azzerando il costo per i non vaccinati.
La manifestazione squadrista
Sabato 9 ottobre, a Roma, ha avuto luogo una manifestazione No Green Pass, proprio contro questa misura. Manifestazione che è degenerata, trasformandosi in un assalto alla sede del sindacato della CGIL.
Il sindacato più antico dei lavoratori è stato preso di mira perché accusato di non aver difeso e tutelato i diritti di questi ultimi. Dal corteo, un gruppo di persone si è staccato, si è diretto verso la sede di Corso d’Italia e ha sfondato le porte dell’edificio. Tra questi emergono vari militanti di Forza Nuova, partito di estrema destra. La polizia è stata colta impreparata, e gli agenti feriti sono stati trentotto. Le persone identificate sono seicento e gli arrestati dodici.
Dei dodici, spiccano i nomi di Roberto Fiore, fondatore di Forza Nuova, con un passato in formazioni neofasciste durante gli anni di piombo e di Giuliano Castellino, capo romano dell’organizzazione. A loro si aggiunge la trentanovenne Pamela Testa, attivista di Forza Nuova e leader di Liberi Cittadini, movimento No Green Pass.
Reazioni politiche alla manifestazione No Green pass e mosse elettorali
Le ore successive all’accaduto hanno avuto come protagoniste le dichiarazioni degli esponenti dei diversi partiti italiani. Quella che ha lasciato più discutere è stata Giorgia Meloni, che ha condannato la violenza «non riconoscendo la matrice» della manifestazione no green pass. La matrice risulta chiara una volta identificati i membri di FN. Il partito è dichiaratamente neofascista, i metodi che utilizza richiamano i metodi fascisti dello squadrismo e dell’attacco alle Camere del Lavoro. Non si tratta di ipotesi o deduzioni, bensì pura evidenza dei fatti.
L’ambiguità nell’esporsi viene sempre più utilizzata. È una modalità che, specialmente ai partiti di centrodestra, permette di catturare tutta quella frangia della popolazione che è negazionista, che è contraria alle norme anti-Covid o magari vicina alle posizioni di Forza Nuova (così come di gruppi organizzati come Casapound o come la formazione di ispirazione neonazista Lealtà Azione), e che quando si troverà a dover votare per un partito che superi almeno l’1%, saprà da che parte schierarsi.
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Inoltre è un periodo in cui ci sono ancora in gioco i candidati al ballottaggio delle amministrative. La destra si è trovata in difficoltà al primo turno nelle grandi città, perché ormai è una destra scomposta. Non c’è unità, ma evidente rivalità tra Matteo Salvini e Giorgia Meloni.
Fratelli d’Italia ha superato la Lega e la lotta per il primo posto sembra essere l’unica certezza ancora rimasta. Una lotta che guarda solo a sé stessa e al surplus di voti che può ottenere con questa o quella mossa. Una lotta all’ultimo voto che schiaccia l’intero centrodestra su posizioni che non fanno stare a proprio agio la componente moderata che fa riferimento alla famiglia europea dei Popolari.
La sinistra è stata dura contro l’opposizione, al seguito di quanto detto dalla leader di Fratelli d’Italia. Il vicesegretario del Partito Democratico, Peppe Provenzano, afferma «Ieri Meloni aveva un’occasione: tagliare i ponti con il mondo vicino al neofascismo, anche in Fdi. Ma non l’ha fatto». E quindi per ribaltare la situazione, alzare il muro della difensiva, per la destra questa diventa una richiesta di scioglimento di Lega e Fratelli d’Italia. Di più, tutto è stato organizzato in modo da giungere fino a qui, e per mettere fuorigioco i due partiti nelle successive tornate elettorali.
Fascisti in termini di legge?
Difficile da pensare e ancora di più da attuare. L’unico scioglimento effettivamente proposto, che torna sul tavolo del dibattito politico, è quello di Forza Nuova. Mentre agli arrestati vengono confermate le misure cautelari dal Gip, si configura l‘idea di applicare per il partito neofascista la Legge Scelba. Divenuta legge il 20 giugno 1952, essa introduce il reato di apologia del fascismo. Tale norma è conseguente a quanto specificato già nel dettato costituzionale, nella XII disposizione transitoria e finale che, all’art. 1, fa riferimento a
Un’associazione, un movimento o comunque un gruppo di persone non inferiore a cinque persegue finalità antidemocratiche proprie del partito fascista, esaltando, minacciando o usando la violenza quale metodo di lotta politica o propugnando la soppressione delle libertà garantite dalla Costituzione o denigrando la democrazia, le sue istituzioni e i valori della Resistenza, o svolgendo propaganda razzista, ovvero rivolge la sua attività alla esaltazione di esponenti, principi, fatti e metodi propri del predetto partito (Partito Nazionale Fascista ndr).
Legge Scelba, 20 giugno 1952
La difficoltà sta nel capire se Forza Nuova rientra tra ciò che può essere considerato come “riorganizzazione del Partito Fascista”. In alcuni casi gli imputati, in genere i militanti di tali formazioni, non faticano a definirsi “orgogliosamente fascisti” ed è oramai chiaro che l’attacco alla CGIL fosse stato deciso ed anticipato già nel corso della manifestazione, quando si chiedeva di portare il segretario generale del sindacato, Landini, dai manifestanti prima che andassero a prenderlo loro. In altri casi, la maschera da fascista viene subito sostituita da quella da persona “che manifestava per il bene dei propri figli” o che cercava di “evitare che venisse invasa e distrutta” la sede della CGIL, come riportato da Pamela Testa. Quando le cose si fanno più serie, la nostalgia dei tempi passati si mette presto da parte.
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Mai sullo stesso piano, mai più fascismi
Anche questa occasione quindi è stata sfruttata nel modo più comune da questi partiti. In risposta alla manifestazione No Green Pass, il PD presenta una richiesta di scioglimento di FN e Salvini replica contrariamente insieme a Meloni. Contrari perché secondo loro la richiesta deve essere “contro ogni genere di violenza”, per essere una cosa fatta bene. La contro-manifestazione antifascista a Roma del 16 ottobre loro l’hanno definita divisiva e di parte.
Vero è che si vive un clima di forte tensione, essendo il sabato che precede il voto al ballottaggio tra Michetti e Gualtieri. Insomma, una gara a chi aggiunge qualcosa in più e fa le cose un po’ meglio. Il risultato è, in sintesi, l’immobilismo.
Se, da un lato, si usa come base la Costituzione della Repubblica italiana e le leggi dello Stato, dall’altro, nessuno dei leader di centro-destra si schiera, e sembrano tutti buttarla in caciara, lanciandosi in paragoni forzati o abbandonandosi a una posizione che rasenta il qualunquismo.
I malpensanti credono che dietro questi comportamenti risiedano interessi elettorali, mentre è più facile comprendere le difficoltà di queste formazioni politiche di centro-destra, che a pochi giorni dai ballottaggi per il governo di svariate grandi città vengono investite da un’onda che li pone a confronto con un passato del quale non vanno orgogliose, ma anche con un presente che coinvolge una minoranza dei propri esponenti o militanti.
L’argomento più gettonato è quello degli opposti estremismi: ci sono i fascisti, ma anche gli antifascisti sono cattivi. Ci sono anche le argomentazioni dello “specchio riflesso”: come fate a chiederci di condannare il fascismo quando non avete mai condannato il comunismo, le foibe, gli attacchi islamici, ecc…? Come se fosse un dialogo tra tifoserie e non si parlasse di squadrismo e di violenza ingiustificabile.
C’è però qualcuno che dando una grande lezione ai suoi stessi compagni di partito si è chiaramente schierato contro gli attacchi e contro questa riemersione fascista, portando la solidarietà al sindacato colpito, ma anche, in pochi casi sporadici, partecipando alla manifestazione organizzata in risposta dai sindacati confederali ponendo al centro democrazia, diritti e lavoro, oltre ad un grido: Mai più fascismi!
Roma, 16 ottobre: una reazione importante
La risposta alla manifestazione No Green Pass, vile attacco, è stata forte, di piazza, come non se ne vedevano da un po’.
Al presidio della mattina successiva all’attacco squadrista, il segretario confederale della CGIL, in accordo coi suoi omologhi di CISL e UIL, ha lanciato un appuntamento per tutti coloro che si riconoscono nei valori della democrazia, della costituzione e contro ogni forma di fascismo.
La piazza il 16 ottobre era piena, era colorata, era una di quelle piazze che rimangono nei ricordi di tutti i presenti.
C’erano i sindacati, c’erano tante persone che in piazza portavano la loro voglia di libertà e di uguaglianza, c’era una grande voglia di cancellare quelle immagini di violenza sostituendola con i diritti di tutte e di tutti. C’erano tutti i leader di partito, tranne quelli di centro-destra e, a dire il vero, è stato un peccato. Sarebbe servita anche la loro partecipazione, perché nel dialogo democratico ci sono dei temi che non possono essere divisivi, come la costituzione e l’esistenza stessa della democrazia italiana, nata dalla Resistenza e dalla lotta all’oppressione.
Dal palco, Landini ha condannato l’attacco, ma ha anche trattato temi come il lavoro, la sanità, la solidarietà lanciando un monito a tutti i presenti: la lotta per la democrazia e la lotta per diritti e lavoro sono due facce della stessa medaglia.
In quella frase, l’importanza di pensare alle lotte non come mutualmente escludenti, ma come percorsi da portare aventi, insieme, per i diritti di tutte e di tutti. I diritti civili, economici e sociali, la difesa della democrazia e il rispetto dei diritti umani possono andare avanti di pari passo senza che si parli di priorità o di temi divisivi.
In piazza c’eravamo anche noi di Frammenti Rivista, un po’ come cronisti, ma soprattutto come cittadini che vedono nella libertà di pensiero e d’espressione il fondamento di ciò che scrivono, che vedono il dialogo democratico come un valore e che pensano alla democrazia e alla Costituzione come un antidoto per il veleno violento e antidemocratico che ogni tanto tenta di emergere dal passato.
Il contrario di fascismo è la democrazia, la Costituzione e la nostra Repubblica. È giusto ricordarlo per opporci ancora una volta ad ogni forma di fascismo.
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